L’incidente della latrina di Erfurt: 60 nobili annegati in un pozzo nero

A volte capitano incidenti che, se non fosse per l’epilogo drammatico, potrebbero destare ilarità e qualche commento a tema “giusta punizione”.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Non sappiamo come reagì il popolino di Erfurt quando seppe del cosiddetto “incidente della latrina”, ma se una cosa simile accadesse oggi probabilmente si scatenerebbe sul web una gara al commento più politicamente scorretto.

Perché le circostanze della morte di una sessantina di nobili, riuniti per questioni politiche in una chiesa (giustizia divina?), si tingono del colore dell’umiliazione.

Enrico VI – Dal Codex Manesse, 1300 circa

Enrico VI, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa, è Re dei Romani fin da quando ha quattro anni. L’erede segue fin da piccolo il padre nelle campagne militari, ne fa le veci quando il Barbarossa parte per la terza crociata, nel 1186 sposa Costanza D’Altavilla (evento non di poco conto, visto che dal matrimonio nasce Federico II, soprannominato lo “stupor Mundi”), e nel 1191 diventa imperatore.

Nel 1184, il 25 luglio per la precisione, Enrico si vede costretto a fermarsi nella città tedesca di Erfurt, in Turingia. E’ diretto con intenzioni bellicose verso la Polonia, ma una controversia tra Luigi III di Turingia e l’Arcivescovo di Magonza, Corrado di Wittelsbach, (seguita alla caduta in disgrazia del potente duca Enrico il Leone, cugino del Barbarossa), lo obbliga a convocare una Dieta a Erfurt, per tentare di trovare una mediazione tra i due rivali.

Mappa della città murata di Erfurt – 1700 circa


Proprio l’esilio di Enrico il Leone, che è il duca di Sassonia e Baviera, sovrano di un immenso territorio, fedelissimo del Barbarossa ma reo di non averlo aiutato nell’ultima campagna in Lombardia, toglie stabilità alla regione tedesca, frantumata in piccoli domini perennemente in lotta fra loro. Nel caso specifico, l’arcivescovo di Magonza aveva iniziato a costruire, nel 1180, un castello un po’ troppo vicino al confine con la Turingia, forse temendo un’invasione da parte di Luigi III, che dal canto suo riteneva quell’opera una provocazione, se non una minaccia.

La Dieta convocata da Enrico si riunisce al primo piano della canonica della Chiesa di San Pietro, all’interno della cittadella di Petersberg, dove sorge anche un monastero benedettino.

Chiesa di San Pietro

Immagine di GFreihalter via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Sono convenuti nobili provenienti da tutto l’impero e alti prelati. Difficile stabilire il numero di persone presenti, ma certamente sono tante, oltre un centinaio, perché la controversia coinvolge i vari signorotti schierati da una parte o dall’altra. Forse le assi del pavimento sono marce, forse i nobili, magari bardati con pesanti cotte di ferro, si agitano, fatto sta che il solaio crolla e molti dei presenti precipitano nel piano sottostante, dove sono collocate le latrine usate dai frati, insieme a una grande quantità di macerie.

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Edifici del monastero nel 1800 – La chiesa di San Pietro è in verde


Tutto quel peso disintegra anche il pavimento della grande latrina comune, un locale con panche di legno dotate di appositi fori, aperti  sulla fossa settica, che probabilmente veniva svuotata molto di rado.

Secondo le fonti contemporanee le vittime sono una sessantina: alcuni muoiono perché colpiti dalle macerie, altri invece annegano nei liquami del pozzo nero.

Una fine disonorevole per conti e burgravi

I più fortunati se la cavano con qualche ferita o piccole contusioni, come lo stesso Luigi III, che cade nel pozzo nero ma riesce a uscirne incolume, e nemmeno si prende un’infezione dopo aver nuotato tra i liquami…

Resta incolume anche l’Arcivescovo Corrado, che rimane aggrappato al davanzale di una finestra fino a quando non viene messo in salvo.

Nemmeno Enrico VI precipita giù, forse perché è seduto in una nicchia che ha il pavimento di pietra. Rimane lì finché non viene approntata una scala per farlo scendere. Vista la situazione, il futuro imperatore lascia immediatamente la città.

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Le cronache ufficiali dell’epoca omettono di specificare che molte delle vittime sono annegate in un pozzo nero e parlano più genericamente di fango…

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Per ironia della sorte, tra le vittime c’è il conte Heinrich I di Schwarzburg, personaggio rivale di Luigi III (sempre per motivi di confini) che aveva l’abitudine di esclamare, quando doveva mostrare il suo coraggio: “Se fallisco, possa io morire tra gli escrementi”. Probabilmente non si aspettava di essere accontentato.


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