Radici / Roots / Racines
Cemento armato che affoga in un’acqua profonda. Schiuma salata in cui immergere i piedi nudi. Freddo d’autunno.
Arrivare alla Gare du Nord un sabato mattina, aspettare un treno e scendere alla fermata precedente alla destinazione programmata. Un paio di giorni lontano dalla città, un’occasione per creare nuovi ricordi a cui potersi in seguito aggrappare con nostalgia. Andare affannosamente alla ricerca di ciò che è inconsueto, particolare, forse speciale, ma poi rassegnarsi al fatto che, ogni volta che ti si presenta davanti, ti accorgi che è lui ciò che stavi cercando e che, inspiegabilmente è ciò in cui trovi e ti ritrovi: il mare.
Il blu a queste latitudini non è lontanamente paragonabile a quello a cui è abituato chi, come me, è cresciuto senza grandi onde, in un paesaggio dove il protagonista incontrastato è un lago che però possiede limiti ben definiti e visibili. L’unica cosa che i due hanno in comune è un vento fortissimo che, se da un lato riporta un po’ a casa, dall’altro qui ha in più quel profumo di salsedine che graffia la faccia.
La linea che dovrebbe dividere ciò che sta sopra da ciò che sta sotto, che dovrebbe essere lo zero da cui calcolare altezze e profondità, è quasi un’illusione e si confonde tra due colori diversi solo perché uno è aria e l’altro acqua.
Den Haag, The Hague, L’Aia è una spiaggia deserta dove l’acqua non ha riflessi, ma le varianti di quei pochi colori a cui tutto si riduce nella pallida luce delle giornate del nord, sono infinite.
Grigio, blu, bianco. Una ruota panoramica ferma, costruita a strapiombo sull’oceano e una struttura, un edificio, un esperimento le fa compagnia; non si riesce a decifrarne la natura, se sia possibile entrarci, camminarci, o se sia una rovina lasciata per ricordare qualcosa che risulta famigliare agli occhi degli abitanti e che desta l’immaginazione di chi arriva per caso o per la prima volta.
Tre livelli concentrici e numerosi pilastri massicci la distaccano dal suolo e permettono di vedere oltre solo ad intermittenza, amplificando i rumori degli scontri che avvengono al di sotto, tra le onde e il calcestruzzo. Due bambini con le giacche fluorescenti raccolgono conchiglie incomplete, ammaccate, disintegrate ed è come ascoltare ‘The light she brings‘ di Joep Beving. Dita che corrono veloci sui tasti di un pianoforte. La calma e il buio prendono il proprio spazio, mentre le scarpe sono legate in qualche modo allo zaino, una macchina fotografica è al collo e l’altra nella mano. In fondo il mare è un modo di essere e un bisogno, che a volte ringrazi, dimenticando una calza rossa sulla sabbia gelata.