Gli studenti liceali che in questi giorni hanno affrontato gli esami di Stato per conseguire la Maturità, in molti casi, hanno dovuto preparare tra le materie previste per il loro colloquio anche la Filosofia. La Filosofia che si studia all’ultimo anno di liceo rappresenta un programma impegnativo, ma spesso anche appassionante, per la presenza tra gli autori da studiare di due figure dal pensiero rivoluzionario, che non hanno mai smesso di esercitare un notevole fascino su chi legge le loro opere: Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud.
Friedrich Nietzsche nel 1882:
Anagraficamente, geograficamente e culturalmente i due autori non sono affatto distanti tra loro (Nietzsche, nato in Sassonia, visse dal 1844 al 1900; Freud, praghese, visse dal 1856 al 1939. Entrambi scrissero le loro opere in tedesco): Freud, in gioventù appassionato di filosofia, fu un attento lettore della Genealogia della morale di Nietzsche, di cui discusse a lungo con i suoi discepoli; con Nietzsche condivise l’idea che tutto ciò che si considera “elevato” derivi in realtà da qualcosa che si trova molto più in basso (tutto ciò che appare nobile e puro non sarebbe altro che la sublimazione di pulsioni tutt’altro che nobili e pure); il filosofo francese Paul Ricoeur li considera, insieme a Karl Marx, i maggiori esponenti della Scuola del Sospetto, ossia di quella corrente di pensiero duramente critica delle ideologie, viste come una falsa forma di coscienza.
Sigmund Freud fotografato da Max Halberstadt nel 1922:
Nietzsche e Freud non si conobbero mai, anche se il caso clinico di Nietzsche e della sua malattia mentale sarebbe stato interessantissimo da studiare per Freud. Entrambi però conobbero e furono anzi in strettissimi rapporti con una donna che non è passata alla Storia per nessuna opera importante, né artistica né scientifica, eppure ha ugualmente esercitato un notevole influsso su diversi artisti e scienziati del suo tempo, grazie non soltanto alle sue qualità intellettuali ma anche alla sua capacità di identificare gli uomini geniali e a intraprendere impegnative (ma non sempre intime) relazioni con loro: Lou von Salomé.
Lou von Salomé rappresenta meglio di ogni altra donna del suo e di qualunque altro tempo un modello reale di donna libera: talmente libera da sentirsi capace di amare un uomo anche solo per la sua personalità, senza sentirsi per questo obbligata ad avere una relazione intima con lui. Solo alcuni dei grandi “amori” che le sono stati attribuiti si concretizzarono in vere relazioni. Ma ciò che più conta è che tutti gli uomini ai quali il suo nome è stato accostato ricevettero una potente ispirazione creativa dalla sua vicinanza. Lou però non fu una semplice musa, capace di ispirarli con la sola bellezza e soavità, ma una raffinata intellettuale capace di aprire gli orizzonti a chi le viveva accanto, creando le condizioni ideali per la manifestazione del genio.
Solo che, come si può immaginare, non tutti gli uomini cui si legò furono disposti ad accettarla così com’era. Per qualcuno, fu un problema grosso. Per Nietzsche in modo particolare.
Il rapporto di Lou con Freud fu amichevole ma soprattutto lavorativo, perché fu una delle prime a sperimentare su di sé la psicanalisi, praticò la psicanalisi come terapista dopo essere stata formata da Freud stesso e scrisse articoli e libri sull’argomento, apportando alla disciplina dei contributi che Freud giudicò significativi e utili. Con Nietzsche, invece, il suo rapporto fu ben diverso.
Ljola von Salomé nacque a Pietroburgo il 12 febbraio 1861 in una famiglia di origine cosmopolita. Il padre, Gustav, era nato in Prussia nel 1804 ma i suoi genitori erano emigrati in Russia nel 1810 dopo che la Prussia era stata sconfitta a Jena da Napoleone ed era finita sotto l’influenza della Francia. Del resto, i Salomé non erano neppure tedeschi ma discendenti di ugonotti scappati dalla Francia durante le persecuzioni del XVI secolo. Anche la madre, Louise Wilm, nata nel 1823, era di origine tedesca. Lou fu la loro sestogenita, unica femmina.
Gustav von Salomé era un militare, un importante generale dell’esercito zarista. Per questo, Lou trascorse i primi anni della sua vita nella residenza ufficiale dello Stato Maggiore. Frequentò scuole private e pubbliche per giovani aristocratiche, ma l’unica cosa che vi imparò furono le lingue (francese, tedesco e un po’ di inglese). Dopo la morte del padre, nel 1879, ebbe una intensa relazione prima culturale e poi sentimentale con un pastore della Chiesa Olandese Riformata, Hendrik Gillot, che aveva 25 anni più di lei.
Sarebbe stato Gillot a chiamarla per la prima volta Lou, il nome che avrebbe usato definitivamente. La relazione con Gillot, portata avanti per lungo tempo clandestinamente, non si concretizzò mai (Lou sarebbe rimasta vergine fino all’età di 34 anni) ma la sua conclusione, forzata dall’intervento della madre della ragazza, portò Lou sull’orlo di un esaurimento nervoso che rischiò di comprometterne la salute, con un rapido deperimento, svenimenti e sbocchi di sangue. Per questa ragione, nel 1880, la madre la condusse in Svizzera, a Zurigo, dove la famiglia Salomé aveva già trascorso alcuni periodi di vacanza, e la iscrisse a una scuola svizzera. Ma neanche il clima di Zurigo sembrò farle bene e un medico ordinò alla madre di portarla in Italia. Questo trasferimento fu favorito dall’intervento del suo professore di Arte, Gottfried Kinkel. Lou aveva scritto delle poesie che Kinkel aveva letto e apprezzato e, temendo per la salute della ragazza, l’insegnante si impegnò a trovarle una sistemazione, scrivendo a una ricca amica che viveva già a Roma, Malvida von Meysenbug, un’aristocratica che era stata costretta a scappare dalla Germania per la sua intensa attività di femminista e di sostenitrice di movimenti rivoluzionari.
Malvida von Meysebug disponeva di grandi mezzi e amava fare la mecenate di giovani studiosi e artisti. Nel 1882 accettò di ospitare Lou, che la raggiunse. Dal 1876, la von Meysebug aveva ospitato a lungo, in una villa di Sorrento, un professore di filosofia tedesco che era stato costretto a lasciare la cattedra universitaria in Svizzera per via dei problemi di salute. Friedrich Nietzsche. Nietzsche si era portato dietro due amici, uno dei quali era un altro filosofo, Paul Rée, nato nel 1849. La von Meysebug progettava di aprire una scuola internazionale per alunni di ambo i sessi in cui sarebbero state impiegate le più moderne tecniche educative e aveva affidato a entrambi la responsabilità di organizzarla. In realtà, Nietzsche e Rée non si impegnarono più di tanto in questo lavoro, ma vissero un intenso e felice periodo di ricerche e scrittura, intanto che si godevano la vita (Rée riferisce che Nietzsche ebbe una lunga storia sentimentale con una contadina che andava a trovarlo di notte).
Nello stesso 1882, Paul Rée andò a visitare la von Meysebug, cui era rimasto molto legato, e conobbe Lou che era appena arrivata. Tra i due giovani nacque subito un’amicizia, almeno da parte di Lou, mentre Rée si innamorò quasi subito di quella ragazza alta e bionda, dai luminosi occhi azzurri, che si stava rimettendo rapidamente in salute.
I discorsi tra i due, incentrati su temi filosofici e soprattutto sulla loro idea di società moderna e di libertà individuale, li portarono a concepire l’idea di un modello diverso di famiglia rispetto a quello tradizionale, che chiamarono marriage à trois, ossia composto da tre persone. Decisero di provare questo esperimento e invitarono Nietzsche, amico di Rée e ammirato da Lou che aveva letto le sue opere, come terzo. Nietzsche si aggiunse entusiasticamente al gruppo, immediatamente sedotto dal fascino di Lou. Nonostante la presenza della signora von Salomé, che assecondò il desiderio della figlia di lasciare Roma pensando di riportarla in Russia, ora che si era ripresa, i tre allungarono il massimo possibile il viaggio trattenendosi in varie località del Nord Italia (soprattutto sul lago d’Orta) e poi in Svizzera.
A Lucerna, Nietzsche ebbe un’idea che mise molto in imbarazzo gli altri due, anche se finirono per accettarla. Li portò allo studio del celebre fotografo ritrattista Jules Bonnet e compose per loro quella che non si è mai capito se fosse una disposizione simbolica di chissà quale arcano significato o un semplice scherzo goliardico. Nello studio, tra le altre cose, Bonnet teneva un carrettino, che utilizzava per creare scenette in stile campestre con falsi sfondi. Su indicazioni di Nietzsche, lui stesso e Rée si misero alla stanga come due buoi e Lou si mise sul carrettino, con una improvvisata frusta tra le mani ma in una scomodissima posizione inginocchiata. Ne venne fuori un’immagine inquietante e oggi molto iconica, che i più giovani tra i loro amici trovarono esilarante e i più anziani (compresa la von Meysebug) scandalosa.
Dopo questa foto, il gruppo si sciolse, perché tutti e tre i membri avevano impegni diversi tra la Svizzera e la Germania. Dopo la loro separazione, però, Nietzsche cominciò a essere ossessionato dal ricordo di Lou e prese a tempestarla di lettere e a scriverne altre alla von Meysebug affinché perorasse presso la ragazza la causa della loro unione. La Meysebug si rifiutò di farlo perché trovava lei troppo esuberante e lui troppo instabile. Infine, Nietzsche riuscì a convincere Lou a raggiungerlo a Tautenburg, dove si era ritirato: lei accettò solo perché andandoci poteva fermarsi al festival wagneriano di Bayreuth, che era di strada. Nietzsche, che era in pessimi rapporti con Wagner, non poteva farsi vedere, ma inviò la propria sorella Elisabeth ad prenderla.
Elisabeth Nietzsche, destinata a diventare una della figure più famigerate nella Storia del pensiero filosofico moderno (dopo la morte del fratello, fervente antisemita e nazionalista, manomise le opere che Nietzsche aveva lasciato inedite in modo che sembrassero avallare i deliri ideologici nazisti) era una donna repressa e frustrata e odiò subito la spontanea e disinvolta Lou, anche perché questa riscosse molta ammirazione da parte di Bernard Förster, un medico con il quale Elisabeth era segretamente fidanzata. La gelosia spinse la sua avversione verso Lou al parossismo, senza sapere che Lou non avrebbe mai perso tempo con un ottuso e fanatico antisemita come Förster. Come se non bastasse, dopo aver ascoltato un po’ di opere di Wagner, Lou commentò che le trovava insignificanti e pallosissime. Anche Nietzsche la pensava così e infatti, nella cerchia degli intimi di Wagner, non poteva neanche essere nominato, con grande disagio per Elisabeth e Förster.
Elisabeth Förster-Nietzsche:
Nonostante non apprezzasse la musica, Lou non si affrettò a raggiungere Nietzsche e, durante la permanenza a Bayreuth, tenne come cavaliere il conte Joukowsky, un artista russo che Wagner aveva assunto come scenografo e che era noto per la sua vita libertina. Joukowsky le propose di fare da modella per una linea di abiti femminili che stava creando e la portò in giro per feste che scandalizzavano i benpensanti.
Quando Lou decise finalmente per andare da Nietzsche a Tautenburg, Elisabeth la affrontò e le rimproverò la sua condotta scandalosa. Elisabeth, che prendeva molto sul serio tutte le fantasie del fratello, era infatti convinta che Nietzsche e Lou stessero per sposarsi. Lou le rispose che non pensava neanche lontanamente né di sposare Nietzsche né di diventare la sua amante. Per Elisabeth, che odiava Lou ma era preoccupata per la salute mentale del fratello, la notizia fu una tale mazzata da provocarle una crisi isterica in cui finì addirittura per vomitare.
Ciò nonostante, Elisabeth accompagnò ugualmente Lou a Tautenburg ma, appena si trovò da sola con il fratello, gli raccontò sia dei discorsi di Lou sia delle frequentazioni di questa con Joukowsky. L’entusiasmo di Nietzsche per il loro incontro finì per trasformarsi in una esplosione di comportamenti bizzarri. Era capace di passare dalla massima allegria alla massima tristezza da un momento all’altro, senza ragioni apparenti. Scrisse alla madre di Lou annunciandole il suo prossimo matrimonio con la figlia. Concepì una furiosa avversione per Rée, fino a poco prima suo carissimo amico, quando scoprì che Lou non vedeva l’ora di raggiungerlo a Berlino, e che gli scriveva tutti i giorni.
Lou lo apprezzava moltissimo come studioso e intellettuale e si sforzò di sopportarlo finché le fu possibile. Quando non ce la fece più, non ci pensò su due volte e se ne andò a Berlino da Rée. Se Nietzsche la prese male, Elisabeth la prese ancora peggio. Lou era appena partita quando fratello e sorella si scannarono tra loro: lui la accusava di avergli messo contro la donna che amava, lei lo accusava di aver disonorato il nome della famiglia legandosi a una donna di dubbia morale.
Nei mesi successivi, rotti i rapporti con la sorella, Nietzsche cercò di convincere Lou a raggiungerlo a Lipsia, anche a costo che lei si portasse dietro Rée, che ormai odiava come un pericoloso rivale. Per farle cosa gradita, si impegnò a musicare (era, in effetti, anche un musicista piuttosto dotato) alcune poesie che lei gli aveva lasciato e a farle eseguire dal prestigioso coro Riedel. Il progetto abortì, ma la buona volontà dimostrata convinse Lou a dargli un’altra possibilità. Andò effettivamente a Lipsia, ma insieme a Rée e alla madre di Rée, insieme ai quali divise un appartamento. Questa sistemazione scatenò ulteriormente la gelosia di Nietzsche e i suoi rapporti con Rée divennero sempre più conflittuali, mettendo molto in difficoltà Lou. Alla fine, Lou e Rée decisero di piantarlo e di tornarsene a Berlino.
In conseguenza all’abbandono di Lou, Nietzsche cadde in una profonda crisi che lo portò a condurre per parecchi mesi una vita girovaga fermandosi presso chiunque fosse disposto ad ospitarlo e meditando il suicidio. Tuttavia, la situazione finì per rivelarsi molto produttiva per il suo ingegno, perché gli fornì lo spunto per scrivere uno dei suoi capolavori, “Così parlò Zarathustra“, terminato nel 1885, nel quale i riferimenti a Lou e alla loro vicenda sono innumerevoli, come evidenziato nella più celebre biografia di Lou, “Mia sorella mia sposa” di H. F. Peters.
Nel tempo, diversi studiosi si sono interrogati sul peso che può aver avuto la vicenda di Lou nella genesi del collasso cerebrale che colpì Nietzsche nel 1889 e lo ridusse gradualmente prima alla follia, poi alla paralisi e alla catatonia, fino alla morte sopraggiunta nel 1900. Attualmente, si ritiene che il filosofo soffrisse di una patologia cerebrale di origine genetica, denominata sindrome CADASIL, caratterizzata da ripetute piccole emorragie e ischemie cerebrali che danneggiano gradualmente tutti i distretti del cervello. La diagnosi è ipotetica e si basa sulla constatazione del fatto che anche il padre e il nonno soffrirono di sintomatologie pressoché identiche alla sua.
Sicuramente, l’eccesso di lavoro cui si sottopose per alcuni anni e la sua vita personale infelice non lo aiutarono a stare meglio, anzi sicuramente aggravarono la patologia e favorirono l’insorgere delle sue manifestazioni.
Quella di Nietzsche non fu la sola tragedia legata al marriage a trois. Lou e Paul Rée provarono a vivere insieme senza intimità fino al 1884, ma il loro rapporto si deteriorò gradualmente, finché Rée la abbandonò, letteralmente, da un giorno all’altro. Non si rividero più, ma nel 1901 Rée fu ritrovato morto a Celerina, un paese svizzero sul fiume Inn, proprio nello stesso punto in cui era solito trascorrere pomeriggi interi con Lou quando stavano insieme.
Era caduto da una ripida parete di roccia e tutti pensarono che si fosse suicidato
In seguito, Lou visse diverse altre storie importanti, tra le quali vale la pena di ricordarne almeno tre. Nel 1887 accettò di sposare uno studioso di lingue orientali, che era anche medico, Carl Andreas, nato nel 1846. Fu praticamente costretta a farlo, perché Andreas minacciò di uccidersi se lei non lo avesse accettato e, visto che Lou ci metteva troppo tempo a decidersi, per dimostrarle che faceva sul serio, si piantò un pugnale nel petto, a rischio di ammazzarsi sul serio. Lou rispose allora che lo avrebbe sposato solo se il loro fosse rimasto un matrimonio bianco. Andreas, sorprendentemente, accettò: ma, quando andarono a vivere insieme dopo le nozze, assunse una giovane domestica, Maria, che divenne anche la sua amante, con il benestare di Lou. Maria seguì gli Andreas (che rimasero sposati fino alla morte di Carl, nel 1930) in tutti i loro spostamenti e partorì due figli. Uno dei due morì nell’infanzia, lasciando Andreas schiantato dal dolore. La figlia superstite, Mariechen, oltre a essere l’erede di Andreas, fu designata erede esclusiva anche del patrimonio di Lou, che non ebbe eredi diretti.
Un altro fu un medico austriaco nato nel 1868, Friedrich Pineles, che successivamente sarebbe diventato uno dei più importanti medici viennesi e avrebbe anche praticato la psicanalisi. Pineles fu il primo uomo con cui Lou ebbe una relazione completa e anche quello cui tornò ripetutamente quando le altre storie finivano. Per tutta la sua vita, durata fino al 1936, Pineles (da lei chiamato familiarmente Zemeck) desiderò sposare Lou ma non poté farlo, sia perché lei non volle mai lasciare Andreas, sia perché la sua famiglia non lo avrebbe mai perdonato se si fosse unito a una donna con la sua fama. Pineles non si sposò mai.
Il legame più importante di Lou dal punto di vista artistico è però quello con il poeta praghese René Maria Rilke, nato nel 1875.
Rainer Maria Rilke:
Oltre a indurlo a cambiare il proprio primo nome in Rainer, Lou gli restò accanto per quattro anni, dal 1897 al 1901. All’inizio della loro relazione, Rilke era un perfetto sconosciuto ma Lou intuì in lui delle straordinarie potenzialità e, oltre a farne il proprio amante, gli fece anche da mecenate, portandolo con sé in numerosi viaggi (soprattutto in Russia) e facendone esplodere la creatività. Rilke divenne in breve un poeta di grande successo (all’epoca, la poesia si leggeva molto più di adesso e i libri di poesie erano spesso dei bestseller) e ancor oggi è uno dei maggiori classici poetici di lingua tedesca del ‘900. Dopo la fine della sua storia con Lou, visse altre passioni sentimentali piuttosto infelici, come quella per la pittrice Paula Modersohn, ma la sua vena creativa non si inaridì. Restò legato a Lou fino all’ultimo: moribondo per una grave forma di leucemia, nel 1926, la mandò a chiamare convinto che lei conoscesse qualche “rimedio naturale” che potesse aiutarlo.
Negli ultimi anni di vita, resa gradualmente invalida da una malattia renale, Lou ebbe accanto due affezionati discepoli, il filosofo Josef König e un ex paziente sul quale aveva praticato la psicanalisi, Ernst Pfeiffer. In particolare, Pfeiffer, un reduce della Grande Guerra, diventò il suo confidente e l’uomo cui lasciò tutti i suoi scritti inediti e i suoi diari. Furono proprio König e Pfeiffer a riporre le sue ceneri nella tomba in cui era stato già seppellito Carl Andreas a Gottingen, dopo la sua morte, avvenuta il 5 febbraio 1937.