Nel 1720, a Napoli andava in scena la serenata Angelica e Medoro, di Nicola Porpora su libretto di Pietro “Metastasio” Trapassi, alla sua prima prova teatrale. Lo spettacolo fu un successo, ma il merito era anche di un altro esordiente, di un quindicenne che rispondeva al nome di Carlo Maria Michele Angelo Broschi, in arte Farinelli.

Era un allievo di Porpora e le sue doti canore lasciavano presagire un futuro da protagonista indiscusso delle rappresentazioni liriche del Settecento. Quel giovane di bell’aspetto, colto e aggraziato tanto nei modi quanto nell’arte, negli anni successivi deliziò gli spettatori di mezza Europa e, con giudizio quasi unanime, passò alla storia come la più grande voce bianca mai esistita.

Le origini, la castrazione e l’esordio
Farinelli nacque ad Andria il 24 gennaio del 1705, da una famiglia agiata della nobiltà locale. Suo padre, Salvatore Broschi, uno stimato funzionario governativo con la passione per la musica, lo indirizzò fin da bambino al canto e, intorno al 1714, lo mandò a Napoli, dove raggiunse suo fratello maggiore Riccardo, che stava studiando da compositore nel Conservatorio di Santa Maria di Loreto. Nella scuola partenopea, Carlo si fece notare per il suo precocissimo talento, e il celebre maestro Nicola Porpora lo prese come suo allievo privato.

Seguirono anni di intensi studi ed è proprio al periodo napoletano che dovrebbe risalire la sua castrazione, ma non ne conosciamo la dinamica precisa, perché all’epoca era una pratica illegale e la si eseguiva in gran segreto, per poi giustificarla come conseguenza di una grave malattia o di un incidente.

La tesi più accreditata la colloca sul finire del 1717. Carlo aveva 12 anni, l’età limite per l’asportazione dei testicoli a scopi artistici, e suo fratello Riccardo, che era diventato il capofamiglia dopo la prematura scomparsa del padre, decise di mettere in cassaforte il suo talento e renderlo una voce bianca.

Al di là delle varie ipotesi, che, al massimo, retrodatano l’evento di un paio d’anni, Carlo proseguì la sua formazione canora e godette del mecenatismo dei Farina, una facoltosa famiglia di magistrati napoletani che omaggiò assumendo lo pseudonimo di Farinelli. Nel 1720 debuttò sotto la direzione di Porpora in Angelica e Medoro e fece amicizia con il librettista Pietro Metastasio, la cui stima reciproca durerà fino alla fine dei suoi giorni.

La consacrazione
Nel 1721 continuò a mietere successi e approvazioni, ma abbandonò il suo status di esordiente e si consacrò al grande pubblico nel gennaio del 1722, quando si esibì a Roma, al Teatro Alibert, nel dramma Sofonisba, musicato da Luca Antonio Predieri, e nel Flavio Anicio Olibrio, in cui, con i palcoscenici vaticani interdetti alle donne, ricoprì il suo primo ruolo femminile nei panni di Placida.

Così ebbe inizio la grande carriera di Farinelli, che, oltre ad attenersi ai libretti delle opere, amava dilettare le platee con spettacolari duelli musicali. Uno degli esempi più famosi è proprio del 1722, quando sfidò a tenere una nota altissima un trombettista tedesco che stava accompagnando una sua aria cantata. L’uomo riempì i polmoni e soffiò fino allo stremo delle forze, ma Farinelli continuò, ancora e ancora, finché, come ci tramandano gli storici, “fu messo finalmente a tacere solo dalle acclamazioni del pubblico”.

Negli anni successivi si esibì in varie città italiane ed europee, incluse Parma, Milano, Vienna e Bologna, con quest’ultima che arricchì la sua biografia con un altro aneddoto. Pare che nel 1727, Farinelli divise la scena con il più anziano Antonio Maria Bernacci, anch’egli castrato, e, come suo solito, si cimentò in gare di virtuosismi. Col Bernacci, però, trovò pane per i suoi denti, ma si trattò solo di una rivalità scenica. In privato il collega gli offrì tantissimi consigli per continuare a coltivare il suo meraviglioso talento.

Dall’Inghilterra alla Spagna
Un talento che, nel 1734, approdò al Lincoln’s Inn Fields di Londra. In quell’anno firmò un contratto con l’Opera della Nobiltà, una compagnia teatrale guidata dal principe di Galles Federico di Hannover e in aperto contrasto con la Royal Academy of Music, diretta da Georg Friedrich Händel e supportata da re Giorgio II.

Fra i due nobili non correva buon sangue e l’obiettivo dell’Opera era quello di surclassare l’Academy grazie all’apporto di Farinelli, che esordì il 29 ottobre cantando alcune arie composte dal fratello Riccardo.

Seguì una stagione di trionfi, che convinse gli impresari a rivedere il suo contratto e blindarlo con un cachet da favola di circa 5.000 sterline annue, una cifra a dir poco esorbitante per l’epoca.

In quasi due anni tenne testa a cantanti della fazione opposta del calibro del Caffarelli e del Senesino, entrambi grandi artisti del Settecento, ma la sua avventura londinese durò meno del previsto e, già nell’estate del 1736, si prese una pausa e si recò in Francia, dove, fra Parigi e Versailles, deliziò le orecchie di aristocratici, re e regine.

Anche se il 23 novembre tornò a Londra, Farinelli era stanco della contesa con l’Academy e, quando Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V di Spagna, gli fece recapitare un invito da Madrid, accettò senza indugio. Dopo un’altra sosta a Versailles, con un Luigi XV che lo onorò a suon di donazioni, giunse nella penisola iberica il 7 agosto del 1737.

Il ventennio spagnolo
Filippo V soffriva di una grave depressione e trascorreva le sue giornate a letto. Elisabetta voleva scuoterlo da quel male di vivere e pensò bene di affidarsi a una terapia musicale.
Chi meglio di Farinelli, il castrato dalla voce angelica che tanto aveva estasiato il pubblico di mezza Europa, poteva assolvere quel compito?

Detto, fatto. Entro il 30 agosto il suo canto riuscì a far breccia nell’apatia del sovrano, che non volle più separarsene. Lo convinse a prendere fissa dimora alla corte madrilena, ma, tecnicamente, il contratto con la compagnia londinese era ancora in vigore e il sovrano mise in campo tutta la sua influenza politica pur di invalidarlo.

Le trattative si conclusero a dicembre e Filippo ricoprì d’oro il suo nuovo cantante personale, cui concesse uno stipendio di circa 2.000 ducati, un appartamento a palazzo, carrozze, cavalli e beni materiali d’ogni sorta. In cambio chiese e ottenne che l’artista si ritirasse dai teatri e si esibisse solo per lui.

Per nove anni, il celebre cantante castrato si cimentò in performance private per la coppia reale, ma, quando Filippo morì, il 9 luglio del 1746, la fortuna gli sorrise ancora una volta e il suo successore, Ferdinando VI di Borbone, un grande appassionato di musica, così come sua moglie Maria Barbara di Braganza, lo tenne con sé e gli conferì la prestigiosissima Croce dell’antico Ordine di Calatrava.
Un onore che, fino a quel momento, era spettato solo all’alta nobiltà spagnola

Nella seconda parte del suo periodo iberico, Farinelli divenne un uomo di fiducia del re e sfruttò la sua influenza per ottenere la direzione dei teatri reali e favorire l’importazione del melodramma italiano. Ma il vento stava cambiando e la sua buona stella durò fino al 10 agosto del 1759, quando Ferdinando morì e gli succedette Carlo III.

A differenza dei suoi due predecessori, Carlo non amava la musica e guardava con forte sospetto a Farinelli, che, a suo dire, aveva ottenuto fin troppi privilegi.

Il nuovo re si occupò subito della questione e offrì al cantante la possibilità di mantenere i suoi stipendi, i titoli e i doni ricevuti, fra cui spiccavano un violino Amati e uno Stradivari, entrambi di inestimabile valore, in cambio della promessa di non mettere mai più mettere piede a corte.

Gli ultimi anni
Farinelli fece le valigie e, dall’autunno del 1759 all’estate del 1761, girovagò per l’Italia. Infine, si stabilì a Bologna, dove s’incamminò sul viale del tramonto. Anche se i fasti della giovinezza erano lontani, nella sua villa visse negli agi e nel lusso, omaggiato da visite di ospiti illustri del calibro di Casanova, Mozart, nobili e sovrani da ogni dove.

Ormai anziano e malinconico, il 12 aprile del 1782, seppe della morte del suo caro amico Metastasio, con il quale aveva condiviso l’esordio a teatro. Non gli sopravvisse a lungo e, dopo una vita di successi e di gloria, il 15 luglio di quell’anno, il sipario calò anche sul grande Carlo Maria Michele Angelo Broschi.

Nel 2006, un’equipe congiunta delle università di Bologna, Pisa e New York ha dissotterrato i suoi resti e li ha prelevati per eseguire degli studi sul DNA. Il compito di questi scienziati è di scoprirne i segreti, partendo da come la castrazione abbia influito sulla crescita delle ossa.

In attesa di qualche risultato concreto, possiamo dire che il giudizio artistico su di lui è quasi unanime. Farinelli è stato la più grande voce bianca della lirica, ma per noi posteri è difficile rendercene conto, perché se di altri geni della musica, come Mozart o Beethoven, esiste un modo per ascoltare la loro arte, di lui non sappiamo niente. E allora, non ci resta che leggere le testimonianze di chi l’ha conosciuto e sfruttarle per immaginarcelo sul palco. Qualunque fosse il suo timbro, la sua intonazione, la sua capacità di tenere una nota, Farinelli era estasi canora.
Fonti:
Farinelli – Enciclopedia Treccani
Farinelli – Enciclopedia Britannica
Farinelli – Wikipedia italiano
Farinelli – Wikipedia inglese
Esumazione del Farinelli – Servizio del TG3 disponibile su YouTube