Margherita di Provenza e Shajarat al-Durr: due donne posero fine alla 7ª crociata

Sono due donne, agli antipodi per educazione e provenienza, a risolvere una difficile situazione e a porre fine, di fatto, alla settima crociata, intrapresa per liberare Gerusalemme caduta nelle mani dei musulmani nel 1244.

Margherita di Provenza

Da una parte c’è Margherita di Provenza, moglie di Luigi IX (conosciuto come Luigi il Santo), sposato ad appena 13 anni per accordi presi tra le rispettive famiglie. Nonostante si tratti di un matrimonio “dinastico”, i due coniugi lo trasformano in un legame d’amore, a dispetto della regina madre, Bianca di Castiglia (che rende molto difficile la vita alla nuora), donna di grande carattere e già reggente in nome del figlio.

Luigi parte per la settima crociata, da lui fortemente voluta e organizzata, a fine agosto del 1248. Lascia le redini del regno alla madre e porta con sé la moglie, forse per non farla rimanere a corte con Bianca, che la detesta.

I crociati arrivano a Damietta, in Egitto, nel maggio 1249, e riescono a conquistarla senza troppi problemi. Partono poi alla volta della vicina al-Mansūra, difesa da truppe mamelucche (schiavi di origini turche e caucasiche diventati guerrieri) capitanate dal valente Baybars.

Margherita però si ferma a Damietta per fare le veci del marito, e anche perché aspetta un bambino. I Francesi intanto non riescono a espugnare la città, che resiste in attesa dei rinforzi chiesti al sultano al-Ṣāliḥ Ayyūb.

Al-Ṣāliḥ è lontano, a combattere in Siria, ma corre ad al-Mansūra in tutta fretta. Peccato che muoia di lì a pochi giorni, il 22 novembre 1249, forse per i postumi di una ferita, forse per una malattia polmonare (le fonti sono discordanti). Con lui c’è la moglie, Shajarat al-Durr, l’altra donna di straordinario valore di questa storia.

Shajarat al-Durr

Shajarat al-Durr è una schiava di origini probabilmente armene, portata in Egitto per entrare nell’harem del sultano. Ben presto quella donna bellissima e intraprendente diventa la favorita di al-Ṣāliḥ Ayyūb, che nel 1240 la sposa, dopo la nascita di un figlio (che morirà bambino).

Il sultano è attirato non solo dalla sua bellezza, ma anche dalla capacità di consigliarlo su ogni questione di stato, incluse quelle di carattere militare. D’altronde lei è una mamelucca, come gran parte dei soldati dell’esercito di al-Ṣāliḥ Ayyūb, circostanza che aumenta la fiducia e la fedeltà delle truppe nei confronti del sultano. Quando al-Ṣāliḥ Ayyūb muore, la donna comprende che la situazione è difficile: come reagiranno i soldati in quel delicato momento, con i crociati sotto le mura di al-Mansūra?

D’accordo con due consiglieri del sultano decide di tenere nascosta la morte del marito, raccontando che lui è malato e non può uscire dal palazzo. Per dare credito a questa storia ordina che siano preparati i pasti per il sovrano, mentre fuori dalla sua stanza c’è sempre qualcuno che suona o canta. Intanto organizza il trasporto della salma di al-Ṣāliḥ Ayyūb all’isola di Roda, con lei che si acconcia in modo da non essere riconosciuta e lo accompagna nel suo ultimo viaggio.

L’inganno viene portato avanti per tre mesi, finché non torna dalla Mesopotamia Turan Shah, figlio maggiore del sultano, che Shajarat al-Durr ha chiamato subito dopo la morte del padre.

Fine della crociata

Luigi IX, poco dopo la presa di Damietta, con poca lungimiranza aveva rifiutato un accordo con il sultano, che proponeva lo scambio della città egiziana con Gerusalemme. Il re francese rifiuta, certo di poter conquistare non solo la Città Santa, ma anche Egitto e Siria.

Mentre i crociati assediano al-Mansūra, dissenteria, tifo e scorbuto mietono tra loro innumerevoli vittime, e quando Turan Shah arriva la sua vittoria è abbastanza facile. Tra i soldati francesi si diffonde la voce che il re si è arreso (ma non è vero) e molti fanno altrettanto. Gli altri vengono fatti prigionieri e tra loro c’è Luigi IX. La notizia arriva come un fulmine a Damietta e i crociati rimasti lì a difenderla sono tentati di abbandonare la città. Margherita, che ha partorito tre giorni prima, prende in mano la situazione. Sa che se i cristiani lasciano Damietta lei non avrà molte armi per riscattare il marito. Riesce a convincerli a rimanere e quindi concorda il rilascio del marito e degli altri prigionieri, dietro pagamento di 800.000 bisanti d’oro, anticipati forzatamente dai Cavalieri dell’Ordine del Tempio (i Templari).

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La conclusione di questo accordo si deve a Margherita e a Shajarat al-Durr, perché nel frattempo il legittimo erede del sultano, Turan Shah, vincitore ad al-Mansūra, è stato ucciso dal comandante Baysar, preoccupato dalla sua evidente intenzione di estromettere i mamelucchi dalle stanze del potere.

Destini diversi

Dopo quell’episodio, del quale sono protagoniste assolute le due donne, Luigi IX si ferma in Terra Santa per altri quattro anni, nell’inutile tentativo di riappropriarsi dei territori di Outremer. Il fallimento della crociata induce nel re “santo” un desiderio di vita ascetica, che vorrebbe intraprendere già al suo rientro in Francia. Solo grazie a Margherita, che lo mette davanti ai suoi doveri di sovrano e di padre (hanno 11 figli) e lo convince a non ritirarsi in un monastero, Luigi rimane sul trono fino a che non muore di peste in terra di Tunisia, durante l’ottava crociata. Margherita finirà i suoi giorni in un convento.

Shajarat al-Durr, dopo la vittoria di al-Mansūra, diventa una figura di grande rilevo nella storia dell’Egitto, che ricade comunque sotto l’autorità, almeno nominale, del califfo di Baghdad.

Alla morte del figliastro Turan Shah, la donna viene acclamata dai comandanti mamelucchi sultana del Cairo e di tutto l’Egitto. E’ un avvenimento senza precedenti (non considerando Cleopatra, che ha un’altra storia): una donna governa di fatto e non dietro le quinte, conia monete con il suo nome ed è menzionata durante le cerimonie religiose.

Non dura molto però, meno di tre mesi. Poi ci si mette di mezzo il califfo di Baghdad, che invia una missiva agli emiri egiziani:  “Abbiamo sentito che ora siete governati da una donna. Se siete a corto di uomini in Egitto, fatecelo sapere in modo che possiamo inviarvi un uomo per governare su di voi.”

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Shajarat al-Durr, definita “la donna più furba della sua epoca”, sa che per mantenere il suo potere deve comunque cedere alla volontà del califfo. Gli emiri scelgono un ufficiale mamelucco, Izz al-Din Aybek (un uomo che “non aveva nulla da dire” secondo il parere di un suo contemporaneo), che prontamente la sultana sposa.

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E’ sempre lei a governare (anche perché il marito è spesso lontano a combattere in Siria) per i successivi sette anni: firma i decreti reali, dispensa la giustizia e impartisce ordini. Finché Aybeck non si stanca di quel ruolo di sultano-consorte e decide di prendersi un’altra moglie, che gli avrebbe consentito di stringere un’importante alleanza con la città di Mosul.

Shajarat al-Durr non ci sta e fa uccidere il marito, poi mette in giro la voce che il sultano è morto nel sonno. Dopo questo delitto però, nemmeno i suoi fidati ufficiali mamelucchi se la sentono di proteggerla e interviene il figlio di primo letto di Aybeck, che eredita il titolo e consegna la donna nelle mani della madre, ancora inferocita per il suo ripudio imposto proprio da Shajarat al-Durr.

La fine della sultana è terribile: gli schiavi della prima moglie di Aybeck la colpiscono con i loro zoccoli di legno fino a farla morire. Poi gettano il corpo dall’alto delle mura della fortezza del Cairo, perché sia mangiato dai cani. Solo dopo questa tremenda vendetta i suoi resti vengono raccolti e poi sepolti nel mausoleo che la stesa Shajarat al-Durr aveva fatto costruire per sé.

Le storie e le leggende che si intrecciano intorno alla vita di questa donna straordinaria per la sua epoca sembrano più le trame di qualche libro d’avventura o di uno sceneggiato televisivo. Molti storici la ignorano, considerandola nient’altro che la consorte di un sultano; altri la esaltano per il ruolo avuto durante la settima crociata e per aver in pratica dato inizio al sultanato mamelucco in Egitto.

Certo è che non si può ignorare la sua figura: Shajarat al-Durr governò, e bene, per sette anni, ma è ancor più rilevante la sua importanza simbolica. Una donna che nel mondo musulmano (e non solo) medioevale conquista e detiene un potere riservato agli uomini. Non è certamente cosa di poco conto.

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