Le passioni e le idiosincrasie di Bruce Chatwin negli oggetti della sua vita

Quando pubblicò In Patagonia, Bruce Chatwin aveva 37 anni e già alle spalle una vita intensa: esperto d’arte della casa d’aste Sotheby’s di Londra, archeologo, viaggiatore, giornalista e fotografo. Il successo del libro diede a Chatwin una fama internazionale e il suo charme anticonvenzionale contribuì a farne un personaggio iconico.

Seguirono altre pubblicazioni in bilico tra la narrativa di finzione, il resoconto di viaggio e la trattatistica etnografica e antropologica. Malato di AIDS, Chatwin nascose la malattia ai familiari raccontando di essere stato punto da un ragno cinese o intossicato da un fungo. Trascorse gli ultimi mesi in Costa azzurra e morì a 49 anni nel 1989:

Era già un mito

La carrellata di oggetti che seguono raccontano le sue passioni, le sue idiosincrasie, il suo genio.

Chatwin identifica le origini del suo bisogno di viaggiare nel frammento di pelle di un essere preistorico custodito in un armadietto chiuso a chiave nella casa della nonna. Bruce da bambino lo credeva appartenente a un brontosauro, invece era di un milodonte, scoperto da Charley Milward il Marinaio, cugino di nonna Isobel. La storia è raccontata nelle prime pagine di In Patagonia.

Chatwin era un grande viaggiatore e amava portarsi lo stretto indispensabile, raccolto nello zaino che si era fatto fare da un sellaio inglese. Per ogni cosa lo zaino aveva una specifica tasca, delle precise misure di ciò che doveva contenere.

Nel 1975 Chatwin partì per la Patagonia all’improvviso, senza avvisare nessuno. Alla rivista per cui lavorava mandò un telegramma dopo che era già arrivato a destinazione: “Have gone to Patagonia”. Tornò solo sei mesi dopo.

Bruce Chatwin aveva una mania per i taccuini con copertina di cartone rivestito in similpelle (in francese “moleskine”, pelle di talpa) prodotti da artigiani francesi e molto usati dagli artisti parigini di inizio ‘900. Questi taccuini negli anni ‘70 erano divenuti quasi introvabili. Rilanciati dal mito Chatwin e divenuti oggetto di culto, sono oggi prodotte dalla ditta milanese Moleskine.

Nel 1988 Bruce Chatwin pubblica il suo romanzo Utz, che racconta la storia del collezionista Kaspar Utz e della sua fragile e preziosa raccolta di porcellane, sparite alla sua morte. Solo parecchi anni dopo si scoprì la vera identità di Utz, Rudolph Just, e grazie a indagini condotte sulla scorta del libro di Chatwin una parte della collezione fu ritrovata in un caveau in Svizzera e fu venduta all’asta da Sotheby’s.

Chatwin viaggiava con una Leica CL, ma nessuno ricorda di averlo visto con la macchina fotografica al collo: la tirava fuori dallo zaino, scattava e la rimetteva via. Era un fotografo discreto, quasi timido.

L’archivio fotografico Chatwin comprende circa tremila foto, scattate nei suoi viaggi in diverse parti del mondo; le indicazioni dei luoghi e delle circostanze degli scatti sono molto rare e la maggior parte delle informazioni sono state ricostruite grazie alle memorie della moglie.


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