Nel 1866, un ingegnere francese, Peccadeau de l’Isle, era impegnato nella costruzione di una linea ferroviaria in Occitania, nel sud della Francia. La sua passione era però un’altra, perché dedicava tutto il suo tempo libero alla ricerca di manufatti che potessero testimoniare la presenza dell’uomo, in epoca primitiva, lungo le sponde del fiume Aveyron.
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Gli scavi dell’ingegnere diedero buoni frutti, perché riuscì a trovare degli strumenti di selce e alcune pregevoli testimonianze artistiche risalenti all’era tardo-glaciale, in una collina chiamata Montastruc.
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Tutti i reperti furono esposti nel 1867 alla Exposition Universelle di Parigi, ma il pezzo (anche se in realtà all’epoca era diviso in due) che destò maggiore curiosità ed ammirazione fu quello chiamato “le renne che nuotano”, non solo per la raffinatezza della scultura in sé, ma anche per il soggetto scolpito.
Le renne non vivono più in Francia, e l’avorio utilizzato per la scultura appartiene al mammut, animale ormai estinto: questo significa che gli uomini hanno convissuto con renne e mammut nell’epoca tardo-glaciale, quando l’Europa aveva un clima simile a quello della Siberia al giorno d’oggi.
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Fu solo agli inizi del 20° secolo, nel 1904, quando le “renne che nuotano” erano ormai esposte al British Museum da anni, che l’archeologo/antropologo Henri Breuil si accorse che i due pezzi trovati dall’ingegner de l’Isle si incastravano perfettamente, a formare un’unica scultura che raffigura due renne, un maschio e una femmina, che nuotavano uno dietro l’altra circa 13.000 anni fa.
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La figura guida è la femmina, con corna e corpo più piccoli, seguita da un maschio più grande. Entrambi gli animali sono raffigurati con il muso all’insù, i palchi di corna che sfiorano la schiena, e le gambe in movimento, come se nuotassero. Probabilmente la scultura – un vero e proprio oggetto d’arte perché non era destinato ad un uso pratico – fu realizzata durante l’autunno, unico periodo dell’anno in cui sia le renne femmina che maschio hanno le corna.
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Secondo l’ex direttore del British Museum, Neil MacGregor, si tratta di un oggetto straordinario:
“Nell’esecuzione, nonché nella concezione, questo è un lavoro artistico molto complesso. E mi sembra che abbia tutte le qualità di osservazione precisa e di interpretazione che si cercano in ogni grande artista.”
Complesso è indubbiamente il termine più indicato per questo lavoro: in primo luogo è stata tagliata la punta di una zanna di mammut con un utensile adatto a spezzare, poi sono stati incisi i contorni degli animali con un coltello di pietra e un raschietto. Il manufatto è stato poi lucidato con ossido di ferro in polvere, mescolato con acqua. Alla fine sono stati realizzati i dettagli, come gli occhi e le strane marcature sui corpi, con uno strumento di precisione.
Le “renne che nuotano” furono acquistate nel 1887 dal British Museum, e sono conservate in una teca di vetro, in atmosfera protetta, perché l’avorio è molto fragile, e potrebbe facilmente polverizzarsi.