L’Educazione dei bambini per gli Antichi Romani

L’educazione nell’antica Roma era organizzata in modo diverso rispetto al giorno d’oggi. Questo è ciò che potremmo affermare dopo un’analisi superficiale. In questa riflessione cercheremo di capire meglio se le cose sono effettivamente cambiate molto oppure no.

Fino dalla fanciullezza l’educazione dei bambini era affidata alla madre. Successivamente, una volta raggiunta una discreta autonomia, le famiglie benestanti si affidavano a un pedagogo, mentre le famiglie povere dovevano accontentarsi di mandare i propri figli in una scuola che tutto poteva essere fuorché un luogo di reale apprendimento. Infatti, i maestri erano sottopagati, ma la cosa peggiore è che il ruolo dell’insegnante, non solo non era considerato ma che, a causa della retribuzione minima, spesso ricorrevano ad altri mezzi di sostentamento come quello dello scrivano pubblico.

Questo “stile di vita” perdurò per tutta l’età repubblicana per poi mutare solo con l’avvento dell’epoca imperiale grazie all’imperatore Vespasiano, il quale riconobbe l’importanza della professione dell’insegnante, nonché il suo ruolo educativo, riconoscendo un vero e proprio stipendio annuo al maestro. Bisogna sottolineare, comunque che, nonostante questo, anche i luoghi dell’educazione lasciavano molto a desiderare; infatti le aule erano spesso spazi angusti dove bambini e ragazzi dai sette ai tredici /quindici anni si accalcavano senza distinzioni di sesso ed età.

L’Imperatore Vespasiano, fotografia di Carole Raddato via Wikipedia CC BY-SA 2.0:

Ma non solo, le punizioni venivano elargite spesso e gli orari di frequenza non aiutavano certo l’apprendimento: si iniziava all’alba. È bene sottolineare, inoltre, che non si poteva certo parlare di “metodo di insegnamento e/o di studio”: il sistema era per lo più meccanico e mnemonico. La scrittura, la lettura e il far di conto (elementi base) erano resi davvero difficoltosi e continuò così per lungo tempo, fino a quando alcuni imperatori del II secolo d.C. come, ad esempio, Adriano, cercano di favorire la divulgazione del sapere e lo sviluppo dell’insegnamento.

Sempre durante il II secolo a.C., durante l’epoca della conquista sulla Grecia, i romani si resero finalmente conto che di quanto fossero arretrati rispetto ai loro cugini greci. A seguito di questa constatazione Roma iniziò a fondare scuole simili a quelle greche e si introdussero materie come la grammatica, la retorica e l’arte dell’eloquenza, utilizzando in prima battuta la lingua greca e, successivamente anche il latino. In seguito, durante il periodo della repubblica romana Caio Mario (157 a.C. – 86 a.C.) si prodigò affinché l’uso del latino venisse divulgato il più possibile, ma lo stato ancora oligarchico in cui si trovava Roma non lo permise.

Bisognerà attendere Cicerone e i suoi trattati di retorica perché le scuole di eloquenza possano riaprire. In ogni caso, l’insegnamento della retorica rimase appannaggio di pochi. In età imperiale, inoltre, la retorica si tramutò semplicemente in un esercizio di astratta eloquenza. Sintetizzando, possiamo dire che nel centro di Roma il dibattito pubblico era stato proibito già nel 161 a.C. e tacciato addirittura come pericoloso nel 153 a.C. In ogni caso, anche se le scuole di grammatica e retorica venivano frequentate da giovani benestanti, l’insegnamento dell’eloquenza fu ridotto a pura formalità. La conseguenza fu che le arti liberali rimanevano insegnamenti poco approfonditi.

In sintesi i romani consideravano le discipline come la musica, la storia, l’astronomia, la mitologia, solo per citarne alcune, assolutamente poco necessarie per la vita pratica, per cui, una volta preparato, il ragazzo era chiamato a dar prova di sé in pubblico attraverso l’arte di “orator” e nelle arringhe chiamate “controversie”.

E oggi troviamo che le cose siano tanto cambiate?

L’educazione al tempo dell’impero romano, non sembra poi tanto differente rispetto ai giorni nostri. Questa affermazione potrebbe apparire azzardata ma, se ci pensiamo bene, non lo è. Abbiamo dovuto attendere l’arrivo della scuola dell’infanzia, prima denominata scuola materna, prima ancora “asilo”, perché i bambini più piccoli avessero la possibilità di crescere in un ambiente educativo e, soprattutto che questo ambiente fosse riconosciuto. Fino ad allora, l’educazione era compito della madre.

Noi diamo per scontato che la scuola dell’infanzia sia un passaggio naturale per qualsiasi bambino ma non è così neppure oggi. Mentre scrivo Anno Domini 2022, la scuola dell’infanzia non è stata riconosciuta come scuola dell’obbligo, come invece lo è la scuola primaria (la scuola elementare, per intenderci) e, ancora oggi, molti bambini non frequentano tutto il percorso dei tre anni, a volte è saltuario, proprio perché considerato facoltativo.

E’ inutile sottolineare quanto questo pensiero (ancora radicato in Italia) sia sbagliato. Qualsiasi manuale di pedagogia afferma e sottolinea che la scuola dell’infanzia è un importantissimo fattore educativo per lo sviluppo armonico della personalità infantile. Oltre a questo, bisogna ricordare che le scuole dell’infanzia sul nostro territorio nazionale solo per lo più paritarie (cioè private – quindi a pagamento – anche se legalmente riconosciute) e non pubbliche. Le scuole primarie, invece, sono state rese scuole dell’obbligo e, per questo, lo Stato sopperisce al bisogno sui vari territori.

In effetti, già durante il periodo dell’impero, le scuole primarie diventarono pubbliche e a carico delle amministrazioni cittadine. Dopo molti secoli possiamo osservare che la situazione non è poi cambiata molto in termini “organizzativi”. Ora abbiamo la scuola media (o secondaria di primo grado) che precede la scuola superiore (o secondaria di secondo grado) e, successivamente troviamo l’università. A parte le differenze che possiamo riscontrare nel calendario (nell’antica Roma l’anno scolastico iniziava a marzo, c’erano delle vacanze nei giorni festivi e ogni nove giorni), il resto non cambia molto: l’orario prevedeva sei ore di lezione, c’era una pausa pranzo dopo la quale si tornava a scuola e si riprendevano le lezioni pomeridiane.

Bambini giocano in uno dei mosaici di Piazza Armerina. Fotografia di José Luiz Bernardes Ribeiro via Wikimedia Commons

Le scuole medie erano contemplate sotto la guida del “Grammaticus” dove gli studenti imparavano le lingua e la letteratura greca e latina oltre che geografia, storia, fisica e astronomia. Il popolo romano era un popolo bilingue poiché il ragazzo uscito dalla scuola del Grammaticus poteva vantare una conoscenza completa del latino e del greco. Il terzo grado di istruzione era condotto dal rhetor, ovvero al maestro di eloquenza. In questo periodo si perfezionava la conoscenza degli insegnamenti precedenti e ci si preparava alla vita pubblica ampliando la propria cultura. Gli allievi erano spronati con esercizi scritti e orali.

Conclusioni

In prima analisi, Il sistema scolastico nell’antica Roma rispetto a quello attuale potrebbe apparire molto differente ma non è proprio così, soprattutto se consideriamo quanto tempo è trascorso dal periodo dell’Impero Romano. Tutto sommato questa riflessione ci fa capire che abbiamo tanta strada ancora da percorrere per migliorare, crescere e considerare che l’istruzione e l’educazione partono dalla primissima infanzia e che questo non può considerarsi “facoltativo”. E voi, cosa ne pensate?


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