Le terrificanti esecuzioni dei Nobili della Congiura di Capaccio

Nell’aprile del 1246, i nobili arroccati nel castello di Capaccio videro comparire all’orizzonte un esercito con le insigne e i drappi imperiali.

Federico II di Svevia li aveva mandati lì per catturare tutti coloro che avevano complottato contro di lui

Federico II di Svevia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’assedio durò fino a luglio, quando i congiurati si arresero e il sovrano fece ben 150 prigionieri. Fra di loro spiccava un numero consistente di aristocratici provenienti da tutt’Italia, da nord a sud, passando per i territori dello stato pontificio, dove regnava il sobillatore che aveva ordito l’evento:

Papa Innocenzo IV

Papa Innocenzo IV – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Fra Chiesa e Corona non correva buon sangue, ma la congiura aveva origini precise, che risalivano agli anni dell’ascesa al trono di Federico e ai vari contrasti con i predecessori di Innocenzo. La congiura di Capaccio fu la goccia che fece traboccare il vaso, e i traditori subirono delle punizioni atroci, ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire perché il Sommo Pontefice aizzò contro l’Imperatore dei nobili che, fino a quel momento, erano stati degni della sua fiducia o avevano ricoperto cariche di grande prestigio.

La scomunica di Federico II al Concilio di Lione – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Onorio III e la Lega Lombarda

Quando Federico II era ancora solo re di Sicilia, il papa in carica era Innocenzo III, un grande sostenitore della ierocrazia, ovvero di un ordinamento politico fondato sul predominio della casta ecclesiastica. In poche povere significava che, in quanto depositaria del volere divino, la Chiesa aveva il diritto di imporsi al di sopra del potere temporale, incluso quello della corte federiciana.

Papa Innocenzo III – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Innocenzo morì il 16 luglio del 1216 e gli successe il più cauto Onorio III, che concesse a Federico II il titolo di imperatore del Sacro Romano Impero. Seguirono anni di calma apparente, in cui il sovrano si dedicò al suo famoso mecenatismo e al rinnovamento delle istituzioni nel meridione, inclusa l’introduzione del diritto romano, ma la pace non durò a lungo.

Papa Onorio III incorona Federico II imperatore a Roma il 22 novembre del 1220 – Immagine di pubblico dominio

L’Italia era un mosaico politico molto frastagliato e vari Comuni del nord si riunirono nella Lega Lombarda, un’alleanza militare volta a contrastare l’egemonia dell’imperatore.

Le città che aderirono alla prima e alla seconda Lega Lombarda – Immagine di Medhelan condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Il Sommo Pontefice, che aveva come priorità la riconquista di Gerusalemme, intervenne e cercò di sedare gli animi. La nobiltà rientrò nei ranghi e, almeno a parole, il mondo cristiano si pacificò; un successo che permise alla Sede Apostolica di indire la quinta crociata. Ma non tutto andò secondo i piani e Federico, chiamato nella lotta al mondo Musulmano in virtù del suo titolo, scelse di non parteciparvi, con il risultato che la campagna fu un completo disastro.

Papa Onorio III – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La 1ª scomunica e la Sesta Crociata

Onorio III morì nel 1227 e gli succedette Gregorio IX, che, come il suo predecessore, fomentò un nuovo intervento in Terra Santa, questa volta con in testa l’imperatore. Federico aveva già da tempo intrapreso delle ottime relazioni diplomatiche con il sultano al-Malik al-Kamil e poco lo entusiasmava l’idea di inimicarselo.

Papa Gregorio IX – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Alla fine la ebbe vinta Gregorio e, l’8 settembre del 1227, Federico partì controvoglia da Brindisi. Il viaggio durò poco e a bordo scoppiò un’epidemia, che rese necessario rimandare la spedizione. Quando la notizia giunse in Vaticano, il papa perse la pazienza e scomunicò l’Imperatore, che, per farsi perdonare, il 28 giugno del 1228, riorganizzò le truppe e, finalmente, salpò alla volta di Gerusalemme. Approdò in Terra Santa tre mesi dopo e, l’11 febbraio del 1229, si accordò col sultano per un compromesso senza spargimenti di sangue.

Federico II e il sultano al-Malik al-Kamil – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Al-Malik cedette il possesso della città ai cristiani, a esclusione di alcuni luoghi sacri del mondo islamico, primi fra tutti la moschea di Omar e la Cupola della Roccia. Per Federico, invece, fu un successo su tutti i fronti, perché nel 1225 aveva sposato in seconde nozze Jolanda di Brienne, legittima erede al trono di Gerusalemme, il che lo rendeva, di diritto, il nuovo sovrano del Santo Sepolcro.

Il matrimonio di Federico II con Jolanda di Brienne – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

A Gregorio questa cosa non andò giù e, pur di porre un freno al potere dell’imperatore, ordinò alle milizie vaticane di marciare sulla Sicilia. Lo scontro si protrasse fino al 1230, quando il papa revocò la scomunica e rinsaldò i rapporti fra Chiesa e Corona.

Gregorio IX scomunica Federico II – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Finiti i dissidi con il clero, Federico dovette far fronte al ritorno di fiamma della Lega Lombarda, alla quale inflisse una durissima sconfitta a Cortenuova, il 27 novembre del 1237. Per festeggiare mandò a Roma un carro con sopra le insegne della città appena conquistata, il Carroccio, ma il popolo, che mal digeriva la dominazione papale, si infervorò e diede inizio a una rivolta.

Miniatura medievale raffigurante l’ingresso trionfale di Federico II a Cremona dopo la vittoria a Cortenuova (1237) – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Innocenzo IV, il Concilio di Lione e la 2ª scomunica

Negli anni successivi, Chiesa e Impero giunsero di nuovo ai ferri corti, ma Gregorio morì il 22 agosto del 1241 e, fatta eccezione per i 16 giorni di pontificato di Celestino IV, il soglio di Pietro restò vacante fino al 1243. In quei due anni di vuoto di potere della Sede Apostolica i sacerdoti andarono in cerca di un ministro di Dio capace di tener testa a Federico II e di ridimensionare la sua influenza.

Quel qualcuno rispondeva al nome di Innocenzo IV

Papa Celestino IV – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il Santo Padre non perse tempo e, sul finire del 1244, convocò un concilio che si aprì l’anno successivo a Lione. Gli argomenti all’ordine del giorno erano cinque, ma il più importante aveva per protagonista Federico II, colpevole, a dire del clero, di reiterati soprusi ai danni del potere spirituale. Le sedute terminarono il 17 luglio e il sovrano ne uscì scomunicato e deposto in qualità di apostata e traditore.

Innocenzo IV al Concilio di Lione attorniato da vescovi, miniatura del XIII secolo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La sentenza era già di per sé grave, perché, sulla carta, la Chiesa aveva smesso di considerarlo un monarca e ciò legittimava i sudditi a insorgere contro di lui, ma da Lione era partita anche una congiura per assassinarlo. Ne venne a conoscenza a settembre, attraverso dei documenti ritrovati dai suoi uomini in un convento nei pressi di Parma. Federico si precipitò nella città emiliana e, al suo arrivo, seppe che Bernardo Orlando Rossi, suo alleato nell’Italia settentrionale e cognato di Innocenzo, era fuggito insieme a delle guardie papali.

Miniatura del XIV secolo raffigurante l’ imperatore Federico II scomunicato da papa Innocenzo IV – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La congiura di Capaccio

A quel punto gli parve chiaro che l’ordine fosse partito dal Vaticano e si ritirò a Grosseto per trascorrervi l’inverno e meditare sul da farsi. Per un po’ la situazione parve calmarsi, ma, nel marzo del 1246, un emissario del conte Riccardo Sanseverino di Caserta, uno dei suoi fedelissimi, lo informò che le macchinazioni papali si erano rimesse in moto- gliene aveva dato notizia Giovanni di Presenzano-  e che, in Umbria, un esercito con in testa il cardinale Ranieri di Viterbo stava penetrando nei territori imperiali.

Quando udirono le parole del messaggero, i congiurati lì presenti abbandonarono la corte di Grosseto e si diedero alla macchia

Ritratto del cardinale Raniero Capocci da Viterbo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’esodo dei nobili fu la dimostrazione che il complotto aveva radici molto profonde e l’Imperatore ordinò all’esercito di attaccare il Cilento, dove si erano rifugiati gran parte dei traditori. Nel giro di poco tempo caddero i forti di Sala Consilina e Altavilla Silentina, e i superstiti ripiegarono nel castello di Capaccio. La vicenda si concluse con un assedio di circa tre mesi, in cui i soldati federiciani sabotarono le cisterne per l’abbeveraggio e lasciarono i cospiratori senz’acqua. Il torrido caldo di luglio fece il resto e i prigionieri furono circa 150.

I resti del castello di Capaccio – Immagine di Liberotag73 condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Durante gli interrogatori saltarono fuori tante conferme, incluso il coinvolgimento del papa, attestato da alcuni documenti e da confessioni ottenute non sotto tortura. Il sovrano decise di vendicare l’affronto con una punizione esemplare. Tutti i cospiratori erano nobili che avevano ricoperto per lui almeno un incarico di grande prestigio e per questo li considerò alla stregua dei parricidi, ovvero di coloro che si erano macchiati dell’omicidio di un padre.

La scomunica di Federico II a Lione nel 1245 da parte di papa Innocenzo IV – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Come si è detto, in Sicilia, il re aveva introdotto il diritto romano e la legge contro i parricidi, la cosiddetta lex pompeia, che giudicava tale atto un crimine contro natura, con esecuzioni che, di conseguenza, dovevano richiamare i quattro elementi naturali: l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra.

I nobili non avrebbero immaginato a cosa andavano incontro. Per prima cosa fece loro tagliare le mani, amputare le gambe e tagliare il naso, poi li fece accecare con dei tizzoni ardenti.

Il prosieguo, però, fu molto più terribile del preambolo

Statua di Federico II di Svevia – Immagine di Hedwig Storch condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Da una lettera di Terrisio d’Atina, uno dei letterati della corte federiciana, apprendiamo che alcuni furono legati ai cavalli e trascinati a morte per quella stessa terra che “avevan voluto cospargere di sangue innocente“. Altri furono chiusi in dei sacchi e gettati a mare perché “avevan voluto propinare ai fedeli il calice dell’amarezza“. Altri ancora finirono impiccati per aver “corrotto l’aria nel comunicarsi il nefando proponimento” o andarono al rogo, dove le fiamme avvolsero coloro che avevano “estinto il fuoco della fedeltà“.

Quanto a Tebaldo Francesco, il monarca gli riservò un trattamento esclusivo. Tebaldo era stato uno dei suoi fedelissimi, innalzato fino alle più alte cariche dell’Italia settentrionale, e Federico lo trasformò in un monito a non sfidare mai più l’autorità imperiale. Gli inchiodò alla fronte una lettera in cui Innocenzo lo esortava a portare a termine la congiura, poi lo fece accecare, mutilare del naso, delle braccia e delle gambe, e, infine, ciò che ne restava fu messo su di un carro che andò girando di città in città con questo proclama:

Guardate quest’uomo mostruoso e fate in modo che la pena inflitta a questo folle ammaestri il vostro animo e la vostra mente, perché non abbiate mai a dimenticare ciò che vedeste, e conserviate a lungo il ricordo di un giusto giudizio“.

Difficile sapere quanti di questi resoconti siano aderenti alla realtà. All’epoca le amputazioni erano spesso causa di morte immediata, quindi dei 150 nobili coinvolti molti morirono certamente prima delle torture della terra, dell’acqua. dell’aria e del fuoco. Ma tali dettagli “statistici”, se così vogliamo definirli, all’epoca non venivano registrati.

Molte delle più grandi famiglie della nobiltà italiana persero i loro membri di spicco e, in particolare, i Fasanella, i Morra e i Sanseverino subirono pesanti ridimensionamenti. I territori più colpiti dalle sentenze furono quelli del Cilento, dove risiedevano i signori dei tanti comuni che avevano supportato i piani del papa.

Secondo alcuni storici, a Capaccio Federico fece prigioniere anche le donne presenti al castello e le vendette come schiave. Qualcuno si salvò; ad esempio Pandolfo di Fasanella e Giacomo di Morra trovarono rifugio a Roma e si misero al servizio di Innocenzo IV.

Federico II di Svevia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Chiuso il triste capitolo di Capaccio, i contrasti con il papa continuarono fino al 13 dicembre del 1250, quando il monarca si spense in circostanze mai chiarite. Quel giorno se ne andò colui che la Chiesa considerava l’anticristo. Per altri Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero, re di Sicilia e di Gerusalemme, fondatore dell’università di Napoli a lui intitolata, era stato un grande mecenate dell’arte e della cultura.

Era stato lo stupor mundi, lo stupore del mondo

Il figlio di Federico II, Manfredi, lo soffoca nel letto, celebre miniatura medievale

Fonti:

Federico II, lo stupor mundi – Storica National Geographic

Congiura di Capaccio (1246) – Enciclopedia Treccani

Concilio di Lione I – Wikipedia italiano

Nicola Ianuale

Laureato in Lettere Moderne all'Università degli studi di Salerno. Sono uno scrittore e un grande appassionato di letteratura, cinema e storia. Ho pubblicato un romanzo di narrativa, “Lo scrittore solitario”, e un saggio, “Woody Allen: un sadico commediografo”, entrambi acquistabili su Amazon. Gestisco la pagina Instagram @lo_scrittore_solitario_ dove pubblico post, curiosità su film e libri e ogni giorno carico un quiz sulla letteratura.