Maria Mancini: l’amore italiano di Luigi XIV

Che Luigi XIV di Borbone, il celebre Re Sole, fosse un sovrano dalla condotta sessuale piuttosto sbarazzina è un dato noto. A lui sono attribuite molte liaison, con buona pace della mite consorte Maria Teresa d’Asburgo, figlia del re Filippo IV di Spagna, che fu costretto a prendere in sposa nel 1660 per porre fine alla guerra franco-spagnola che durava ormai dal 1635. Da Louise de La Vallière a Françoise de Maintenon, alla più famosa Françoise-Athénaïs di Montespan, Madame de Montespan: una fatica mica da ridere per un monarca indaffarato a rendere sempre più assoluto il suo potere.

Tra tutte queste donne che hanno accompagnato il sovrano francese nella sua lunga vita conclusasi a settantasei anni il 1° settembre 1715 – settantadue dei quali come re di Francia – si è perduta la memoria di quello che è stato probabilmente il primo vero amore di Luigi:

Quello per Maria Mancini, una giovane nobildonna romana che il re amò prima di convolare a nozze con la d’Asburgo

Luigi XIV in un ritratto del 1670

Fotografia di Bottega di Claude Lefèbvre – IATWM di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Maria Mancini nacque a Roma il 28 agosto 1639, quarta degli undici figli di Michele Lorenzo Mancini e di Girolama (o Geronima), sorella del cardinale Giulio Raimondo Mazzarino, influente e controverso “Principale Ministro” del re di Francia. Maria fu chiamata oltralpe dallo zio – che, prima che Luigi raggiungesse l’età giusta per governare, era stato anche reggente della nazione assieme alla regina madre Anna d’Austria – nel 1654, quando aveva quindici anni. L’intento dello zio Mazzarino era di sistemare la nipote con qualche giovane rampollo: un conte, un duca, magari anche un principe.

Qualcosa però non andò secondo i piani del Ministro. La “mazarinette” – così venivano chiamate le nipotine che il Mazzarino aveva portato in Francia al fine di accasarle –, infatti, incontrò a Lione il re (ormai anche “de facto”), di solo un anno più grande di lei, e tra i due fu un autentico colpo di fulmine. I giovani iniziarono a frequentarsi e presto la voce che il sovrano fosse innamorato della nobildonna venuta dall’Italia cominciò a circolare. Mazzarino e Anna d’Austria seppero che la Mancini era stata al capezzale del moribondo Luigi colpito da una febbre tifoide dopo la battaglia delle Dune, o di Dunkerque (giugno 1658), che aveva fatto temere seriamente per la sua vita – Luigi il Grande ricevette addirittura l’estrema unzione in quell’occasione, tanto le speranze erano ridotte ormai al lumicino.

Si stava trattando la pace con la Spagna e il cardinale era tra i principali attori degli accordi che furono suggellati nel 1659 con il Trattato dei Pirenei. Mazzarino, per evitare quello che stava per divenire a tutti gli effetti un affare di Stato, fu così costretto a rompere i rapporti tra la nipote e il re.

L’uomo, seguendo anche l’indicazione che gli aveva sussurrato in punto di morte la sorella Girolama, improvvisamente preoccupata per la figlia, pare a seguito di uno strano oroscopo, fece ritirare la ragazza nel convento di Brouage, nei pressi di La Rochelle, e si mosse per stipulare il matrimonio tra Luigi XIV e l’infanta Maria Teresa d’Asburgo, clausola chiave del Trattato di pace. Le nozze si celebrarono prima per procura il 3 giugno 1660 e poi ufficialmente il 9 giugno nella chiesa di San Giovanni Battista della cittadina posta al confine franco-spagnolo di Saint-Jean-de-Luz.

L’altare della Chiesa di San Giovanni Battista di Saint-Jean-de-Luz

Fotografia di Benh LIEU SONG (Flickr) condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 4.0

Dopo il matrimonio, tra i due amanti cessarono anche i più effimeri rapporti epistolari e nel 1661, la giovane Marie (come veniva chiamata da Luigi), ritornò in patria e si unì in matrimonio a Lorenzo Onofrio Colonna, duca di Tagliacozzo e principe di Paliano e Castiglione, uomo aitante e appassionato d’arte – grazie a lui crebbe molto la collezione dell’omonimo palazzo romano.

Se per il sovrano francese il matrimonio fu praticamente una farsa, che comunque non gli provocava sofferenze considerato il carattere remissivo della consorte, quello di Maria Mancini fu assolutamente infelice e doloroso, seppur la carriera del marito procedesse a gonfie vele – il Colonna diventò viceré d’Aragona e poi, nel 1687, di Napoli – e nonostante la nascita di tre figli, venuti al mondo in rapida successione: Filippo (1663), Marcantonio (1664) e Carlo (1665).

Lorenzo Onofrio Colonna

Fotografia di Jacob Ferdinand Voet di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Dopo la nascita del terzo figlio, il rapporto diventò sempre più insostenibile e Maria Mancini fuggì varie volte dal nido domestico – pare che avesse iniziato a temere anche che il marito volesse farla fuori – fino a prendere il velo monastico nell’anno 1681, periodo durante il quale Luigi XIV, il suo amore giovanile, oltre a concedersi ogni genere di sfizio e a cambiare donne come fossero nastri, stava rendendo la corona francese sempre più forte e influente con l’allargamento dell’Impero coloniale francese in Asia e America.

La principessa Colonna rimase in clausura per anni, fino alla morte del marito avvenuta nel 1689. Degli ultimi anni della donna si sa poco. Il suo amore soltanto immaginato la accompagnò per il resto della sua vita, che giunse al termine a Pisa l’8 maggio 1715, meno di quattro mesi prima della morte dell’amato Luigi, il Re Sole. Le sue spoglie riposano nella chiesa del Santo Sepolcro, nell’omonima piazza della città toscana. Nella sua tomba volle portare un diamante donatole dal marito e una collana di perle consegnatale da Luigi XIV poco prima del loro allontanamento forzato.

Dipinto di Maria Mancini

Fotografia attribuita a Jacob Ferdinand Voet di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Maria Mancini è protagonista del libro di Françoise Mallet-Joris titolato proprio “Maria Mancini” (Longanesi). L’amore italiano di Luigi il Grande è citato, inoltre, nei libri “Amanti e regine. Il potere delle donne” di Benedetta Craveri (Adelphi) e “Gli amori del Re Sole. Luigi XIV e le donne” di Antonia Fraser (Mondadori).

Antonio Pagliuso

Appassionato di viaggi, libri e cucina, si occupa di editoria e giornalismo. È vicepresidente di Glicine associazione e rivista, autore del noir "Gli occhi neri che non guardo più" e ideatore della rassegna culturale "Suicidi letterari".