Lettera dalla Mesopotamia: il primo Reclamo fu scritto 3750 anni fa

C’erano una volta i negozi sotto casa e i mercati rionali. Vien da pensare a bei tempi quelli, ormai lontani, quando il rapporto fra venditore e consumatore era diretto, gli eventuali reclami si facevano a voce, e tutto si risolveva presto e di persona, almeno nella maggior parte dei casi.

Oppure no?

In realtà, è ragionevole pensare che le lamentele dei clienti siano nate insieme al commercio stesso, ma è difficile immaginare un acquirente insoddisfatto che si prende la briga di incidere un’indignata lettera di reclamo su di una tavoletta d’argilla (che poi bisognava cuocere per “fissare” i segni), con l’indispensabile stilo e nella complicatissima scrittura cuneiforme, composta all’inizio da un migliaio di segni, poi ridotti con il tempo a solo poche centinaia.

La tavoletta destinata a Ea-Nasir

Fonte immagine: British Museum

Probabilmente, la più antica lettera di reclamo che si conosca, risalente all’incirca al 1750 a.C, non fu composta personalmente dal mittente, ma piuttosto da uno scriba: in Mesopotamia, dove si svolse tutta la faccenda, la scrittura era appannaggio della sola casta degli scribi. Mestiere difficile e di grande responsabilità, che si tramandava da padre in figlio, e garantiva una invidiabile posizione sociale.

Doveva essere arrabbiato, e parecchio, un certo signor Nanni, che visse nell’antica città di Ur, in Mesopotamia (oggi in Iraq). Aveva ordinato a un tale chiamato Ea-nasir una partita di lingotti di rame di “ottima qualità”, ma la merce si era rivelata invece scadente.
Ea-nasir era, come si definirebbe oggi, un grossista: andava nel Golfo Persico per acquistare rame da rivendere in Mesopotamia.

La tavoletta in mostra al British Museum

Fonte immagine: Qualiesin via Wikipedia – licenza CC BY-SA 4.0

In un’occasione si accordò con Nanni per vendergli dei lingotti del pregiato metallo, ma poi, chissà perché (era un imbroglione, o attraversava un momento di difficoltà? Non lo sapremo mai…), trattò male l’affare, tanto da indurre l’arrabbiato cliente a scrivere una lettera di reclamo, che suona più o meno così:

Dillo a Ea-nasir: Nanni invia il seguente messaggio:
Quando sei venuto, mi hai detto quanto segue: “Darò a Gimil-Sin lingotti di rame di ottima qualità”. Poi sei partito ma non hai fatto quello che mi avevi promesso. Hai dato al mio incaricato (Sit-Sin) dei lingotti che non erano buoni e hai detto: “Se vuoi prenderli, prendili; se non vuoi prenderli, vattene!”

Per chi mi prendi, che tratti uno come me con tale disprezzo? Ho inviato dei messaggeri a ritirare la borsa con i miei soldi, ma mi hai trattato con disprezzo rimandandoli da me a mani vuote, più volte, e attraverso un territorio nemico. […] Prendi atto che (d’ora in poi) non accetterò rame che non sia di ottima […] ed eserciterò contro di te il mio diritto di rifiuto perché mi hai trattato con disprezzo.

La traduzione di questa, e di molte altre tavolette commerciali e private, si deve a uno dei più importanti studiosi di scrittura cuneiforme e assirologia, A. Leo Oppenheim, che nel 1967 pubblicò Lettere dalla Mesopotamia.


Secondo lo storico Robert G. Hoyland, che sposta la data della contesa alla fine del 19° secolo a.C, Ea-nasir era un commerciante attivo nella non ancora identificata regione di Magan (forse nell’attuale Oman, o in Yemen, se non in Sudan o in Pakistan), ricca di rame e diorite:

“Si presenta come un personaggio un po’ senza scrupoli, o forse caduto in un momento difficile della sua attività, perché ci sono un certo numero di lettere arrabbiate dai suoi clienti di Ur”.

La tavoletta, rinvenuta a Ur nel 1953, si trova oggi al British Museum.


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