Le misteriose Macchine Anatomiche e la Leggenda Nera del Principe di Sansevero

Se fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe potuto tranquillamente dire di se stesso “Io sono leggenda” – parafrasando il titolo di un film distopico, che molto si attaglia alla sua figura – ma ai suoi tempi, Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, a Napoli è semplicemente “il Principe”.

Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero

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Oltre a esserlo per nascita, Raimondo di Sangro è stato, e in qualche modo lo è tuttora, il principe dei misteri, per quella sua smania di dedicarsi (oltre che a moltissime altre cose) a esperimenti legati all’alchimia e all’esoterismo. D’altronde lui, nato nel 1710, è figlio del suo tempo, di quell’illuminismo degli albori tanto fiducioso nel potere della conoscenza.

Raimondo di Sangro è oggi conosciuto più che altro per il suo mecenatismo, che ha consentito la realizzazione di capolavori come il Cristo Velato, La Pudicizia e Il Disinganno, conservati nel mausoleo della famiglia, la Cappella Sansevero di Napoli.

La Cappella Sansevero fotografata da Giorgio Sommer

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Ai suoi tempi invece, il Principe era conosciuto più per le sue invenzioni, considerate “prodigiose”, che destavano meraviglia e stupore nel popolo napoletano, come la carrozza marittima – che navigava in mare grazie a delle ruote a pale, ma apparentemente trainata da cavalli veri, in realtà di sughero – o il lume perpetuo, alimentato da un combustibile misterioso, il cui segreto è morto insieme al suo inventore.

La Carrozza Marittima

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Ancora più prodigiosi sono i suoi esperimenti di palingenesi, grazie ai quali Raimondo, almeno dando credito ai suoi contemporanei, riusciva a riportare in vita, con un procedimento mai condiviso con nessuno, piccole forme di vita vegetali e animali. Insomma, un dottor Frankenstein in anticipo sui tempi.

L’elenco sarebbe ancora lunghissimo, ma gli esempi sono sufficienti a comprendere come il Principe, oltre a essere un esempio di “uomo colto” appassionato di scienza, sia diventato un personaggio leggendario, avvolto da un’aura misteriosa, alimentata da lui stesso e ingigantita dai napoletani, che quanto a fantasia non sono secondi a nessuno.

“Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel Vico Sansevero […] s’udiva come il tintinnio d’un’incudine percossa da un martello pesante, o si scoteva e tremava il selciato del vicoletto come pel prossimo passaggio d’enormi carri invisibil” scrive lo scrittore Salvatore Di Giacomo, vissuto un secolo e mezzo dopo Raimondo.

Contribuisce a questa fama anche il filosofo Benedetto Croce, che testimonia come, per i suoi concittadini, il Principe fosse “l’incarnazione napoletana del dottor Faust”. Come spiegare, se non con un patto col diavolo, quella sua conoscenza dei “più riposti segreti della natura”?

A dar credito alla vox populi, per la sua sete di conoscenza il Principe compie macabri esperimenti, come quelli che hanno consentito la realizzazione delle “Macchine anatomiche”, oggi conservate nella Cavea sotterranea della Cappella Sansevero.
Come si legge sul sito del Museo, “Le due Macchine anatomiche sono tra le presenze più enigmatiche del complesso monumentale”, perché ad oggi, dopo più di due secoli e mezzo, il loro mistero non è ancora stato completamente svelato.

Le due Macchine anatomiche

Immagine di David Sivyer via Wikipedia – licenza CC BY-SA 2.0

Le Macchine anatomiche riproducono, sugli scheletri di un uomo e di una donna, l’apparato circolatorio del corpo umano, con tanta precisione e minuzia da destare seri dubbi sulla fattura posticcia. Intanto perché il sistema circolatorio, in particolare quello coronarico, non era così ben conosciuto all’epoca, e poi per l’aspetto così intricato di centinaia di fili che si intrecciano e si distendono sulle ossa, come un tessuto troppo complicato per essere frutto della mano umana.

Immagine di get directly down via Flickr, condivisa con licenza Creative Commons

Per molto tempo la leggenda nera che aleggiava sul Principe ha fornito un’interpretazione inquietante: le due macchine anatomiche sono il risultato degli esperimenti di Raimondo, che avrebbe iniettato a due suoi servi – vivi – una soluzione misteriosa in grado di metallizzare il sangue, allo scopo appunto di studiare l’apparato circolatorio.

Ancora Benedetto Croce, agli inizi del ‘900, dava credito a questa leggenda, e scrisse:

“[…] fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene.”

La realtà è ben diversa: le macchine anatomiche sono il frutto del lavoro di un medico siciliano, Giuseppe Salerno. Il principe acquista la macchina anatomica maschile dal medico stesso, che l’aveva portata in esposizione a Napoli, e poi lo prende alle sue dipendenze per realizzare la seconda, quella femminile, che aveva anche, ai suoi piedi, un feto con tanto di placenta (poi rubato nel 2000). Lo scheletro della donna mostra infatti i segni di un parto recente, forse causa della sua morte.

Volto dello studio anatomico di sesso maschile

Immagine di David Sivyer via Wikipedia – licenza CC BY-SA 2.0

Tutte le arterie e le vene, fino ai minuscoli capillari, sono realizzati con fil di ferro, cera e fibra di seta. Questi sono almeno i risultati di una ricerca condotta nel 2008 dall’University College London, che sembrava aver messo la parola fine alla leggenda popolare: non solo non è stata rilevata alcuna sostanza chimica, ma alcune imperfezioni nell’intricata riproduzione del sistema sanguigno, che avrebbero reso impossibile la vita in un essere umano reale, sarebbero la dimostrazione che, in quelle macchine anatomiche, di vero ci sono solo gli scheletri.

Peccato però che una ricerca successiva, condotta da medici dell’Ospedale San Gennaro di Napoli, abbia in qualche modo rimescolato nuovamente le carte: certo è vero che quell’apparato circolatorio è “finto”, ma è altrettanto vero che per come è fatto, avrebbe consentito la vita a un essere umano.

Allora ricominciano i dubbi: come poteva il Principe, o chi per lui, conoscere così a fondo un sistema cardiovascolare che sarà studiato solo molti anni dopo?

Qualcuno, tra gli studiosi di questo mistero, ipotizza che a monte di quella fedele riproduzione ci siano stati effettivamente degli “esperimenti iniettivi” su un essere umano. Se ante o post mortem nessuno può saperlo…

Per concludere è importante riportare le considerazioni finali pubblicate sulla Rivista Acta Paleomedica dai ricercatori italiani Veronica Papa, Carla Esposito, Francesco Galassi ed Elena Varotto, in uno studio dal titolo Le Macchine Anatomiche della Cappella Sansevero: Considerazioni Storiche e Paleopatologiche:

Le Macchine Anatomiche della Cappella Sansevero hanno l’innegabile capacità di evocare leggende di stregoneria ed alchimia, alimentate anche dalla mancanza di documentazione medico-scientifica e dalla presenza di fonti storiche e letterarie frammentarie, lacunose ed insufficienti. È fuori dubbio che siano necessari ulteriori e più approfonditi studi medico-scientifici, allo scopo di analizzare nel dettaglio l’apparato cardiovascolare delle macchine anatomiche ed acclararne eventuali alterazioni patologiche.

La leggenda nera di Raimondo di Sangro dunque non si spegne, e probabilmente lui, che aspirava all’immortalità, in qualche modo se la gode, forse dall’inferno (come Faust) o forse da un luogo più piacevole, dove la sete di sapere non porta alla dannazione.


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