“Quando nasce un bambino nascono anche una mamma e un papà”, questa frase vi sarà riecheggiata nelle orecchie tante volte, pronunciata da esperti, parenti, amici come un mantra e alla fine vi sarete resi conto che non ci sia niente di più vero.
Alla nascita, o forse, già durante la gravidanza, le domande, i dubbi e le perplessità che attanagliano i futuri genitori sono tante, ecco che in poco tempo vengono sommersi da emozioni profonde, aspettative e soprattutto responsabilità. È chiaro che ognuno di noi voglia il meglio per i propri figli a partire dalla salute fisica e mentale, all’educazione, così come il voler creare un ambiente familiare “sano” e in un certo senso “protetto”, che faccia crescere i bambini al sicuro e in modo sano.
Fino a qui potrebbe sembrare tutto nella norma, ma da lì ad avere delle aspettative troppo elevate o dare eccessiva importanza alle apparenze il passo è breve.

Perché parliamo di questo? Federica, durante il suo intervento nella conferenza annuale della nostra associazione, (per chi lo desiderasse è possibile vedere l’intero evento sulla nostra pagina Facebook), ha spiegato di come, in questi primi anni di vita di Elena, abbia notato, molto spesso, la volontà di mettersi in mostra da parte di genitori con bambini poco più grandi. In Cina la competizione è sempre stata molto alta, gli adulti rivestono nei più piccoli numerose aspettative fin dalla nascita, non a caso nel paese il numero di centri educativi per bambini in fascia pre-scolastica continua ad aumentare. Non è nostra intenzione fare un confronto tra il sistema scolastico italiano e quello cinese, non è questa la sede, vorremmo invece far capire a voi che ci state leggendo come molto spesso si tenda a focalizzarsi sul risultato, su ciò che i nostri figli sanno fare, a elogiarli e magari vantarsi davanti a tutti, perdendo di vista i nostri obiettivi reali.
È capitato più volte di sentire i genitori chiedere al bambino come si dice una determinata parola in inglese, solo perché Federica, essendo straniera, potesse sentire. Oppure le solite frasi che si sentono dire: “Mio figlio sa i numeri fino al 10 in inglese”, “Mio figlio conosce i colori” e cose del genere, ma siamo sicuri che questo modo di fare sia corretto? Stiamo dando importanza al percorso di crescita che sta facendo il nostro bambino o vogliamo solo metterci in mostra? Il fatto di sapere i numeri significa che una persona conosca quella lingua?
Con questo non vogliamo dire ciò che è giusto o sbagliato, ma rendere i genitori più consapevoli. “Cos’è meglio per mio/a figlio/a? Di cosa ha bisogno? Sto tenendo conto delle sue necessità o sto seguendo quella strada solo perché sembra quella meno in salita?”
Sia che si parli di una lingua straniera, che di altre conoscenze, ciò che dovremmo avere ben chiaro è l’approccio da utilizzare. E voi direte, “beh, questo compito spetta all’ insegnante”, è vero anche quello, ma i primi maestri nella vita di un bambino sono proprio i genitori.
In che modo quindi possiamo aiutare i nostri figli?
Partiamo con l’osservarli, quello che nel Metodo ACA viene definito “ascolto”. Mettersi in ascolto dell’atro, individuandone le necessità, i bisogni, prendersi del tempo per osservarlo. Secondo passo: comunichiamo. La “comunicazione”, definita lo strumento privilegiato dell’atto comunicativo. Mettiamoci nei loro panni, vediamo dalla loro prospettiva. Una volta seguiti questi step, possiamo agire, in che modo? Saranno i bambini a indicarci la strada. Nostro figlio mostra interesse per i libri? Benissimo, proponiamogli dei bei momenti di lettura in insieme. Gli piace sperimentare cose nuove? Presentiamogli attività di manipolazione con farine diverse o granaglie. Sembra voler comunicare in un codice tutto suo? Iniziamo a utilizzare una lingua diversa da quella che parlata solitamente.
Non perdiamo di vista il nostro obiettivo: quando nostro figlio impara l’inglese per voi è importante che assimili un’infinità di vocaboli o che sia in grado di comunicare? Se scegliete la seconda opzione, optate per un approccio comunicativo: come potete fare? Iniziate a utilizzare la lingua scelta nella quotidianità, affiancandola alla prima lingua.
Il Metodo ACA ribadisce l’importanza del partire dal proprio corpo, questo permette di mettersi in relazione con le altre persone e dare vita a degli scambi comunicativi. Possiamo, quindi, provare a proporre dei giochi o dei percorsi motori dando le istruzioni in inglese. Sia che si tratti di un singolo o di più persone, se la relazione che lo lega all’adulto è molto forte, allora il primo o i primi saranno motivati a imparare una nuova lingua. Per un approfondimento si legga l’articolo: “Comunicare in una nuova lingua: relazione, linguaggio e apprendimento” .
Ciò che ci sentiamo di sottolineare, in questa occasione, è quanto sia fondamentale avere chiari gli obiettivi da raggiungere e l’adottare una strategia, nonché una metodologia adeguata, focalizzata sulle relazioni e sull’ascolto dell’altro. Il bisogno principale è quello di osservare il bambino per poter capire quali siano le sue necessità e capire come aiutarlo, prendersi per mano vicendevolmente, il più delle volte sarà lui ad accompagnarvi in questo nuovo percorso.
Avete qualche dubbio o domanda da farci? Scriveteci alla nostra mail: associazione.aca2017@gmail.com oppure sulle nostre pagine Facebook e Instagram, saremo lieti di rispondervi!
a cura di Haidi Segrada e Federica Mascheroni