Margaret Fuller: la tragica fine della prima inviata di Guerra della Storia

Il giornalismo racconta l’attualità e, nel tempo, fornisce agli storici una vasta e variegata quantità di materiale di studio, che solitamente integra e non di rado contraddice le narrazioni diffuse dalle autorità ufficiali relative ai fatti che avvengono. Naturalmente, non tutto il giornalismo raggiunge lo stesso livello di qualità e nessuno può apprezzarlo meglio di noi che viviamo nell’era dei social network. Ma questo è un argomento troppo spinoso e complesso per poterlo trattare in questa sede.

Piuttosto, si deve mettere in luce come, nonostante questa sua importanza, il giornalismo conduca di solito le sue firme a una fama effimera, destinata a dissolversi nel giro di una o due generazioni al massimo. Dei giornalisti che hanno raccontato eventi epocali come le due guerre mondiali, ricordiamo solo quelli che sono entrati di diritto nei libri di Letteratura, scrivendo importanti opere narrative: Hemingway, Steinbeck, Orwell, Buzzati e pochi altri. La quasi totalità degli altri è finita nel dimenticatoio e solo gli storici che si occupano del loro periodo sa che sono esistiti.

Quindi non desta alcuna sorpresa il fatto che la più importante giornalista del XIX secolo abbia lasciato pochissime tracce di sé e che possa capitare di imbattersi in lei solo casualmente, ad esempio trovandosi a passare per il centro storico di Rieti e notando la lapide che la ricorda sulla casa in cui visse insieme al marito per un breve periodo.

Margaret Fuller è stata un po’ l’Oriana Fallaci del suo tempo, anche se probabilmente è più esatto dire che Oriana Fallaci è stata la Margaret Fuller del suo tempo. Non è stata una semplice giornalista, in un periodo in cui già il fatto che una donna scrivesse regolarmente sui giornali rappresentava qualcosa di molto singolare. Se ripercorriamo la sua biografia, restiamo sorpresi dalla sua importanza nell’ambito di questa professione.

Sarah Margaret Fuller nacque a Cambridge, nel Massachusetts, il 23 maggio 1810 e fu inizialmente educata in casa dal padre, Timothy Fuller, un avvocato e politico piuttosto noto a quel tempo, convinto che i ragazzi di ambo i sessi dovessero ricevere la stessa formazione, in contrasto con le idee del periodo.

In seguito, Margaret frequentò per sette anni le migliori scuole femminili della East Coast ma, anche dopo essere tornata a casa, continuò a studiare da sola i classici e le lingue. La vasta cultura che si fece le permise di cominciare a lavorare come insegnante a partire dal 1839: tuttavia, notò subito la sua differenza rispetto agli insegnanti laureati delle scuole maschili e comprese che, anche quando avevano la possibilità di andare a scuola, le donne erano comunque ghettizzate, perché non conseguivano titoli in grado di abilitarle all’esercizio di alcuna professione.

La sua prima importante battaglia fu appunto quella per l’accesso delle donne all’università. Mentre la portava avanti, cominciò a tenere delle conferenze pubbliche destinate alle donne che intendessero farsi un’infarinatura di cultura generale per compensare la mancanza di un’istruzione superiore. Molte future femministe parteciparono con profitto a questi incontri. Per prepararli, Margaret ebbe bisogno di documentarsi nella ricchissima biblioteca dell’università di Harvard e fu la prima donna autorizzata a frequentare tale biblioteca, autorizzazione che sfruttò anche per documentarsi durante la redazione dei suoi libri.

Un’altra esperienza capitale della sua vita è legata alla morte improvvisa del padre, avvenuta nel 1835. Margaret era l’unica figlia maggiorenne ma, in quanto donne, né lei né sua madre potevano amministrarne l’eredità. Ad occuparsene furono dei parenti che trattarono la vedova e gli orfani Fuller come dei postulanti, lesinando senza ragione ogni spesa, senza perdere occasione per umiliarli. Ancora più di prima, Margaret prese coscienza di tutte le discriminazioni cui la esponeva il suo sesso nella società del tempo.

La sua fama di insegnante (era seguace dei metodi di Elizabeth Palmer Peabody, sostenitrice di un approccio gentile alla formazione dei bambini, nella quale anche il gioco rivestiva un ruolo importante) le permise di rendersi indipendente, perché le migliori scuole, per ingaggiarla, le offrirono stipendi di tutto rispetto.

Quando i fratelli diventarono finalmente maggiorenni e presero possesso dell’eredità paterna, le condizioni familiari migliorarono fino a permetterle di riprendere a coltivare un suo antico sogno, momentaneamente abbandonato per occuparsi della famiglia, quello di un viaggio in Europa.

Ad aiutarla in questo provvide una nuova professione che aveva cominciato a esercitare, il giornalismo. Nonostante la salute malferma (soffrì per tutta la vita di attacchi di forti cefalee, spesso accompagnate da attacchi di febbre), si era fatta una solida fama di intellettuale, grazie alle sue vaste letture e alla pubblicazione di alcune riuscitissime traduzioni dal tedesco. Questa fama la mise in contatto con i maggiori intellettuali del suo tempo, che la vollero accanto come collaboratrice. Il primo tra essi fu il celebre filosofo e poeta Ralph Waldo Emerson, esponente di punta del trascendentalismo (un movimento filosofico-culturale molto vivo negli Usa del XIX secolo, basato sul concetto della purezza originaria della natura e dell’uomo e della corruzione di entrambi da parte dei condizionamenti della società. Però, a differenza di quasi tutti i movimenti che predicavano il ritorno alla natura, il trascendentalismo non era ostile al progresso scientifico).

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Emerson le propose non solo di collaborare, ma anche di dirigere una testata, “The Dial”, attività che Margaret svolse con entusiasmo. Benché restasse sempre ai margini del movimento trascendentalista, Margaret ne seguì tutte le attività e, proprio nell’ambito di queste, compì nel 1843 un viaggio nella regione dei Grandi Laghi che la portò a contatto con le tribù dei nativi americani. Da questa esperienza ricavò anche un libro di successo (“Summer on the Lakes”), uscito nel 1844. Subito dopo, partendo da una serie di articoli già pubblicati su “The Dial” scrisse un secondo libro, stavolta dedicato all’emancipazione femminile (“The Great Lawsuit”, 1845): questo libro ebbe un successo notevole sia negli Usa sia nel Regno Unito, ma Margaret non ci guadagnò molto, perché fu diffuso soprattutto attraverso edizioni pirata (all’epoca le leggi sul diritto d’autore non erano rigorose come adesso).

“The Dial”, tuttavia, non stava andando molto bene ed era destinato a chiudere, quando a Margaret arrivò una nuova, irrinunciabile proposta di lavoro da parte del più importante giornale americano di ispirazione liberal del tempo, il “New York Tribune”. Il direttore Horace Greeley le affidò una rubrica di recensioni di libri, facendola diventare il primo critico letterario a tempo pieno del giornalismo americano. La collaborazione durò 4 anni, durante i quali Margaret pubblicò circa 250 pezzi, più alcune poesie (all’epoca le poesie si leggevano moltissimo).

Nel 1846 fu, suo malgrado, coinvolta nell’imbarazzante scandalo scoppiato intorno alla relazione tra Edgar Allan Poe e la poetessa Frances Sargent Osgood. I due erano sicuramente molto amici, ma Poe era anche amico del marito della poetessa, il pittore Samuel Osgood, e Frances era a sua volta molto amica della moglie di Poe, Virginia Clemm. Tuttavia, un’altra poetessa, Elizabeth Lummis Ellet, anche lei amica di Virginia e, pare, segretamente innamorata di Poe e gelosa della sua confidenza con la Osgood, dopo aver sbirciato delle lettere che i due si erano scambiati, li accusò di essere amanti (per la puritana società del tempo, qualcosa di imperdonabile). Frances Sargent decise prudentemente che per un po’ non fosse più il caso di frequentare la casa di Poe, ma preferì tornare in possesso delle lettere che aveva scritto allo scrittore e, per questo, inviò Margaret e un’altra amica a farsele consegnare da Virginia. La questione ebbe termine poco dopo, quando Samuel Osgood annunciò che avrebbe querelato per diffamazione da Ellet se questa non avesse ritirato le sue accuse, cosa che la Ellet fece prontamente.

Nello stesso anno, il sogno del viaggio in Europa si realizzò. Il “New York Tribune” la inviò in Inghilterra come corrispondente dall’estero:

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Era la prima volta che una donna riceveva un tale incarico nella storia del giornale

Durante i 4 anni successivi, Margaret avrebbe inviato 37 corrispondenze al giornale. In Inghilterra conobbe uno dei suoi idoli, la scrittrice francese George Sand, ma questa la deluse, rinunciando a impegnarsi in politica e dichiarando che le donne non erano ancora pronte per una tale attività. Margaret visse anche una particolare avventura, quasi comica: dopo molte insistenze, riuscì a ottenere dallo scrittore Cornelius Matthews una lettera di presentazione che le avrebbe permesso di essere ricevuta dalla poetessa Elizabeth Barrett, che ammirava moltissimo (all’epoca, per essere ricevuti da qualcuno, le lettere di presentazione erano pressoché indispensabili). Tuttavia, quando andò a casa della Barrett, si sentì rispondere dai domestici che la poetessa, dopo anni di vita da semi-reclusa in casa per via della salute cagionevole e della gelosia del padre molto possessivo, era appena scappata via con il poeta Robert Browning.

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A quel tempo, Londra era piena di patrioti italiani in esilio, molti dei quali repubblicani, che facevano capo a Giuseppe Mazzini. Margaret conobbe anche Mazzini, ma conobbe soprattutto un giovane marchese romano, Giovanni Ossoli (nato nel 1820), che non era un esule ma si trovava a Londra per curare gli affari dell’impresa di uno zio ma intanto simpatizzava per i mazziniani. Tra i due, a quanto pare, fu amore a prima vista e Margaret seguì Giovanni quando questi tornò in Italia, stabilendosi con lui a Firenze. Margaret era stata sempre una donna molto discreta, riguardo la sua vita privata, ma si sa che in precedenza aveva avuto una relazione negli Usa con un certo James Nathan.

Sembra che i due non si siano mai sposati, anche se si facevano passare per marito e moglie. Del resto, lui risultava cattolico, lei protestante e non era possibile contrarre un semplice matrimonio civile. Nel settembre del 1848 ebbero un figlio, Angelo. Sembra anche che le madri dei due (i padri erano entrambi morti) fossero al corrente della situazione, ma non la disapprovassero, purché il bambino non avesse a soffrirne.

Intanto, nell’Europa erano divampate le famose rivoluzioni del 1848. Margaret e Giovanni vi si trovarono coinvolti in quanto entrambi fervidi mazziniani. Quando Mazzini fu coinvolto nella Repubblica Romana del 1849, lo seguirono immediatamente. Tutti e due diedero il loro contributo alla difesa di Roma nelle giornate che precedettero la caduta della Repubblica, Giovanni combattendo sui bastioni delle mura vaticane e Margaret servendo come infermiera negli ospedali. Una volta caduta la Repubblica e ripristinato il potere temporale del Papa, mentre si scatenava la più spietata caccia all’uomo per eliminare fino all’ultimo repubblicano, Margaret e Giovanni riuscirono a fuggire, rifugiandosi a Firenze: dove, quasi casualmente, Margaret riuscì finalmente a incontrare Elizabeth Barrett, che si era trasferita anche lei lì insieme a Robert Browning.

Assalto delle truppe francesi ai bastioni di Roma nel 1849 al tempo della Repubblica Romana:

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I due però non erano al sicuro, potevano essere ancora raggiunti e arrestati in ogni momento, o addirittura uccisi da qualche sicario, per cui decisero di lasciare l’Italia e trasferirsi negli Stati Uniti. Nella fretta di andarsene, accettarono un passaggio su una nave mercantile americana, la “Elizabeth”, che portava un carico composto soprattutto di marmo di Carrara. Partirono il 17 maggio 1850.

Il viaggio cominciò male, ma era destinato a finire anche peggio. Il capitano, Seth Hasty, era stato contagiato dal vaiolo: si mise a letto e morì in pochi giorni. Anche altri passeggeri furono contagiati, compreso il piccolo Angelo, che però guarì. Il viaggio proseguì al comando del primo ufficiale, un certo Bangs, un giovane inesperto che, oltre a perdere molto tempo (la durata della traversata era stata stimata in cinque settimane, mentre fu compiuta in oltre due mesi), non conosceva bene i fondali vicini alle coste americane.

Nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1850, la “Elizabeth si incagliò su un banco di sabbia a meno di 50 metri dalla costa di Fire Island, un’isola di forma allungata che si trova proprio davanti a Long Island, New York. La chiglia riportò gravi danni e la nave cominciò subito a imbarcare acqua e ad affondare. A bordo si scatenò il panico. L’improvvisato capitano Bangs, anticipando un suo famigerato collega italiano della storia recente, se la squagliò tra i primi senza perdere tempo. Lo stesso fecero anche gli altri marinai e i passeggeri che sapevano nuotare.

L’incidente occorso alla nave aveva fatto accorrere molta gente sulla riva, ma nessuno fece nulla per aiutare i naufraghi. All’epoca, come nei secoli precedenti, il naufragio di una nave sulle proprie coste era considerato una grande fortuna, perché tutto ciò che le onde avrebbero poi gettato a riva sarebbe spettato di diritto a chi lo avrebbe raccolto: tutti pensavano a recuperare gli oggetti o il legno, e nessuno si preoccupava del destino dei naufraghi (in questo senso, dobbiamo osservare che il mondo non è cambiato molto da allora). Le onde del mare diedero rapidamente il colpo di grazia alla nave danneggiata, che Margaret, Giovanni e Angelo non erano in grado di lasciare.

La casa di Rieti dove abitò Margaret Fuller, nei pressi della chiesa di San Nicola di via della Verdura, e la targa dedicatale dalla città nel 2010. Fotografia di Alessandro Antonelli condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:

Quando la notizia arrivò a New York, gli amici di Margaret inviarono uno di essi, lo scrittore Henry David Thoreau (l’autore del celebre “Walden”) a cercarla a Fire Island. Thoreau riuscì a trovare solo il corpicino del piccolo Angelo (22 mesi) gettato a riva dalle onde e pochi effetti personali dei suoi genitori. Anche il manoscritto dell’opera inedita sulla Repubblica Romana che Margaret aveva annunciato nella sua ultima lettera era andato disperso.

La scrittrice femminista Julia Ward Howe,nel 1901, fece erigere un monumento a Margaret sulla stessa spiaggia di Fire Island da cui, quella notte, neanche una piccola barca partì per soccorrere i naufraghi.

A ricordare Margaret e Giovanni c’è poi un cenotafio (una tomba monumentale che non custodisce un corpo) nel cimitero di Mont Auburn, Massachusetts, dove la famiglia Fuller fece seppellire il piccolo Angelo. Sull’iscrizione, Margaret è ricordata così:

“Di nascita, figlia del New England.

Di adozione, cittadina di Roma.

Per genio, appartenente al mondo intero”.

La casa di Rieti dove abitò Margaret Fuller, nei pressi della chiesa di San Nicola di via della Verdura, e la targa dedicatale dalla città nel 2010. Fotografia di Alessandro Antonelli condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:


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