Marcos Pantoja: il bambino che scappò dalla Matrigna per vivere con i Lupi

Sono molte le storie di bambini selvaggi, alcuni sopravvissuti in boschi e foreste grazie alle loro stesse forze, altri allevati da animali come scimmie e lupi. E’ sicuramente cresciuto da solo il “ragazzo selvaggio dell’Aveyron“, mentre la storia delle sorelle indiane Amala e Kamala, allevate dai lupi, era forse una montatura.

Poi, lasciando spazio all’immaginazione, c’è Mowgli, il protagonista immaginario de Il libro della Giungla, che vive meravigliose avventure nella giungla indiana. Avventure che però sono metafora di concetti del tutto “umani”, inseriti in un contesto di libertà e di possibilità di scelta: Mowgli riesce a vivere sia con gli animali sia con i suoi simili, gli esseri umani.

Lupi in libertà

Immagine di pubblico dominio

Molto più complicate sono le storie dei veri bambini selvaggi, che quasi mai si sono adattati alla società civile, rimanendo prigionieri di una vita che non apparteneva al loro modo di essere e senza possibilità di far ritorno a quella che sentivano come naturale.

Marcos Rodríguez Pantoja – il ragazzo vissuto con i lupi non nella lontana India ma in Spagna – porta sulle spalle tutto il peso di una storia di ignoranza, abusi, abbandono e poi, una volta tornato tra gli esseri umani, di sfruttamento e indifferenza.

Oggi Marcos ha 74 anni, e qualcosa sugli uomini l’ha imparata, a sue spese:

Quando un uomo parla, di solito intende un’altra cosa da quella che dice. Tra gli animali non è così

E lui lo sa bene, perché ci ha vissuto con gli animali, lupi capre e serpenti, e con loro comunicava grazie a un linguaggio senza parole: gesti, atteggiamenti, versi e, probabilmente, rispetto.

Quando ha tre anni, Marcos (nato nel 1946) perde la madre e rimane solo con il padre e due fratelli più grandi, prontamente spediti a vivere con dei parenti. Lui no, rimane con il genitore perché, così piccolo, sarebbe solo un peso per chiunque. L’uomo si risposa con una donna che ha già un figlio, la famiglia si trasferisce in un paese, Fuencaliente, ai piedi della Sierra Morena. E’ una vita di miseria quella del bambino e della famiglia, che per campare produce carbone mentre i giorni scorrono difficili in una baracca. Ci mette del suo la matrigna, che maltratta Marcos e lo riempie più di botte che di pane.

Quando il bambino ha sette anni viene ceduto al proprietario di un gregge di capre (cosa comune all’epoca nei paesi rurali e poveri, e non solo in Spagna), forse per soldi o forse solo per avere una bocca in meno da sfamare. Marcos finisce a vivere nelle montagne della Sierra con il vecchio pastore che si occupa delle capre, ma che muore presto.

Sierra Morena

Immagine di Javier Martin via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 2.0

Il bambino rimane da solo, ma non ci pensa nemmeno a tornare alla baracca e da quella matrigna di cui non conserva certo un buon ricordo. Preferisce le montagne e gli animali. Dal vecchio capraio ha imparato a mettere trappole e accendere il fuoco, mentre dagli animali della sierra impara quanto basta per sopravvivere, guardando quali erbe e radici mangiano, mentre il suo rifugio è una grotta dove vive una famiglia di lupi. Il loro primo incontro ha il sapore della paura, perché Marcos prova a prendere un pezzo di carne dalla bocca di un cucciolo, con mamma lupa che ringhia minacciosamente. Dopo avere diviso il cibo tra i lupacchiotti però, quella mamma spinge un boccone anche verso Marcos.

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Lupi in libertà

Immagine di pubblico dominio

Inizia così una storia di relazioni con animali selvatici che condividono con il bambino giacigli di fortuna, cibo e solitudine. A poco a poco Marcos perde le parole e si esprime con ululati, ringhi e forse anche con altri suoni più quieti (ancora oggi sa imitare alla perfezione i versi di molti animali).

Va avanti così per dodici anni Marcos, con qualche raro contatto a distanza con il proprietario delle capre, che si disinteressa completamente del suo destino, anche quando lo vede vestito solo di pelli di animali e ormai incapace di camminare sulle gambe, in posizione eretta.

Nel 1965 Marcos, che ha ormai 19 anni, viene visto e catturato da alcuni militari della Guardia Civil. Catturato è la parola giusta, perché per portarlo via dalla sierra quegli uomini devono legarlo e imbavagliarlo. Lui morde, graffia e ringhia, ma soccombe, e piange. Eh sì perché, lui che li conosce bene, dice:

Anche gli animali piangono

Deve ricominciare tutto da capo Marcos, a camminare come gli uomini, a parlare la loro lingua, a dormire in un letto e a mangiare con le posate da un piatto. Non impara invece la malizia e sono in molti a sfruttarlo, visto che lui non comprende bene il valore del denaro. Lavora come muratore, barista, e viene arrestato una volta mentre vende marijuana (per conto di uno spacciatore) senza sapere cosa sia. Va avanti così la sua vita, con molti che approfittano della sua ingenuità e nessun aiuto da parte dello Stato, che però gli fa fare il servizio militare.

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Marcos Rodríguez Pantoja

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La sua storia, raccontata coerentemente da lui stesso, è diventata nota grazie al pedagogista Gabriel Janer Manila, che nel 1976 presenta come tesi per il suo dottorato proprio uno studio su Marcos (con il quale trascorre sei mesi), sulla “Problematica educativa dei bambini selvaggi”. Poi, ispirato a quella vicenda scriverà anche un libro per bambini (He jugado con lobos), mentre nel 2010 il regista Gerardo Oliveres dirige un docu-film “Entrelobos”, che per un po’ riporta alla ribalta la storia del bambino-lupo della Sierra Morena.

Oggi Marcos vive a Rende, un villaggio della Galizia, dove lo ha portato un ufficiale di polizia in pensione, uno dei pochi che lo ha trattato alla pari anche se lui lo chiamava capo. In realtà l’uomo fu, finché visse, l’unica famiglia umana conosciuta da Marcos.

Il suo vero padre (rintracciato dalla Guardia Civil), quando se lo trova davanti dopo dodici anni, gli chiede solo: “Dov’è la tua giacca?”.


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