I più avranno sentito parlare di Sleepy Hollow tramite il noto racconto “La leggenda di Sleepy Hollow” dello scrittore statunitense Washington Irving (1783 – 1859), oppure ancora attraverso il famoso film “Il mistero di Sleepy Hollow” del regista Tim Burton.
Ma quali sono le vere origini del cavaliere senza testa? Dove ha trovato ispirazione per l’antagonista principale del racconto, lo scrittore statunitense?
“Abbiamo omicidi a New York, ma mai per mano di demoni o spiritelli.”
– Ichabod Crane, Sleepy Hollow (1999)
Washington Irving è nato a Manhattan, da padre scozzese e madre inglese. In seguito, durante la sua carriera, lo scrittore ha stretto una forte amicizia con il noto romanziere scozzese Walter Scott, cui molte opere entrano in contatto con la mitologia norrena.
Da questa connessione è possibile presumere che Irving sia entrato in contatto con la mitologia e folklore celtico, più precisamente in Irlanda, ove esiste una creatura le cui caratteristiche richiamano fortemente quelle del fantasma di Sleepy Hollow: un cavaliere decapitato che tiene sotto braccio la propria testa mentre cavalca un cavallo nero nel cuore della notte. Questa creatura viene denominata Dullahan (dall’irlandese, “persona cupa e oscura”).

Laddove Ichabod, il protagonista di Washington Irving, fugge disperatamente dalla furiosa cavalcata del fantasma misterioso, nella leggenda irlandese l’arresto del cavallo nero è sinonimo di morte e sventura. Il cavaliere senza testa deve continuare a cavalcare, perché nel momento in cui si ferma, la persona di cui egli grida il nome è destinata a morire. Il Dullahan rappresenta la Morte, ma non è lui a provocarla; lo si potrebbe definire un messaggero di sventura.
Uno degli scritti più antichi che nominano questo misterioso essere per la prima volta lo descrivono non come un cavaliere senza testa, ma bensì come una donna incappucciata. Tale racconto è “The good woman” dello scrittore Thomas Crofton Croker. La donna in questione accetta il passaggio offerto da Larry Dodd, il protagonista della storia, e lo conduce presso la chiesa di Kilnaslattery, dove lo sventurato avrà modo di assistere ad un vero e proprio carnevale di Dullahan, fatto di teste appese alla ruota della tortura e nobili e dame prive del capo intenti a divertirsi a lanciarsi teste.
“Larry Dodd balzò in avanti a braccia aperte e la strinse – una donna, questo è vero – ma una donna priva di labbra da baciare, in quanto non aveva la testa! […] Egli era inorridito dalla convinzione di aver veramente stretto un Dullahan tra le braccia!”
– The good woman, da “Fairy Legends and Traditions of the South of Ireland” (1825 – 28) di Thomas Crofton Croker
Un altro nome per definire il Dullahan è Gan Ceann (dall’irlandese, “senza testa”), ossia un membro del popolo dei Sidhe, cioè del popolo fatato. Si pensa che le origini di questa creatura, “regredita” allo stato di folletto a seguito dell’intervento di San Patrizio, in missione per far convertire l’Irlanda celtica al Cristianesimo, derivino dal dio della fertilità Crom Cruach.

Secondo gli scrittori cristiani, questa divinità pagana richiedeva che i sacrifici umani ad essa concessi venissero decapitati, e nei periodi di tempo in cui il dio non riceveva offerte, girovagava per le strade con la propria testa sotto braccio chiamando i nomi delle persone destinate a morire (non dormiva certo su un’amaca con supporto).
Gli antichi celti credevano che la decapitazione danneggiasse lo spirito, in quanto l’anima era contenuta nella testa dell’individuo. Di conseguenza non era inusuale per i guerrieri decapitare i loro nemici più pericolosi; era anche un atto volto ad umiliare l’avversario, privandolo della sua anima.
In paesi come la Norvegia, d’altro canto, sembra che decapitare un cadavere fosse un atto volto ad impedirne la resurrezione sotto forma di fantasma vendicativo.
Ci sono diversi fattori che possono aver ispirato lo scrittore Washington Irving, tutti per lo più provenienti dall’Europa settentrionale, ma oggi è difficile stabilire le reali origini dello spettro decapitato che cavalca nel cuore della notte.