Le Mutilazioni politiche nell’Impero Bizantino

Gli avversari politici sconfitti, in epoca antica, facevano sempre una brutta fine. Era il caso degli Imperatori Romani ma anche degli avversari degli Spartani o degli Ateniesi e dei Persiani e via discorrendo, gli esempi sono innumerevoli. Le punizioni erano diverse ma ne ricordo una in particolare, ovvero la morte, sì, ma dopo il giro “in trionfo” da parte del Generale di turno. Fu il caso di Vergingetorige, capo delle tribù galliche, sconfitto ad Alesia da Giulio Cesare, portato in trionfo a Roma, tenuto prigioniero nel carcere Mamertino per sei anni e poi ucciso per strangolamento. Ma gli esempi sono infiniti.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Diversa la sorte degli avversari politici degli Imperatori Bizantini, il nome moderno di quell’Impero Romano d’Oriente che non aveva mai cessato di esistere, e che aveva ormai abbracciato il cristianesimo come unica religione in tutto il regno. Da qui e per tutto l’articolo utilizzerò Romani, Romei e Bizantini come sinonimi, lo specifico perché chi è meno avvezzo alla terminologia storica potrebbe trovarsi in confusione.

La Mutilazione Politica

Gli Imperatori Bizantini in moltissimi casi non uccidevano l’avversario sconfitto o il rivale scomodo, lo mutilavano. La mutilazione era compendiata in base al tipo di offesa subita dal vincitore di turno, anche se la più ricorrente era di sicuro l’accecamento. Dopo l’accecamento veniva il taglio della lingua, l’amputazione delle mani o di un arto intero, il taglio del naso e poi la castrazione, forse la più grave di tutte ma anche quella che lasciava qualche speranza alla vittima, quindi un nuovo eunuco, di ottenere comunque di nuovo del potere per sé, anche se non sarebbe mai potuto diventare di nuovo imperatore. Sì perché lo scopo della mutilazione era quello di rendere l’avversario politico inabile a salire al trono.

Un aspetto forse sconvolgente delle mutilazioni politiche è che queste erano spesso perpetrate da familiari vicinissimi come fratelli, sorelle, figli e, in alcuni casi, persino madri e padri. Il motivo se vogliamo era abbastanza logico: anziché uccidere un fratello o un figlio lo si mutilava, relegandolo a una vita di clausura presso un monastero remoto, lontano dalla capitale Costantinopoli.

D’altronde, una volta mutilato, la vittima non poteva in nessun modo ambire al potere sul regno. L’Imperatore esercitava il potere per volere divino, il suo corpo doveva essere incorrotto. Non poteva avere una mano o un braccio in meno, avere segni evidenti sul volto o essere addirittura un “non uomo”, un eunuco, privato dell’apparato riproduttivo e quindi inabile a continuare la stirpe degli imperatori romani. Insomma un mutilato era un uomo che non costituiva un pericolo, e quindi l’Imperatore o i suoi alleati lo facevano mutilare, certi che lo avrebbero reso irrilevante nella vita politica del paese.

Il Primo Imperatore Mutilato

Il Primo Imperatore a subire la mutilazione politica fu Eraclio II, sovrano dei Bizantini da Febbraio a Settembre 641. Eraclio II era figlio di Eraclio I e Martina, la seconda moglie, e fratello di Costantino III, figlio di primo letto di Eraclio I. Alla morte del padre Costantino III, all’epoca ventottenne, ed Eraclio II, quindicenne, divennero co-imperatori bizantini, regnando insieme a Costantinopoli. Ma a quei tempi la morte arrivava veloce, anche per due ragazzi giovanissimi come Eraclio e Costantino. Quest’ultimo era colui che deteneva il vero potere sull’Impero, il fratello più grande e forte, ma si ammalò, forse di tubercolosi, ed Eraclio II venne accusato di avvelenamento insieme alla madre Martina.

Martina era infatti colei che deteneva il potere in vece di Eraclio II, la reggente, ed era riuscita a creare una fazione contrapposta a quella di Costantino III. L’Impero era unito ma le due persone che detenevano il potere la pensavano in modo diametralmente opposto. Martina era un’imperatrice più cauta mentre Costantino III voleva riprendere velocemente alcuni territori conquistati dagli arabi. Sia come sia, Costantino III muore, forse di Tubercolosi, forse ammazzato da Martina, e da Maggio i bizantini hanno un nuovo unico imperatore, Eraclio II.

A questo punto l’Imperatrice Martina si trova in una situazione difficile perché la situazione politica dell’Impero è davvero intricata. Gli arabi premono dall’Egitto, il generale Valentino spinge affinché venga proclamato co-imperatore Costante II, figlio di Costantino III, e lei non riesce a trovare la quadra della vicenda. Oltre questo l’Impero è in una situazione economica disastrosa, le truppe non vengono pagate e… succede l’inevitabile. Nell’Agosto del 641 il Generale Valentino raggiunge la Calcedonia, la regione di Costantinopoli, e pretende l’incoronazione di Costante II. Martina lo accontenta e proclama Costante II co-imperatore, ma insieme a lui fa co-imperatori anche altri due suoi figli, Martino e Davide. Valentino non si accontenta e nel settembre o nell’Ottobre del 641 marcia su Costantinopoli, depone Martina ed Eraclio II e fa proclamare il giovanissimo Costante II Imperatore dei Romani.

E ora, a questo punto, come tante altre volte nella storia, i vinti potrebbero finire decapitati, una morte onorevole per un nobile, oppure strangolati o impiccati, ma Valentino decide altrimenti.

Ad Eraclio II fa tagliare il naso mentre a Martina la lingua, poi esilia entrambi a Rodi

A noi oggi può sembrare una punizione di minor conto, dopo aver conosciuto esecuzioni del tipo “Impiccato-sventrato-squartato” per i traditori della corona inglese, oppure pensando all’impalamento degli Ottomani o di Vlad III Dracul, ma all’epoca quella mutilazione ottiene lo stesso risultato delle peggiori esecuzioni capitali che abbiamo conosciuto nei secoli successivi. Di Eraclio II e Martina si perdono le tracce nella storia, non appaiono più in alcun documento ufficiale, dimenticati come fossero morti. Probabilmente, ma si tratta di congetture che non possono avere un riscontro certo, Eraclio II muore l’anno seguente, ormai dimenticato in esilio e senza alcuna speranza di poter prender parte a nuovi disegni politici.

Le mutilazioni

Prima di Eraclio II si conoscono due persone, anche se non imperatori, che subirono la mutilazione per ordine di Eraclio I. Nel 637 a Giovanni Athalaricos, figlio stesso di Eraclio, furono tagliati il naso e le mani perché aveva tentato di rovesciare suo padre. E anche a Teodoro, durante la stessa congiura per aver appoggiato il fratello Giovanni, vennero amputate le mani, il naso e una gamba.

E così, per circa 7 secoli, chiunque si ribellasse all’autorità costituita veniva mutilato. I più furono accecati, come ad esempio Leone Foca il vecchio nel 919, del quale ci rimane una precisissima miniatura che descrive la procedura della mutilazione. Fra l’altro di Leone Foca si sa con certezza che non fu solo accecato ma anche ucciso, probabilmente il suo avversario Romano Lecapeno, proclamato Imperatore nel 920, lo temeva moltissimo.

Miniatura che mostra la mutilazione di Leone Foca il Vecchio

Ma gli accecati furono innumerevoli. Costantino Diogene, Niceforo Diogene, Giovanni IV Lascaris, Callinico I, Costantino VI, Bardas Foca, Artavasde e via discorrendo, la lista è lunghissima.

Oltre all’accecamento anche la castrazione andava per la maggiore. Ad esempio Teofilatto, Staurakios e Niceta, nell’813, vennero castrati per ordine di Leone V l’Armeno, Generale e Imperatore, dopo che aveva ottenuto il potere acclamato dal popolo a discapito di Michele I Rangabe. E’ una storia interessante da raccontare perché si comprende come, in questo caso, la castrazione fu un’opera di clemenza. Michele era stato eletto grazie all’appoggio della chiesa, ma non era un generale di valore. Leone V invece era un fiero combattente che ottenne l’appoggio non solo delle truppe ma del popolo. Così Michele, il giorno in cui Leone entrò trionfante a Costantinopoli, abdicò a favore del nuovo Imperatore.

Leone dal canto suo non aveva nulla contro Michele. Decise che questi avrebbe vissuto in esilio a Kınalıada, di fronte a Costantinopoli, insieme alla moglie e al resto della famiglia, ma per assicurarsi che i figli maschi di Michele non si facessero avanti per rivendicare il titolo di Imperatore li fece castrare. In questo modo Teofilatto, Staurakios e Niceta non avrebbero potuto avere figli in grado di insediare il trono.

Chi la fa l’Aspetti

Ma il destino, a volte, sa rendere pan per focaccia. Leone V aveva un migliore amico, Michele l’Amoriano, che lo aveva appoggiato nella sua salita al trono. I due erano stati compagni d’armi e compagni politici durante il regno di Leone, ma a un certo punto qualcosa si era rotto. Il casus belli fu il divorzio di Leone dalla moglie, che era cognata di Michele. La tensione fra i due salì fino a quando, alla vigilia di Natale dell’820, Leone V lo fece arrestare con l’intenzione di condannarlo a morte. A questo punto l’Imperatore tergiversò, lasciò Michele in prigione durante la vigilia non uccidendolo subito, e questi riuscì a mettersi in contatto con altri ribelli.

Nel giro di poche ore fu liberato, organizzò una rivolta e raggiunse Leone V nella Cappella di Santo Stefano a Costantinopoli, dove si stava celebrando la messa per la notte di Natale, e lui e i congiurati uccisero l’Imperatore. Michele fu acclamato Imperatore dai cospiratori e incoronato il giorno seguente dal Patriarca di Costantinopoli, Teodato I.

Ma Leone aveva quattro figli maschi, Simbatio, Basilio, Gregorio e Teodosio. Indovinate un po’ che punizione subirono? Furono evirati tutti e quattro e confinati in un monastero in un’isola di fronte a Costantinopoli. Chissà se era proprio la stessa dove Leone V, 7 anni prima, aveva fatto confinare i tre figli di Michele I Rangabe.

L’ultimo mutilato

E così, per circa 7 secoli gli avversari politici venivano mutilati per essere fermati nella loro azione di contrasto all’autorità costituita. L’ultimo celebre condannato alla mutilazione fu Alessio Filantropeno, che subì l’accecamento nel 1295. Alessio era un valoroso generale bizantino, terrore dei Turchi che spingevano da Oriente, e aveva complottato contro l’Imperatore Andronico II Paleologo. I fedeli di Andronico riuscirono a rovesciare il complotto, a far accecare Alessio e a ridurlo alla totale impotenza.

Di lui si persero le tracce per circa 30 anni, ma nel 1324 il vecchio Imperatore Andronico II Paleologo lo richiamò in servizio, perdonandolo ufficialmente. Alessio fu messo a capo dell’esercito che doveva riconquistare Alaşehir, e il solo fatto che ci fosse lui a guidare le truppe fu sufficiente a gettare nel terrore i turchi e a far vincere l’esercito Bizantino.

Quasi 10 anni dopo, nel 1335, Alessio Filantropeno fu il comandante di un’altra vittoriosa spedizione, quella contro i genovesi che avevano conquistato l’isola di Lesbo. Alessio comandò la flotta di 85 navi contro l’isola, la riconquistò ai danni del signore genovese Domenico Cattaneo e fu portato in trionfo come un novello Belisario del XIV secolo. Alessio Filantropeno fu governatore dell’isola fino al 1340 circa, o agli anni ’40 del XIV secolo per essere più precisi, quando probabilmente morì, un destino glorioso per l’ultimo mutilato celebre dell’Impero Bizantino.

L’unico mutilato al trono

Alla fine dell’articolo una curiosità su un mutilato in particolare, Giustiniano II Rinotmeto, che significa “naso tagliato”, ultimo esponente della dinastia eracliana di cui abbiamo parlato all’inizio. Giustianiano II fu imperatore per due volte, dal 685 al 695 e poi di nuovo dal 705 al 711, quando morì. Dopo la prima esperienza di governo fu deposto e gli venne tagliato il naso dal suo avversario, Leonzio, sicuro che questo avrebbe impedito a Giustiniano di salire nuovamente al trono.

Ma Leonzio si pentirà di averlo solo mutilato. Giustiniano fu deposto nel 695, ma nel giro di una decina d’anni riuscì ad ottenere l’appoggio dei suoi vecchi nemici, i bulgari, ad entrare a Costantinopoli e a rovesciare l’imperatore che aveva sostituito Leonzio, Tiberio III. Giustiniano II non si mostrò tanto clemente con i suoi vecchi avversari. Condannò a morte Leonzio, detenuto in carcere, e Tiberio III, ed operò una serie di “purghe” volte a reprimere le fazioni ribelli. Giustiniano governò i successivi sei anni con un celebre naso d’oro, una preziosa protesi che consentì all’imperatore di essere ritenuto degno di fronte a Dio.

Ma il suo destino fu comunque terribile. Dopo sei anni di regno un nuovo avversario, Filippico Bardane, riuscì ad occupare Costantinopoli e ad aizzare il popolo contro l’imperatore. Giustiniano II fu raggiunto fuori dalla città e condannato a morte per decapitazione. La sua testa fece il giro del mediterraneo raggiungendo Roma e Ravenna, esarcato Bizantino, in modo da mostrare la morte del re mutilato a tutti i cittadini del regno.

Il figlio sedicenne dell’imperatore mutilato, Tiberio, fu raggiunto nel santuario di Santa Maria delle Blacherne dalle truppe di Filippico. Strappato dall’altare al quale si aggrappava disperatamente, fu trascinato fuori e ammazzato in quattro e quattr’otto. Probabilmente il nuovo imperatore aveva imparato la lezione di Leonzio: meglio uccidere un eracliano anziché mutilarlo, non si sa mai che gli venga la voglia di tornare al trono…

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...