Changsha, nella regione dell’Hunan (Cina centromeridionale), è una città sul fiume Xianjiang, il maggiore affluente dello Yangtze, che oggi conta oltre 7 milioni di abitanti. Il suo clima non è soggetto a grandi picchi di caldo o di freddo ed è piuttosto umido, grazie alla relativa vicinanza al mare. A novembre, di solito, piove per meno di metà dei giorni e la temperatura si mantiene mite fino agli ultimi giorni del mese, mentre le giornate si accorciano rapidamente.
Non sappiamo, però, come fosse la giornata del 14 novembre del 1930, quando la popolazione di Changsha assistette a un’esecuzione capitale diversa dalle altre. Un plotone, composto da soldati dell’esercito nazionalista e guidato dal generale He Jian, trascinava dal carcere al luogo della fucilazione una giovane donna, dalla pelle molto chiara, i lineamenti fini come quelli di una bambola e piccola di statura, che sembrava ancora più piccola perché camminava scalza.

Una leggenda locale affermava che il fantasma di chi fosse stato ucciso a piedi nudi non sarebbe più riuscito a trovare la strada di casa e, a qualcuno, doveva essere sembrato un gesto di eroico valore militare infliggere questo singolare incremento di pena a una donna che non aveva mai preso un’arma in mano.

La ragazza si chiamava Yang Kaihui e solo pochi giorni prima aveva compiuto 29 anni. Figlia di un importante studioso, era stata una delle pochissime donne cinesi della sua generazione ad andare all’università. La sua unica colpa consisteva nell’essere la moglie legittima di Mao Zedong, il capo dell’esercito rivoluzionario contro il quale combattevano i nazionalisti.

La Cina prima di Mao
La Cina, per molti di noi, è un cliché lontanissimo dalla realtà. Parlarne, per chi non ne abbia studiato la civiltà e la storia, significa quasi sempre esibire la propria ignoranza. Siamo abituati a considerarla un paese come un altro, come l’Italia o la Francia, senza renderci conto di quanto siamo in errore. La Cina, più che un paese, andrebbe considerata un continente. È solo di poco più piccola dell’intera Europa, ma ha quasi il doppio degli abitanti, suddivisi in tante etnie molto diverse tra loro.

La lingua cinese standard che si studia nelle università occidentali è una lingua ufficiale adottata nel 1932, utilizzata per la redazione dei documenti e per le opere artistiche di rilievo nazionale, ma per gran parte dei cinesi è una seconda lingua, perché gli abitanti delle varie regioni parlano abitualmente le lingue locali, che sono una decina e, di solito, non sono intelligibili tra loro. Tra un abitante della Mongolia Interna (regione più a Nord), uno del Tibet (regione più a Ovest) e uno del Guangdong (regione più a Sud) esistono tante differenze, quante ce ne possono essere tra un finlandese, un portoghese e un bulgaro.
Eppure, noi, nella nostra inconsapevolezza, li consideriamo tutti uguali

La Cina ha alle spalle una storia lunghissima e complessa, che non si può riassumere in poche parole. Ai fini del nostro racconto, basta dire che la sua struttura politica di Impero, che durava da oltre 2000 anni, fu abbattuta da due sanguinose guerre civili (una durata dal 1927 al 1937 e l’altra dal 1945 al 1949), intervallate da un’invasione giapponese in cui furono commesse ancora più atrocità che nelle guerre civili. Dal 1° ottobre del 1949, fu proclamata la Repubblica Popolare Cinese, di stampo socialista, guidata da Mao Zedong.

Mao è, dunque, una figura capitale della storia cinese moderna, ma il giudizio su di lui è controverso. Da un lato, nessuno può negare che abbia mantenuto il suo paese sotto una spietata dittatura; dall’altro, occorre, invece, riconoscergli di aver imposto e guidato una transizione rapidissima dal Medioevo al XX secolo nel corso di pochi decenni. Un popolo di analfabeti, per lo più tenuti come schiavi in vasti latifondi, si alfabetizzò rapidamente e, cominciando finalmente a godere di primitivi (ma efficaci) sistemi sanitari e previdenziali pubblici, vide enormemente migliorare le proprie condizioni di vita. Pochissimi dittatori possono vantare i risultati di Mao.

La Rivoluzione culturale
Il giudizio storico su Mao, però, è pesantemente condizionato da un elemento che segna negativamente la sua figura. Nel 1966, non avendo visto realizzati i risultati del suo principale piano di sviluppo economico (il “Grande balzo in avanti”) si mise in testa l’idea paranoica di esser stato sabotato dalle classi dirigenti e dagli intellettuali, e lanciò una specie di guerra santa contro di loro, chiamata Rivoluzione culturale.

I protagonisti di questa “rivoluzione” furono i giovani, cresciuti nel culto del dittatore: con la qualifica di Guardie rosse furono lasciati liberi di arrestare, sequestrare, giudicare e condannare chiunque conducesse una vita minimamente più agiata della media. Le famiglie di tutti gli uomini di successo, dai dirigenti delle imprese fino agli artisti e intellettuali, furono spogliate di ogni avere e costrette a lavorare duramente nelle campagne. Molti, già malati o anziani, ne morirono. Altri ancora si suicidarono.
Alla fine della Rivoluzione culturale, nel 1969, il paese era stato decapitato delle sue migliori intelligenze

I libri di Qiu Xiaolong
Tra le famiglie perseguitate durante questo periodo, c’è quella di Qiu Xiaolong, nato a Shangai nel 1953, figlio di un imprenditore del settore dei profumi che, con la nazionalizzazione delle fabbriche, aveva continuato a guidare con successo la sua impresa come dirigente. Benché la sua famiglia avesse perso tutto durante la Rivoluzione culturale, Qiu sfruttò il suo grande talento per le lingue per laurearsi in letteratura inglese, dopo aver studiato a Shangai e a Pechino. Ottenne, poi, una borsa di studio per perfezionarsi negli Stati Uniti, dove si recò nel 1988.

Nel 1989, viveva e studiava a Saint Louis, quando scoppiò la protesta degli studenti cinesi, poi repressa dall’intervento militare di Piazza Tienanmen, a Pechino. Qiu avviò una piccola attività economica (l’apertura di un chiosco per la vendita di cibo cinese) allo scopo di raccogliere fondi per sostenere i manifestanti, e venne intervistato da una tv americana. Quando queste immagini giunsero in Cina, Qiu cominciò a ricevere minacce dalla polizia cinese e decise di non tornare più in madrepatria.

Oggi, Qiu è uno stimato docente di Letteratura a Saint Louis. Ma è molto più noto in tutto il mondo per una serie di romanzi, che hanno venduto milioni di copie e, originariamente scritti in Inglese, sono stati tradotti in molte lingue, compreso il cinese, anche se in edizioni censurate. Si tratta di un ciclo di romanzi polizieschi, cominciato nel 2000 con La misteriosa morte della compagna Guan, in cui racconta la realtà della Shangai della sua giovinezza, quella degli anni ’80, dopo la scomparsa di Mao.

Shangguan Yunzhu
Nel sesto romanzo della serie, La ragazza che danzava per Mao, il protagonista principale dei romanzi, l’ispettore capo Chen Cao, indaga su una oscura vicenda che coinvolge una discendente di un’attrice del passato, Shang Yunguan, che sarebbe stata un’amante di Mao. La figura di Shang è ispirata a una vicenda reale, quella dell’attrice Shangguan Yunzhu, una delle più celebri del cinema cinese tra gli anni ’40 e ’60.

Shangguan era molto ammirata da Mao, e c’è il forte sospetto che sia stata effettivamente una sua amante. Ciò non le impedì di cadere in disgrazia durante la Rivoluzione culturale, quando un gruppo di Guardie rosse la sequestrò e la sottopose a un duro pestaggio, nonostante fosse in cura per un tumore al cervello per il quale aveva subito un intervento chirurgico. In seguito a questo episodio, Shangguan si uccise, gettandosi da una finestra, il 23 novembre del 1968, all’età di 48 anni.

Nelle indagini sul caso, Chen si fa assistere da un anziano poliziotto in pensione, conosciuto con il soprannome di Vecchio Cacciatore. In uno dei primi capitoli del libro, Vecchio Cacciatore racconta a Chen la storia allucinante di un insegnante perseguitato fino a essere indotto al suicidio, negli anni della Rivoluzione Culturale, per aver scoperto, durante la redazione di un testo didattico di storia, che Mao, per un certo periodo, era stato bigamo.

I primi due matrimoni di Mao
A questo punto, occorre aprire una parentesi sulla complessa e contorta vita sentimentale del dittatore cinese. Mao, nato nel 1893, si vide imporre dalla famiglia, già nel 1907, un matrimonio combinato con una donna di 4 anni maggiore di lui, Luo Yixiu, ma rifiutò sempre di consumare il matrimonio, benché la ragazza fosse andata a vivere in casa dei suoi genitori.

La povera Luo morì di malattia a 20 anni, nel 1910, e, subito dopo, Mao andò nella nativa Shaoshan, a Changsha, per studiare e prendere un diploma da insegnante. Uno dei suoi professori preferiti era Yang Changji, un intellettuale che Mao seguì anche quando questi si trasferì a Pechino. Yang aveva due figlie, di cui la minore, Kaihui, si innamorò di Mao (fra l’altro il futuro dittatore, alto 1 metro e 80 e molto prestante, fu considerato per tutta la vita un uomo pieno di fascino). I due si sposarono nel 1920. Kaihui, oltre a dargli tre figli, dedicò tutta la sua vita a lui, senza immaginare quanto questa decisione le sarebbe costata cara.

La poligamia con He Zizhen
Nel 1927, Mao lasciò Kaihui e i loro tre bambini a Changsha e organizzò una banda di guerriglieri sui monti Jingjiang per combattere contro l’esercito nazionalista. Durante questo periodo, conobbe una bellissima diciassettenne, He Zizhen, che divenne la sua amante.

Zizhen era la sorella di un capobanda molto importante della zona e, quando questi chiese a Mao di sposarla, per consolidare la loro alleanza, il futuro dittatore finse di essere celibe e convolò a nozze con la ragazza durante quella che sembrava a tutti gli effetti una cerimonia regolare.

La situazione, però, lo mise in grande difficoltà. Dovendo tenere nascosta la vera moglie, rifiutò sempre i messaggi che Kaihui continuava a fargli arrivare e le vietò di raggiungerlo in montagna. Poi, quando i nazionalisti presero di mira Changshan, pur avendo la possibilità di difendere la città e respingere l’attacco, o in alternativa di far evacuare in tempo la propria famiglia, non fece nessuna delle due cose e si ritirò, lasciando che Changshan fosse occupata dai nazionalisti, disinteressandosi del destino della sua vera moglie e dei suoi tre figli.

La morte di Kaihui
Non passò molto tempo prima che Kaihui venisse denunciata ai nuovi padroni da parte di qualcuno deciso a sfruttare la situazione a proprio vantaggio. All’inizio, i nazionalisti non sembravano avere le peggiori intenzioni: le chiesero di sottoscrivere un documento in cui disconosceva Mao come marito, dopodiché l’avrebbero lasciata in pace, ma Kaihui rifiutò.
Nemmeno a forza di minacce e, successivamente, di torture riuscirono a farle cambiare idea

Quella piccola donna sembrava avere una determinazione che le dava la forza di affrontare tutto. Kaihui ignorava che Mao era bigamo e l’aveva abbandonata al suo destino e, dopo la sua morte, furono scoperte, tra le sue carte, delle poesie in cui esprimeva lo struggimento di non potergli stare accanto. Anche la prospettiva della condanna a morte si rivelò inutile.
Kaihui morì a testa alta, fissando fieramente il plotone d’esecuzione

Il quarto matrimonio
Più tardi, nel 1939, Mao si stufò anche di Zizhen (dalla quale aveva avuto una figlia, Li Min) e la spedì con un trasporto coatto a Mosca, dove fu chiusa in un manicomio, dove, non conoscendo mezza parola di russo, morì nel 1984.

Nello stesso anno, Mao sposò la sua quarta e ultima moglie, Jiang Qing, una giovane attrice anche di film “spinti”, conosciuta in occidente come Madame Mao, che gli restò accanto fino alla morte, spegnendosi nel 1991 in carcere, dopo essere stata arrestata e processata con l’accusa di aver tramato un colpo di Stato insieme ad alcuni collaboratori, la cosiddetta “Banda dei quattro”.
Anche da questa moglie Mao ebbe una figlia, Li Na

I figli di Mao
Le due figlie hanno come primo nome (che nei nomi cinesi vale da cognome) “Li” e non “Mao”, perché nate tra il 1936 e il 1940, quando Mao viveva in clandestinità sotto l’identità fittizia di Li Desheng.

In realtà, sembra che Mao abbia rimpianto molto Kaihui. Benché prediligesse circondarsi di ragazze giovanissime, rozze e ignoranti (ne ebbe un numero indefinito, forse centinaia, e i figli illegittimi non sono mai stati censiti), continuò a scrivere per molto tempo delle poesie in memoria di Kaihui, tra cui una celeberrima intitolata Gli immortali, risalente al 1957.
Non si sa se lo facesse per sfogare il senso di colpa o per qualche altra ragione

Dei tre figli di Kaihui, il più piccolo, Mao Anlong, morì di malattia a 4 anni, poco dopo l’esecuzione della madre. Gli altri due riuscirono invece a ricongiungersi al padre: il primogenito, Mao Anying, intraprese la carriera militare, combatté valorosamente nell’esercito sovietico contro i tedeschi e fu ucciso a 28 anni, durante la guerra tra le due Coree, nel 1950.

Il secondogenito, Mao Anquing, combatté anche lui nell’esercito sovietico contro i tedeschi, poi divenne un importante traduttore dal russo al cinese. Tuttavia, dopo la scomparsa del fratello, manifestò i segni di una schizofrenia che ne limitò molto le attività. Morì nel 2007, all’età di 82 anni. Il suo unico figlio Mao Xinyu, nato nel 1970, è un generale dell’Esercito cinese e uno storico militare.
