Lo “scandaloso” Bar Turrisi di Castelmola: l’esaltazione della virilità maschile

Arroccato sopra la meravigliosa Taormina, località fin troppo conosciuta per aver bisogno di presentazioni, c’è un piccolo gioiello, un borgo che incanta per la posizione e per il suo fascino antico, un luogo quasi senza tempo. E’ Castelmola, che si affaccia sulla sottostante Taormina e sul Mar Ionio, mentre lo sguardo si spinge fino a scorgere le coste della Calabria.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Panorama da Castelmola

Il fascino del borgo medioevale e l’amenità del paesaggio non sono però le uniche attrattive di Castelmola. Molti turisti salgono fin sù al paese per vedere un locale un po’ sui generis, il Bar Turrisi, gestito oggi dalla terza generazione della famiglia Turrisi.

Il Bar Turrisi con gli ombrelloni rossi

A dare l’avvio all’attività è stato Salvatore Turrisi (nonno dell’attuale proprietario), nel 1947, che lo ha fatto diventare nel tempo un inno alla virilità maschile, ma prima ancora una rappresentazione del mito della fecondità.

Secondo quanto racconta la gentile factotum del locale, Salvatore Turrisi era un grande appassionato di mitologia greca, che nel 1947 decise di aprire una sorta di bazar nei locali dove oggi c’è il bar. Lì raccoglieva oggetti della tradizione siciliana, come vecchi pupi, teste di moro, decorazioni di vecchi carretti siciliani, ma anche simboli fallici, in omaggio alla tradizione mitologica greca (forse rivisitata in salsa siciliana).

Interno del bar:

A visitatori ed amici era solito offrire il suo vino alla mandorla, un “elisir” nato da queste parti seguendo una tradizionale tecnica di origine greca, che pare abbia qualità afrodisiache.

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Il simbolo della Trinacria (la sicilia) in chiave fallica

Con il tempo il bazar si è trasformato in un bar, che ha conservato quel tratto così distintivo di giocosa esaltazione della virilità maschile. Un po’ perché gli amici, conoscendo questa passione del proprietario, regalavano oggetti a tema, e un po’ perché il signor Salvatore (come lascia intendere la signora che ci ha raccontato la storia) doveva essere un po’ fimminaro, come dicono da queste parti, ovvero grande amante delle bellezze femminili.

Dettaglio delle scale:

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A lui non andava tanto giù l’atmosfera che si viveva a Taormina già da fine ‘800, così tollerante con i molti omosessuali, in particolare stranieri, che l’avevano scelta come rifugio. Solo per fare un esempio, a Casa Cuseni, oggi Museo Ufficiale della Città di Taormina, un murale realizzato ai primi del ‘900 dall’artista britannico Sir Frank Brangwyn, illustra un amore omosessuale, un’assoluta novità nell’arte figurativa moderna. Quel murale fu tenuto nascosto per un secolo, per evitare di coinvolgere in uno scandalo Brangwyn, decoratore d’interni noto in tutto il mondo, quando ancora l’omosessualità era perseguita penalmente nel Regno Unito. Taormina era quindi un luogo famoso non solo per le sue bellezze naturali, ma anche per l’atmosfera permissiva, una sorta di Arcadia dove la “trasgressione” non comportava uno stigma sociale.

Panorama dal Bar Turrisi

Panorama del bar:

Più consono al carattere focoso dei siciliani era invece il racconto dell’amore sensuale vissuto proprio nei dintorni di Castelmola, tra impervi sentieri, vigne e casolari diroccati, dalla baronessa tedesca Frieda von Richthofen, moglie dello scrittore David Herbert Lawrence, autore dello scandaloso romanzo L’amante di Lady Chatterley (pubblicato nel 1928, subito ritirato per oscenità e tornato in stampa nel 1960).

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Il bancone:


La baronessa, a Taormina con il marito, bisognoso di un clima mite per la tubercolosi che se lo porterà via a soli 45 anni, soleva andare a trovare l’amica inglese Betty, in quel di Castelmola. Per raggiungere la villa, in località (guardacaso) Monte Venere, occorreva inerpicarsi per aspri sentieri, tanto che la signora Betty mise a disposizione dell’amica un mulo con relativo mulattiere, il giovane Peppino D’Allura. Un giorno, complice un temporale, la baronessa e il ragazzo furono costretti a rifugiarsi in un casolare: fu l’inizio di una storia di amore fisico (durata circa un anno e mezzo) tanto selvaggia – vissuta nei campi, nei vigneti, e in luoghi improbabili come la vasca di raccolta dell’uva – quanto ben conosciuta dagli abitanti di quei luoghi.

Belvedere di Castelmola

Frieda, assoluta assertrice dell’amore libero, raccontava al marito (e alle amiche) i particolari dei suoi incontri con il mulattiere, fin negli aspetti più intimi, tanto che Lawrence prenderà spunto per il suo romanzo proprio da quelle confessioni. Al tempo stesso il giovane Peppino rallegrava le serate all’osteria descrivendo agli amici le sue imprese amorose.


Possiamo immaginare che i gioiosi incontri tra la baronessa e il mulattiere fossero assai più apprezzati dai molesi rispetto alle scandalose relazioni omosessuali vissute a Taormina, anche se si tratta, in fin dei conti, di due facce di una stessa medaglia: il fuoco del vulcano, il turchese del mare, l’abbagliante luce del sole che scolora in languidi tramonti sono la cornice perfetta per ogni storia d’amore, di qualsiasi genere.

Tutte le fotografie sono di ©Laura Rubboli.


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