Ernest Hemingway c’era quel 6 giugno del 1944, quando gli alleati sbarcarono in Normandia nel giorno più lungo della Seconda Guerra Mondiale. Era lì come corrispondente di guerra per la rivista americana Collier, prestigioso magazine di giornalismo investigativo, in prima linea nelle battaglie di riforma sociale.
Una copertina del Collier – 1906
Fonte immagine: Library of Congress – Pubblico Dominio
Il famoso scrittore sedeva tra i soldati della Dorothea L. Dix, una delle tante navi che arrivarono in Francia in quell’indimenticabile giorno di gloria, sangue e tempesta.
6 Giugno 1944, Omaha Beach: “Nelle fauci della Morte” foto di Robert F. Sargent
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Hemingway però non immaginava che anche sua moglie (la terza) si fosse imbarcata su una nave per seguire da vicino lo sbarco. Se lo avesse saputo, la cosa lo avrebbe infastidito non poco, insofferente com’era alla frenetica attività della donna (“Sei un corrispondente di guerra, o una moglie nel mio letto?) che inseguiva la guerra “ovunque potessi raggiungerla”.
Martha Gellhorn – 1941
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Una storia di passione per il giornalismo e di rivalità tra scrittori, quella di Martha Gellhorm, donna combattiva e avventurosa, ed Ernest Hemingway, scrittore già famoso e dalla vita turbolenta.
Si erano conosciuti a Key West (Florida) nel 1936 e innamorati in Spagna, durante la guerra civile, dove tutti e due erano andati come corrispondenti. Nel 1940 ci fu il matrimonio, ma già nel 1944 la coppia era scoppiata.
Gellhorn ed Hemingway in Cina nel 1941
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La giornalista, tra la fine del ’43 e l’inizio del ’44, era in Europa per scrivere i suoi reportage da diversi dei paesi coinvolti, e non capiva come il suo avventuroso marito, rimasto nel suo buen retiro di Cuba, non ardesse dal desiderio di essere al centro degli avvenimenti (in realtà Hemingway pattugliava le coste con la sua barca per intercettare gli U-boat tedeschi).
Hemingway sulla sua barca – 1934
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Gellhorn tornò all’Avana per convincere il marito ad andare in Europa insieme con lei. Non poteva certo supporre che, dopo avergli faticosamente trovato un passaggio su un aereo militare, Hemingway la ripagasse con un’amara moneta: decise di mandare i suoi reportage al suo stesso giornale, il Collier. Ma non solo, tentò in ogni modo di ostacolare il ritorno in Europa della moglie, che invece affrontò un pericolosissimo viaggio attraverso l’Atlantico, a bordo di una nave carica di esplosivi.
Martha arrivò a Londra alla fine di maggio del 1944, in tempo per sapere che il marito aveva avuto un incidente stradale mentre tornava al suo hotel dopo una festa. In ospedale, circondato da amici rumorosi e bottiglie di whisky, Hemingway si ritrovò davanti la moglie, che si era precipitata al suo capezzale solo per informarlo della fine del loro matrimonio.
La donna era ovviamente furiosa per il palese affronto del marito, che aveva deciso di rubarle lo spazio al Collier. Perché, malgrado la giornalista fosse una professionista molto quotata, una delle prime donne a fare corrispondenze di guerra, e anche una scrittrice affermata, non poteva competere con la notorietà del marito.
Quel 6 giugno del ’44, Hemingway era dunque in prima linea, in mezzo al caos dello sbarco, tanto che ne scrisse in prima persona nel suo pezzo per il Collier:
Abbiamo preso la spiaggia di Fox Green
Martha Gellhorn intanto combatteva la sua personale battaglia per “il diritto di servire come occhi per milioni di persone in America, che hanno disperatamente bisogno di vedere, ma non possono vedere da soli”. Lei voleva esserci, sulla linea del fronte, ma non poteva:
Le corrispondenti donna dovevano restare nella retroguardia
La giornalista prese una macchina, e da Londra si precipitò verso la costa meridionale. Riuscì a salire su una nave ospedale spacciandosi per infermiera, e poi si nascose in un bagno. Arrivò sulle coste della Normandia l’8 giugno, due giorni dopo lo sbarco, l’unica donna ad aver osato tanto. Non era troppo tardi per poter dar conto di quanto era successo su quelle spiagge, e nemmeno per prodigarsi nel trasporto dei feriti.
Come aveva ben previsto la giornalista, il Collier diede grande risalto agli articoli scritti dal marito (una prima pagina pubblicata il 22 luglio e poi altre cinque, corredate da foto dello stesso Hemingway insieme ai soldati), mentre pubblicò il suo pezzo solo il 5 agosto, a pagina 16, senza nessuna fotografia, né alcun riferimento al fortunoso espediente escogitato dalla donna per trovarsi in prima linea.
Dopo il D-Day, le strade di Gellhorn ed Hemingway si divisero definitivamente: lui continuò a seguire l’avanzata degli alleati verso Parigi, mentre lei fu una tra i primi giornalisti a vedere, e poi a scrivere, dell’orrore del campo di concentramento di Dachau.
Abbiamo visto morti giacere come fagotti su tutte le strade di metà della terra, ma da nessuna parte c’era nulla del genere. Nessun’altra cosa durante la guerra era mai stata così follemente malvagia come [la fine di] questi morti nudi e senza nome, scheletriti e oltraggiati
Nel 1945 la coppia divorziò, e da allora Martha non volle mai più parlare pubblicamente del grande scrittore Ernest Hemingway, non voleva godere di una notorietà di riflesso: “Sono stata una scrittrice per oltre 40 anni, ero uno scrittrice prima di incontrarlo e sono stata una scrittrice dopo che l’ho lasciato, perché dovrei essere semplicemente una nota a piè di pagina nella sua vita?”.
Fu tutt’altro Martha Gellhorn: scrittrice e giornalista, corrispondente di guerra da ogni angolo del mondo, e autrice di reportage sulla povertà (l’ultimo in Brasile nel ’95) fino a quando fu in grado di vedere e scrivere, a oltre 85 anni. Poi, quando i suoi occhi la tradirono del tutto, mentre un cancro alle ovaie cominciava a mangiarsi anche il fegato, decise di andarsene inghiottendo una capsula di cianuro.
Suicida, anche lei come Hemingway.