Massimo Troisi: il comico dei sentimenti, dalle origini a “Il postino”

Se Totò era ed è il “principe della risata”, Massimo Troisi era e rimane il “comico dei sentimenti”. Parlare di lui è come parlare di un simbolo, di un’icona, di un modo di interpretare la vita attraverso una lente composta da sentimenti romantici e malinconici.

Sempre garbato e placido, il “Pulcinella senza maschera” (questo il suo soprannome più famoso) ha inventato un modo di esprimere la sua arte del tutto singolare, una maniera di interagire con l’altro che ha segnato la sua epoca e a ispirato le generazioni successive: mezze parole ed espressioni lasciate a metà, tutte da interpretare che, talvolta malinconiche altre irriverenti, immancabilmente strappavano un sorriso al pubblico.

Massimo Troisi nasce a San Giorgio a Cremano, grosso comune della città metropolitana di Napoli, il 19 febbraio 1953. Ultimo dei sei figli del ferroviere Alfredo Troisi e della casalinga Elena Adinolfi, il piccolo Massimo non ha un’infanzia del tutto felice. Fin dalla nascita la sua salute è malferma: Troisi è affetto da una disfunzione cardiaca che sovente gli provoca febbri reumatiche. Massimo è costretto a stare a letto per molto tempo ad ascoltare i genitori che si interrogano su cosa fare per la sua salute ballerina.

In un’intervista, tempo dopo, l’attore dirà:

“Ricordo che rimanevo a letto, avevo 14, 15 anni e lucidamente, quasi come un adulto, sentivo di là, in cucina; si stava parlando del mio problema, di cosa fare”.

I genitori tribolano per anni per quella valvola mitrale colpita da una grave malformazione che andrà ad aggravarsi nel corso degli anni.

Un giovanissimo Troisi nei panni di Pulcinella in uno dei suoi primi spettacoli teatrali

Fotografia di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Nonostante la salute tutt’altro che di ferro, Massimo Troisi cresce e comincia ad appassionarsi al teatro. Il giovane, riservato, decide di tenere per sé il suo problema e in pochissimi sono a conoscenza del suo stato di salute. Troisi desidera costruirsi un futuro interamente dedicato al palcoscenico e al pubblico, sulle orme dei maestri Eduardo De Filippo e Antonio de Curtis. Recita e scrive anche poesie e, giovanissimo, vince un premio locale per la miglior poesia incentrata su Pier Paolo Pasolini, tra i suoi autori favoriti.

In quel tempo, Troisi frequenta l’istituto tecnico per geometri e fa le sue prime esibizioni nel teatro parrocchiale della Chiesa di Sant’Anna. Insieme a lui gli amici Lello Arena, Nico Mucci e Valeria Pezza.

Dal teatro parrocchiale, nel quale ottiene i primi successi, Troisi giunge al teatro Sancarluccio di Napoli. Anche qui la risposta di pubblico e critica sarà favorevole, ma la vera svolta arriva con la tv.

Massimo Troisi esordisce sul piccolo schermo nel 1970 con sketch improvvisati con un gruppo chiamato “I Saraceni”. Col tempo il gruppo si dimezza fino a diventare un trio composto da Troisi e gli amici di sempre Lello Arena ed Enzo Decaro. Sul finire degli anni settanta, il trio cabarettistico cambia nome diventando “La Smorfia” .

Il trio la Smorfia in una foto degli anni settanta

Fotografia di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

La mimica facciale di Massimo Troisi, il suo continuo gesticolare, il linguaggio del corpo e la sua espressività danno vita a siparietti esilaranti, senza badare al politicamente corretto. Poco importa se si prende di mira la politica, la religione o altre tematiche sociali: la battuta è costantemente in agguato. Massimo Troisi adora giocare anche coi non detti, quelle mezze frasi sibilline che sono ormai diventati suo marchio di fabbrica, non soltanto parte di un modo di recitare, ma proprio parte di sé, dell’uomo oltre la maschera. Un modo di fare comicità che il pubblico apprezza moltissimo.

In quegli anni segnati dai primi successi, Massimo Troisi non abbandona la sua passione per la scrittura e quella per la maschera di Pulcinella, per la quale però incoraggia una visione diversa, una rimodulazione. Dirà in una intervista:

“Ho cominciato a scrivere io. Già scrivevo poesie, ma solo per me, poi ho cominciato a buttare giù canovacci e tra parentesi mettevo ‘lazzi’, quando si poteva lasciare andare la fantasia. A me divertiva proprio uscire coi ‘lazzi’, improvvisare, per poi tornare al copione. Era il momento del teatro alternativo d’avanguardia e tutti volevano usare Pulcinella. Rivalutarlo. C’era Pulcinella-operaio, e cose del genere. A me questa figura pareva proprio stanca. Pensavo che bisognasse esser napoletano, ma senza maschera, mantenere la forza di Pulcinella: l’imbarazzo, la timidezza, il non saper mai da che porta entrare e le sue frasi candide”.

Troisi ama concedere interviste e nel corso della sua carriera ne farà tantissime. L’attore non utilizza l’intervista, quindi la stampa e la televisione, tanto per parlare di sé e della sua professione, di questo o di quell’altro spettacolo, ma usa i mezzi di comunicazione per sottolineare le criticità che questi stessi strumenti portano nelle case degli italiani. Troisi attacca gli organi di informazione e il sistema televisivo che a suo dire limita l’artista e ne fa perdere in spontaneità, succube di scalette e pubblicità, ma sempre con una semplicità e ingenuità quasi infantile, che non manca mai di strappare un sorriso.

L’esordio sul grande schermo come attore e regista avviene nell’81 con “Ricomincio da tre”, che diventa subito un cult per gli amanti del comico campano. Girato in sole sei settimane e con un budget piuttosto risicato per l’epoca (400 milioni di lire), il lungometraggio colpisce il pubblico, superando il record di incassi con 15 miliardi di lire ottenuti al botteghino. In una sala cinematografica di Roma, addirittura, rimane in proiezione per ben seicento giorni in più rispetto al normale, tanta la gente che non vuole perdersi la fortunata pellicola.

Un altro grande successo arriva tre anni dopo, quando nel 1984 esce nelle sale italiane “Non ci resta che piangere”, diretto e interpretato dalla coppia Massimo Troisi e Roberto Benigni. Anche per questo film record di incassi.

Troisi con Benigni sul set di “Non ci resta che piangere”

Fotografia di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Seguono altri apprezzati film come “Il viaggio di Capitan Fracassa” (1990), dove Troisi ritorna a interpretare Pulcinella, e “Pensavo fosse amore… invece era un calesse” (1991).

Galeotti furono i set cinematografici delle pellicole di Troisi. L’attore di San Giorgio a Cremano, infatti, ha il potere di fare innamorare di sé buona parte delle attrici che lo affiancano sul set, proprio per quel suo fascino fanciullesco. Sue relazioni acclarate sono quelle avute con Anna Pavignano, Jo Champa, Clarissa Burt e Nathalie Caldonazzo; probabili anche le liaison con Eleonora Giorgi e Anna Falchi.

Se da un lato l’attore può godersi la celebrità raggiunta, dall’altro deve fare i conti con le antiche ombre legate alle salute. Le condizioni di Massimo Troisi, infatti, si aggravano sempre di più, diventando drammatiche proprio mentre il mattatore è sul set di quello che diverrà il suo ultimo film: “Il postino”.

Troisi decide di realizzare il lungometraggio dopo aver letto il romanzo dello scrittore cileno Antonio Skármeta “Ardiente Pacienca”, tradotto in Italia col titolo “Il postino di Neruda”. Già dopo una prima lettura del libro, regalatogli da Nathalie Caldonazzo, l’attore rimane estasiato dall’opera e decide di acquistarne i diritti. Massimo Troisi vola a Los Angeles per discutere del film col regista britannico Michael Radford. Negli Stati Uniti l’attore si è sottoposto parecchi anni prima (era il 1993) a un delicato intervento al cuore, che però non ha portato alcun miglioramento, e anche in questa nuova visita negli States approfitta per fare un controllo a quel cuore capriccioso. Il responso è terribile: urge un intervento immediato poiché le valvole in titanio, applicategli anni prima, si sono deteriorate.

Massimo Troisi

Fotografia di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

L’intervento è difficile e i medici gli consigliano di sottoporsi a un trapianto. Troisi, però, decide di dare la priorità a quello che forse sa già essere il suo ultimo film e torna in Italia in condizioni assai precarie. In alcune scene del film, girato tra le isole di Pantelleria, Salina e Procida, l’attore campano è costretto financo a chiamare in campo la sua controfigura per le scene che lo affaticano di più. Massimo Troisi vuole finire il film a tutti i costi: “Questo film lo voglio fare con il mio cuore” sostiene.

Troisi sul set de “Il postino”

Fotografia di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Il cuore di Massimo Troisi cessa di battere poche ore dopo la fine delle riprese; l’attore e regista si spegne nel sonno, nella casa romana della sorella Annamaria, il 4 giugno 1994. Ha soli 41 anni.

Troisi, comico dall’animo sensibile, riposa nel cimitero della natia San Giorgio a Cremano, insieme ai genitori.

Dopo la sua morte, “Il postino” otterrà un enorme successo, sia in Italia sia all’estero. Sarà candidato a ben 6 Premi Oscar (tra i quali quello a Massimo Troisi per il miglior attore), ma ne vincerà soltanto uno, quello per la miglior colonna sonora al compositore Luis Bacalov.

Valeria Colle

Nata a Napoli, è una grande appassionata di Storia e Arte.