Ricordiamo tutti il film di Robert Zemeckis, Forrest Gump, interpretato dall’attore statunitense Tom Hanks nel 1994, perché colmo di significati intensi sul senso della vita; il film è stato tratto dal romanzo omonimo di Wiston Groom, edito nel 1986, di cui l’autore pare non fosse entusiasta, perché l’adattamento cinematografico, che peraltro funzionò benissimo, si allontanò parecchio dalla trama editoriale. Questa eccezionale opera cinematografica descrive il personale racconto della vita intensa di un giovane americano con uno scarso QI, che inconsapevole dei suoi limiti cognitivi affrontò con audacia importanti eventi della storia degli Stati Uniti della seconda metà del XX secolo, conservando sempre nel cuore un unico grande amore per la sua Jenny. Ma c’è una scena nel film non presente nel romanzo, ideata proprio per la rappresentazione scenica che vede Forrest intraprendere una lunga corsa, che si ispirava ad una storia vera poco conosciuta, e che ha come protagonista Louis Michael Figueroa.
A soli sedici anni nel 1981 Louis Michael Figueroa, dopo esser arrivato primo alla celebre maratona di Los Angeles per la sua categoria, intraprese un percorso dalla sua città New Brunwick, in New Jersey, fino a San Francisco per sostenere attivamente l’ American Cancer Society. Louis spiegò anni dopo, che ciò che lo spinse a compiere l’impresa fu vedere quanto soffrisse il fratello di un amico di soli dieci anni gravemente malato:
“I promised i would run across America if he fought the cancer” – “Promisi che avrei corso per tutta l’America se lui avesse sconfitto il cancro”
La corsa di Louis si concluse sulla spiaggia della Georgia dopo più di sessanta giorni; e proprio lì seduto su una panchina dichiarò ad un reporter di un’importante testata giornalistica che lo intervistò:
“When i got tired, i slept. when i got hungry, i ate. when i had to go to the bathroom, i went. that’s all” – “Quando mi sentivo stanco, dormivo. Quando avevo fame, mangiavo. Quando dovevo andare in bagno, andavo. Tutto qui”
Proprio a Louis, quindi, si deve l’ispirazione per le parole che Tom Hanks pronunciò nella celebre scena del film, che gli fece vincere il premio Oscar per la sua straordinaria interpretazione in Forrest Gump, come miglior attore dell’anno 1995.
Circa dieci anni dopo, Louis intraprese un secondo percorso da Bangor nel Maine fino a San Diego, stavolta per sostenere i malati di AIDS, e supportarli contro la discriminazione sociale che pativano. Louis corse anche per Jimmy, il fratello che perse proprio per questa sindrome, di cui ricordava spesso le parole che motivarono la sua impresa:
“You keep on walking, so someone else doesn’t end up in this same f***ed up position”
“Continua a correre, così nessun altro farà la mia stessa f****ta fine”
La sua corsa beneficiò più di trecentomila dollari a favore delle organizzazioni a sostegno dei malati di HIV.
La carta del percorso di Forrest Gump interattiva. Immagine via Wikipedia:
Nonostante la leucemia che lo colpì, Louis intraprese un terzo viaggio, per supportare le vittime infantili di abusi sessuali, spinto stavolta da una motivazione personale. Da piccolo, infatti venne abusato da un domestico e con la sua corsa intese sostenere chi come lui aveva patito le conseguenze di una simile aggressione. Dopo circa 4km, però dovette fermarsi per problemi di salute, riprendendo nel 2010 il viaggio da Tucson in Arizona, fino a Somerset in Pennsylvania, percorrendo sempre a piedi più di 12km.
Intervistato dopo più di 8km dal giornalista del Columbia Basin Herald disse:
“Everyone has a gift. the secret of life is to use that gift and better umanity. My gift is that my feet can go long distances”
“Ognuno ha un dono. Il segreto della vita è usare quel dono e una migliore umanità. Il mio dono è che i miei piedi possono percorrere lunghe distanze”
A tenere compagnia a Louis durante le sue imprese fu sempre e solo la musica, senza la quale, dichiarò durante l’intervista, non avrebbe potuto affrontare i suoi viaggi:
“the boredom would kill you, if you didn’t have music!”
“La noia ti ucciderebbe, se non avessi la musica!”
Ma cosa c’è dietro questa tradizionale pratica americana di sensibilizzazione, finalizzata a sostenere diritti ahimè negati, supportare associazioni umanitarie e sanitarie…? Cosa spinge l’essere umano a correre? Come nasce l’esigenza d’intraprendere questa impresa?
Il professor Luca Grion, docente di Filosofia Morale presso l’università degli studi di Udine, ha sostenuto che dietro la pratica della corsa, attività sportiva di cui è egli stesso appassionato, vi è un significato filosofico, che definisce la Filosofia del Running, che non solo rappresenta una filosofia di vita, ma è essa stessa una metafora della vita, del vivere umano.
Nel suo saggio, appunto “La Filosofia del Running” elenca diverse caratteristiche della pratica formativa del correre per comprenderne la valenza filosofica, partendo semplicemente da una visione critica della realtà.
Correre, dice Grion, è una sfida, soprattutto con se stessi, con i limiti che ogni giorno ci poniamo. Correre è una vittoria, anche se non raggiungiamo il traguardo in tempo, abbiamo comunque vinto su tutto ciò che avrebbe potuto fermarci. Correre è coraggio, quando non ricorriamo a scorciatoie di alcun genere, ma raggiungiamo il nostro obiettivo solo “con le nostre gambe”, con quella determinazione che ci ha permesso di vincere la sfida con noi stessi, rispettando anche chi ha creduto in noi. Correre significa mantenere un ritmo, un’andatura da tenere costante fino al proprio obiettivo, fondamentale anche nei momenti più fragili ed incerti.
Grion spiega così che molti nostri obiettivi importanti siano spesso anticipati necessariamente da un percorso faticoso, che abbiamo deciso di percorrere perché spinti da un’ambizione, per sentirci liberi, anche di comprendere noi stessi, superando difficoltà ed aspettative, vincendo l’affaticamento e persino i limiti che subiamo per il variare del clima.
La location nella Monument Valley dove Forrest conclude la sua corsa. Fotografia di King of Hearts condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Correre ha svariate finalità utili: perdere peso, mantenere la forma fisica, liberarci dai nostri pensieri, scaricare le tensioni, ottenere la soddisfazione e l’entusiasmo che ogni corridore appassionato conosce bene.
Infine, ma non meno importante è l’elemento del divertimento, che si avverte fisicamente attraverso quelle sensazioni di benessere a livello chimico nel corpo, e fuori di noi riscoprendo il contatto con la natura.
La componente riflessiva di quest’analisi giunge alla comprensione che prenderci cura prima di noi stessi, e solo poi degli altri, è un percorso impegnativo, ma che al suo traguardo beneficerà sia il corpo che la mente.
E’ altresì importante considerare infine l’aspetto sociologico del correre, come spiega lo scrittore Claudio Bagnasco nel suo saggio “Runningsofia, filosofia della corsa“, dove ha messo in risalto la possibilità che il correre offre di riappropriarci di un vivere spoglio dei propri ruoli sociali, smettendo così di essere ciò che gli altri si aspettano da noi:
Un genitore, un figlio, un bravo lavoratore, un consumatore sostenibile…liberi da ogni schema sociale è possibile riscoprire un lato intimo, primitivo, per riconoscere noi nella natura, con i nostri istinti, la nostra sete e gli arti indolenziti, insomma per riconoscerci nella nostra essenza.