La mitologia Greca e quella Romana sono densamente popolate di Dèi e Giganti, creature immensamente potenti che dominano l’uomo, e alle quali l’uomo deve portare rispetto e reverenza. Fra i giganti vengono annoverati anche i Ciclopi, enormi mostri dalle fattezze umane caratterizzati da un occhio solo.
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La parola “Ciclope” deriva dal greco “κυκλος”, che significa cerchio o circolo, e “ὤψ”, che significa occhio, quindi una creatura “dall’occhio rotondo”. Il più famoso di tutti è certamente Polifemo, che compare nell’Odissea di Omero come uno degli antagonisti principali dell’eroe, Ulisse.
Polifemo appare successivamente nella “Metamorfosi” di Ovidio, poeta Romano, nel ruolo sempre di antagonista nella favola “Aci e Galatea”, dove è l’assassino di Aci, il giovane fidanzato di Galatea. Nonostante i personaggi dei ciclopi siano ovviamente scaturiti dalla fantasia degli autori antichi, si trovano alcuni riferimenti storici e scientifici alla base di questa figura, fra le più citate nelle opere mitologiche antiche.
L’origine dei ciclopi
I ciclopi vengono caratterizzati a livello letterario, nei poemi Omerici e successivi, da ingordigia e crudeltà, ed erano famosi mangiatori di uomini. Essi lavorano per Efesto ( in greco Ἥφαιστος), il Dio del fuoco, e abitano nei pressi di vulcani. Moltissimi storici sono concordi nell’identificare la zona geografica che fornì lo spunto ad Omero nella Sicilia e, più in particolare, sarebbe stato l’Etna il vulcano che ospitava i loro infernali laboratori, sede delle loro officine e luogo ideale per le loro mandrie di animali.
Sotto, anfora proto-attica del 650 a.C. con la scena di Ulisse che acceca il Ciclope:
Immagine condivisa via Wikipedia- licenza CC BY-SA 3.0
L’idea alla base del mito del ciclope, ovvero un uomo con un occhio solo, può avere molteplici origini, ma due sono le principali basi storiche nelle quali si trovano le radici del mito.
La prima è quella che i ciclopi altri non sarebbero che antichissimi fabbri, giunti in Sicilia dall’Oriente, che indossavano costantemente una benda sull’occhio sinistro per ripararlo dalle scintille della lavorazione del ferro. Essi furono storicamente attivi a partire dal IV millennio avanti Cristo, e sono state trovate diverse prove archeologiche che confermano la lavorazione dei metalli nelle caverne delle isole Eolie. I fabbri avevano inoltre un tatuaggio circolare sulla fronte, che ne identificava la professione e rappresentava un omaggio al Dio da loro venerato, il Sole.
Una seconda ipotesi, che potrebbe non escludere una commistione con la prima, identifica nei crani degli Elefanti Nani, che popolarono tutto il Mediterraneo sino alla fine del Pleistocene, circa 11.800 anni orsono, l’origine del mito di un essere gigantesco con un occhio solo. I crani di questi elefanti, rinvenuti in moltissime grotte della Sicilia ma anche di Malta, Cipro, Creta, Sardegna e nelle Cicladi, hanno un enorme foro centrale, che oggi sappiamo essere funzionale alla proboscide ma che, probabilmente, dagli antichi abitanti di quei luoghi fu scambiato per l’occhio del Ciclope. Questa soluzione all’enigma fu suggerita nel 1914 dal paleontologo austriaco Othenio Abel, che ritrovò alcuni teschi e resti ossei durante i propri studi.
Sotto, cranio di elefante nano al Museo di Verona. Fotografia di Ghedoghedo condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Sotto, Elefante nano di Malta. fotografia di Hamelin de Guettelet condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
E’ possibile che Omero e gli antichi abbiano pensato che quei teschi, sparsi per tutta la Grecia e la Sicilia o la Sardegna, fossero appartenuti ad enormi esseri umani con un occhio solo?
Oppure che gli autori abbiano pensato che gli antichi fabbri dell’isola, trasformati in umani, fossero una volta dotati di un occhio solo e soltanto dopo avessero assunto una forma umanoide?
Probabilmente la risposta a questo interrogativo è destinata a rimanere nelle tombe di coloro che immaginarono un mondo di divinità e uomini, di giganti e di maghi, di mostri marini e di eroi, un mondo che ha affascinato l’umanità per oltre due millenni e che trova le sue origini negli abitanti e negli animali di quei luoghi leggendari, che sono diventati i protagonisti e il palcoscenico di una mitologia senza tempo.
Fotografia di Giovanni dall’Orto condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Sotto, la scena dell’isola dei Ciclopi tratta dal Peplum di Mario Camerini con Kirk Douglas del 1954: