Misterioso e Indecifrable: il Codex Seraphinianus è il “Libro più Strano al Mondo”

Come fa ad essere misterioso e indecifrabile il testo di un autore ancora in vita? Sembra incredibile ma il Codex Seraphinianus, scritto e illustrato da Luigi Serafini, è considerato il “libro più strano del mondo”, l’enciclopedia di un mondo fantastico – reale nell’immaginazione dell’autore – dove flora, fauna, oggetti e macchine si compongono e scompongono secondo la sua ispirazione.

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Un’enciclopedia dunque, ma del tutto sui generis: nelle enciclopedie classiche la sistematicità della catalogazione conduce a un ordine che vuole essere la rappresentazione imparziale del mondo reale (anche se necessariamente rispecchia la cultura da cui deriva), mentre nel Codex questa regola è ribaltata. Seppure composto secondo una classificazione ben ordinata, ciò che mostra è del tutto estraneo alle cose di questo mondo, “in bilico tra un reale riconoscibile e uno sconcertante irreale” (Peter Schwenger), a dimostrazione della vanità del sistema di classificazione enciclopedico, che lascia fuori molteplici modi di “vedere le cose”.

A corollario delle bizzarre immagini, ci sono descrizioni indecifrabili, vergate in un alfabeto inesistente ma “necessario”, dove il segno grafico è sufficiente a se stesso, libero dalla necessità del significato. Nessun codice segreto è nascosto nel libro, anche se sono nati alcuni siti web che tentano di decifrare la misteriosa grafia, alla ricerca di contenuto occulto, mentre l’intento dell’autore era quello di creare “un libro che fosse in grado di rendere tutti analfabeti, e quindi potenziali lettori,”

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Sotto, una pagina con lista:

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“In fondo il Codex” dice sempre Serafini “è come le macchie di Rorschach: ciascuno ci vede quel che vuole. È una sorta di visione oracolare, hai la sensazione che il libro ti parli ma in verità sei tu che lo fai parlare vedendoci dentro delle cose”.

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Pagina dedicata alla botanica:

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Più di mille disegni illustrano il mondo immaginario di Serafini, che oggi lo considera come una sorta di catalogo generale di tutto il suo lavoro, fatto all’inizio della sua carriera e non alla fine, come accade di solito. L’artista/architetto/designer, che nel tempo collaborerà con famosi architetti e prestigiose aziende d’arredamento, oltre a scrivere, disegnare, inventarsi scenografie e molte altre cose, realizza il Codex tra il 1976 e il 1978, dopo anni trascorsi a girovagare per il mondo – dagli USA all’Africa e all’Asia – zaino in spalla e pochi soldi in tasca. Esperienze che gli trasmettono la voglia, si potrebbe dire la necessità, di “far circolare” la sua visione surreale del mondo. Una condivisione il più possibile aperta a tutti e non limitata alle sale di musei e gallerie. Se nascesse oggi, dice Serafini, sarebbe un blog, ma all’epoca prende la forma di un libro.

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Uno strano parco:

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La prima edizione del Codex esce, in due volumi, nel 1981, pubblicati da Franco Maria Ricci, il più sofisticato e “folle” degli editori italiani che, tra l’altro, è anche l’editore di Jorge Luis Borges, narratore insuperato di racconti fantastici, dove realtà e finzione si intrecciano in maniera indecifrabile. Borges usa spesso l’immagine-metafora del labirinto, che in qualche modo si ritrova nel Codex: chi intraprende il viaggio all’interno del bizzarro mondo di Serafini non può che trovarsi perso in un labirinto dove volontariamente smarrirsi e, forse, ritrovare la dimensione fantastica del proprio io interiore, la versione infantile di se stessi, che non distingue tra sogno e realtà.

Al momento della pubblicazione, Franco Maria Ricci dà la sua personale indicazione per il giusto approccio al libro:
“Espugnato un convento, e soddisfatti i bisogni primari di cibo e saccheggio, qualche Unno o qualche barbaro ignorante di alfabeti sarà certo penetrato sino alla Biblioteca e là avrà sfogliato con meraviglia un codice miniato. Vorrei che il lettore sfogliasse il Codex Seraphinianus come quel guerriero”. Ecco allora una delle chiavi di lettura del libro: ritrovare la capacità di provare stupore e meraviglia, al di là dei nostri schemi mentali e delle sovrastrutture culturali.

Le trentamila copie stampate da Franco Maria Ricci vanno esaurite nel giro di poco tempo, malgrado il costo non proprio alla portata di tutti.

Nel corso degli anni il Codex è poi diventato un libro di culto, amato in tutti i paesi del mondo, e apprezzato da artisti e scrittori come Tim Burton, Roland Barthes, Federico Fellini, Leonardo Sciascia, Italo Calvino, che scrisse la prefazione all’edizione Rizzoli del 1993.

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Il volto di una persona:

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La stessa prefazione accompagna la ristampa del 2013, uscita arricchita da nuove tavole. Lo straordinario successo di cui gode oggi il Codex, è spiegato così dall’autore: “I giovani di oggi hanno capito che il Codex in realtà era un blog in anticipo. Un blog affidato a una rete – allora quella editoriale – prima della Rete odierna. Un blog su fogli Fabriano. Forse, nell’era della tecnologia e di internet, è per questo che lo amano tanto.” D’altronde per Serafini i blog sono “campi di libri che cantano, cioè lanciano segnali d’accoppiamento”, e per ciò stesso capaci di creare qualcosa di nuovo, mai immaginato prima.

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Pesci simili a occhi sulla destra e strane figure sulla sinistra:

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Simil Elicottero:

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Una mongolfiera umanoide:

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Molti ritengono che Serafini si sia ispirato, tra gli altri, a Hieronymus Bosch e in particolare al suo Giardino delle delizie, dove sono rappresentati  animali immaginari, strani esseri umani e inquietanti formazioni rocciose.

Il pannello centrale del Giardino delle delizie, di Hieronimus Bosch

Dal canto suo, Serafini fornisce ispirazioni molto più prosaiche, a partire dalla grande casa di campagna degli zii, nelle Marche, dove da bambino trascorre le vacanze estive. Il grande parco ricco di flora e fauna lo affascina, mentre nella villa sono raccolti ricordi di viaggi che stimolano la sua fantasia.

Non si sa se per burla o sul serio, Serafini racconta di aver ricevuto una grande ispirazione dalla sua gatta, che nel lungo periodo di produzione creativa gli si acciambellava sul collo, proprio lì dov’è l’ipofisi…

L’artista insomma tende a “sdrammatizzare” le sue ispirazioni: l’uovo spesso riprodotto nel Codex non è una figura simbolica dai risvolti storico-filosofici, quanto piuttosto un ricordo del cibo tanto usato dagli studenti fuori sede con pochi soldi. E perfino lo sguardo allucinato dei pesci-occhi si può ricondurre alla salmonella presente nel mar Adriatico…

Se c’è un accostamento che invece Serafini proprio non accetta è proprio il più frequente, quello con il manoscritto di Voynich, “poco interessante dal punto di vista artistico” e che, dice, “secondo me è un falso, una sorta di antico esempio di ‘fake news’, venduto a Rodolfo di Boemia, grande appassionato di alchimia”.

Eppure il parallelismo con il Manoscritto di Voiynich è naturale. Entrambi i libri sono stati scritti con una grafia incomprensibile, entrambi contengono immagini fantastiche ma legate al mondo reale ed entrambi sono considerati “misteriosi”. Del libro dell’illustratore italiano siamo comunque assolutamente certi che si tratti di un’opera di fantasia, senza alcuno scopo “occulto”. Del manoscritto di Voiynich ancora nessuno sa dirlo…


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