Liqian: l’Enigma della Città Cinese fondata dai Legionari perduti di Crasso

Carre, 53 a.C. Marco Licinio Crasso sta conducendo un esercito di circa 43.000 Romani all’attacco dei Parti, dominatori della zona dell’odierno Iran e Iraq, per gloria personale. Nonostante le sue vittorie contro le ribellioni in Italia, nonostante avesse già vinto lo schiavo Spartaco (con l’aiuto di Pompeo), il ricchissimo Crasso ha un prestigio militare infinitamente inferiore rispetto al glorioso Cesare e allo stesso Pompeo, con i quali divide i poteri del Primo Triumvirato Romano.

Sotto, Busto di Crasso conservato alla Gipsoteca di Copenhagen. Fotografia di Diagram Lajard condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:

A capo della provincia della Siria, Crasso sfrutta l’appello di Mitridate, fratello di Orode II, che vuole spodestare il parente dal trono condiviso della Partia. Insieme hanno ucciso il padre, Fraate III, e ora ognuno di loro vuole il potere per sé.

E’ l’occasione perfetta

Sotto, lo schema che mostra l’Impero Romano nel 56 a.C., con Carrhae evidenziata al suo estremo orientale. Immagine di Cristiano64 condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:

Crasso non ha difficoltà a mettere insieme un grosso contingente di guerrieri, provenienti da ogni angolo dell’Impero. Con sé porta il figlio, Publio Licinio Crasso, ma anche Gaio Cassio Longino, 9 anni dopo congiurato contro Cesare. A capo di circa 43.000 uomini, Crasso si inoltra imprudentemente nel deserto della Siria, stancando le truppe e mettendosi in un contesto di guerra aperta sfavorevole.

Sono 3 nobili parti a convincerlo, giunti orrendamente mutilati al suo cospetto, che questa sia la strategia migliore per distruggere l’esercito di Surena

Sotto, ricostruzione di una Legione Romana. Fotografia di Caliga10’s condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:

I 3 nobili in realtà sono degli impostori, che si sono volutamente fatti amputare naso, bocca e mani per convincere il Generale Romano a finire in trappola. Isolati nel deserto, i Romani sono facile preda di veloci attacchi degli arcieri a cavallo dei parti, che scagliano i propri dardi mortali e si danno alla fuga.

Gaio Cassio Longino (a destra) e gli altri congiurati pugnalano Cesare alle Idi di Marzo; particolare del dipinto di Vincenzo Camuccini, Morte di Giulio Cesare (1798), Fonte Wikipedia:

Provati dai lunghi scontri, e in numero inferiore rispetto alla compagine iniziale, quando i parti accettano lo scontro frontale i romani sono stanchi, con il morale già provato dalla guerriglia partica. Resistono a un primo attacco della Cavalleria Catafratta, circa un migliaio di nobili pesantemente corazzati, ma si fanno decimare dagli arcieri a cavallo. Publio Licinio Crasso, figlio del triumviro, guida i suoi 1.300 cavalieri Galli contro gli arcieri, tentando di interrompere quello sciame continuo di dardi mortali. Gli arcieri prima fuggono, poi accerchiano l’esercito di Publio e lo fanno massacrare dai Cavalieri Catafratti, che infliggono un incalcolabile danno all’esercito romano.

Sotto, lo schema della battaglia, con i romani in verde, i cavalieri catafratti in giallo e in puntini gli arcieri Parti:

Statuetta raffigurante un Arciere dei Parti:

Immagine di pubblico dominio

Marco Licinio Crasso accusa il colpo, anche affettivo, e si ritira, con le legioni rimaste, nella fortezza di Carre, l’odierna Harran, in Turchia. Qui le strade di Crasso e Cassio si dividono: il primo tenta la fuga dai Parti verso nord, sperando di tornare nell’Impero attraverso la Grecia, ma viene presto intercettato dai soldati di Surena e decapitato.

Leggenda vuole che, per sbeffeggiare Crasso, fu versato dell’oro fuso (simbolo della tracotante ricchezza del romano) nella bocca della testa mozzata

Sotto, il vittorioso Surena, statua conservata al Museo Nazionale dell’Iran:

Immagine di pubblico dominio

Cassio invece si salverà, passando dalla più lunga ma meno prevedibile via della Siria, tornando all’interno dei confini romani con circa 10.000 uomini. Soltanto l’intervento di una compagine in aiuto di Cassio riuscirà a ridurre i Parti all’interno dei loro territori, indietro sino all’Eufrate, sancendo però l’inizio di una serie di scontri che si protrarranno per circa 7 secoli.

Sotto, dislocazione delle legioni Romane nell’80 d.C., in cui si vedono i contingenti a protezione dei confini orientali, confinanti con il Regno dei Parti. Immagine di Cristiano64 condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:

E i soldati di Crasso?

I prigionieri di guerra, in quel periodo, erano risorse preziose, e raramente i conquistatori li massacravano indistintamente. Delle legioni di Crasso se ne trova traccia in cronache romane sino al 17 a.C., quando Ottaviano Augusto, ormai 36 anni dopo la battaglia, ottiene indietro le Aquile delle legioni sconfitte e concorda anche la liberazione dei prigionieri romani.

Sotto, Aquilifero come durante le guerre Galliche. Fotografia di Elliott Sadourny condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:

Degli uomini di Crasso e dei loro discendenti però non v’è traccia

Sotto, Aquila di una legione Romana, fonte Wikipedia:

Nasce qui il mistero che ci conduce nell’entroterra della Cina, a 7 mila chilometri da Roma e molto più lontano di qualsiasi sogno di conquista del più avido degli Imperatori Romani.

Liqian

Nel Regno di Mezzo esiste un piccolo paese, Liqian, che ha una forte componente occidentale, assolutamente anomalo per la regione. Molti abitanti hanno occhi azzurri o capelli biondi, oppure ancora un naso pronunciato, singolarità genetiche che in Cina si riscontrano in piccole percentuali su migliaia di persone, ma che qui sono costanti comuni.

Fotografia di Neil Carey condivisa con licenza Creative Commons 2.0 via Flickr:

Nel 1955, il professor Homer Hasenflug Dubs, dell’Università di Oxford, avanza la sua teoria più ardita: Liqian è l’ultima città nella quale si sono rifugiate le truppe di Crasso superstiti, prima fuggiti (o deportati) dai parti, e poi al servizio della dinastia Hun, avversari degli Han. Dagli annali di questi ultimi si segnalerebbero tecniche di guerra romane, come la testuggine, oppure l’uso della doppia palizzata con tronchi di legno, tipici elementi bellici di Roma, sconosciuti ai cinesi e impiegati durante la battaglia di Zhizhi, 17 anni dopo la disfatta di Crasso.

Liqian inoltre si pronuncia “Lijian” assonante alla parola “Legione”

Dalle ipotesi Dubs scrive un libro, “A Roman City in Ancient China”, che viene pubblicato nel 1957, ma di cui in seguito non si parla più tanto. Trascorrono gli anni e la genetica compie i suoi primi importanti passi. Negli anni 2.000 torna alla ribalta la storia della legione perduta di Crasso, e a Liqian iniziano a vedersi i primi monumenti della propria (non verificata) antica storia romana.

Tracce archeologiche e Genetiche

Nonostante la suggestiva ipotesi dell’aver ritrovato gli uomini perduti di Crasso, le tracce archeologiche della legione romana sono ancora assenti. Inoltre, Liqian si trova poco distante da uno degli itinerari dell’antichissima Via della Seta, il tracciato che collegava commercialmente l’Impero di Roma a quello della Cina. La via che sembra più probabile per identificare storicamente le anomalie genetiche degli abitanti di questa zona è l’analisi del DNA, che potrebbe fugare molti dubbi riguardo la genesi dei tratti occidentali degli abitanti.

Le legioni romane erano però tutt’altro che omogenee, e fra i legionari di Crasso c’era sicuramente un grande numero di Galli e di Greci, probabilmente anche un rilevante numero di genti “miste”. Come affermato da Yang Gongle, Storico presso l’Università Normale di Pechino: “Il DNA europeo degli abitanti di Yongchang non prova l’origine romana“.

In definitiva, senza prove archeologiche della presenza dei Romani in Cina, sarà quasi impossibile dimostrare che l’antica Testudo abbia davvero raggiunto le remote regioni ai margini del deserto del Gobi.

Sotto, un video del 2012 mostra alcuni abitanti durante rievocazioni storiche:

Fonti: le pagina di Wikipedia afferenti ai diversi argomenti trattati, Repubblica, Adnkronos.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...