Le Isole Chagos: il Paradiso strappato dal Regno Unito al popolo locale

Chagos è un lussureggiante arcipelago dalle acque cristalline dell’oceano Indiano, situato a 700 chilometri a sud delle Maldive e a metà strada tra l’Africa e il Sud-Est Asiatico. L’area, grande circa 63 chilometri quadri, comprende sette atolli e circa 60 isole. Questo territorio appartiene politicamente al Regno Unito, sotto il nome di BIOT (British Indian Ocean Territory), ma è oggetto, oggi, di un contenzioso con le Isole Mauritius che rivendicano le Chagos come regione propria.

Chagos era abitata dagli Ilois, un popolo discendente dagli schiavi africani e asiatici. Di identità creola, furono espulsi dalla propria terra tra gli anni ‘60 e ‘70 su decisione inglese, dopo l’accordo, con gli USA, che stabilì la costruzione di un aeroporto militare di gestione statunitense sul principale atollo, Diego Garcia.

Pur conoscendone l’esistenza e pur mettendoci piede, l’arcipelago fu sempre ignorato dai maldiviani, disinteressati a trasformarlo in una propria colonia ittica: la sua storia, dunque, combacia con l’inizio delle esplorazioni europee del 1500.

I primi a giungere sulle isole furono i navigatori portoghesi, che le denominarono subito Bassas de Chagas. Ma anche loro, però, non fiutarono alcun interesse, né portuale, né strategico e le isole continuarono a restare disabitate.

Fu negli anni ‘60 del ‘600 che l’attenzione sulle Chagos cominciò a concretizzarsi, attraverso l’arrivo dei francesi: annesse le isole Réunion nel 1665, Parigi si prese anche il piccolo arcipelago.

Questi sperduti atolli, sulla strada commerciale per l’India, finirono dunque nella regione d’oltremare francese delle Mauritius, conquistate nel 1715 e chiamate Isle de France. Il dominio a Mauritius e a Chagos durò un secolo: con le sconfitte napoleoniche, il 30 maggio 1814 fu firmato, nel primo Trattato di Parigi, la cessione al Regno Unito di Mauritius, Seychelles e Chagos, pur mantenendo le Réunion (politicamente francesi ancora oggi).

Fu nel secolo francese che le isole Chagos cominciarono a popolarsi: negli anni ‘70 del ‘700 furono piantate le prime piante di cocco e i primi abitanti, composti da circa 60 unità, giunsero nei successivi anni ‘90. Nel 1793, sull’atollo di Diego Garcia, cominciò un fiorente mercato di pesce e cocco e i francesi, qui, portarono i primi schiavi: uomini e donne, provenienti dall’attuale Mozambico, Madagascar, Mauritius e molto probabilmente anche dal Senegal.

La schiavitù, tuttavia, fu riconosciuta ben presto illegale: la Rivoluzione Francese portò, tra i vari eventi, anche alla sua abolizione il 4 febbraio 1794, tornando poi legale sotto Napoleone nel 1802. Lo sfruttamento di manodopera coatta nelle colonie francesi si protrarrà ancora a lungo e la legge napoleonica verrà abrogata solo nel 1848.

Una volta che le Chagos finirono nell’orbita britannica, sulle isole si aggiunsero anche i malay, provenienti dall’attuale Malesia e gran parte degli abitanti continuavano ad essere schiavi: in teoria, fino al 1834, quando la Gran Bretagna abolì la schiavitù. In pratica, solo nel 1839, grazie alle retribuzioni che gli agricoltori locali iniziavano a percepire dai proprietari terrieri.

Se in epoca francese le Chagos erano amministrate dagli uffici con sede a Isle de France (Mauritius), in epoca britannica erano gestite, dal 1835, dalle Seychelles.

Alla fine dell’800 le Chagos si trovavano in un contesto culturalmente eterogeneo: accanto alle già citate origini, nel corso dell’800 si aggiunsero i somali, i mauriziani, i seychellesi, gli indiani e persino i cinesi. Tutti impegnati nei pochi settori primari che Chagos offriva: chi nella pesca, chi nell’allevamento e chi, infine, nella coltivazione del cocco.

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Partendo da questo mix di etnie, si iniziò a porre le prime fondamenta della nuova identità chagossiana, grazie al ricambio generazionale avvenuto principalmente tra l’800 e il ‘900. Sorsero di fatto nuovi usi e costumi, si diffuse la variante chagossiana della musica Sega, il tipico genere folk delle isole creole dell’oceano Indiano e, soprattutto, la lingua proseguì nella sua filogenesi, dando vita al creolo chagossiano (noto come Bourbonnais Creole) con tracce non solo francesi ma anche indiane, malgasce e cinesi.

Intanto, le truppe britanniche e indiane stazionarono qui durante la seconda guerra mondiale, come avamposto tra il subcontinente indiano e le campagne d’Africa, senza disturbare la vita degli ilois.

Furono poi gli anni ‘60 a ribaltare completamente lo scenario, economico e sociale

Nel 1962 la Societé Huiliére de Diego et Peros, società mauriziana finanziata dalla Francia e che dal 1883 era proprietaria di tutte le piantagioni di cocco delle Chagos, vendette i terreni alla Seychelles Chagos-Agalega Company, società che controllava quasi tutto l’arcipelago, tranne sei acri di Diego Garcia: i contadini e i dirigenti che lavoravano per conto di questa compagnia erano dipendenti di un proprietario assente, dato anche l’impegnativo viaggio che comportava, e guadagnavano in base all’export.

L’anno cruciale, per le sorti del popolo ilois, fu il 1965: le Mauritius cominciarono a negoziare l’indipendenza con il Regno Unito e il Segretario degli Esteri inglese, Anthony Greenwood, si recò in visita nella futura capitale Port Louis ad aprile. Era un periodo, quello degli anni ‘60, in cui la decolonizzazione divenne un vero e proprio effetto domino tra le tante nuove nazioni del Terzo Mondo. In quegli anni, inoltre, il nuovo teatro della Guerra Fredda, dall’Europa, si spostò in Africa e in Asia: il Regno Unito e soprattutto gli USA seguivano quindi attentamente ogni sviluppo di indipendenza e con la nascita di una Nazione, si doveva, laddove possibile, trascinare un nuovo paese nella propria sfera d’influenza, in chiave anti sovietica.

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Fu proprio durante la visita di Greenwood che il destino delle Chagos cominciò ad essere ormai segnato: un incontro segreto tra il segretario degli Esteri britannico e Seewoosagur Ramgoolam, futuro Primo Ministro delle Mauritius, portò ad un compromesso. Le Mauritus sarebbero divenute indipendenti, a patto però di rinunciare alla sovranità sulle Chagos. In cambio, Londra avrebbe versato a Port Louis un pacchetto di aiuti finanziari di tre milioni di sterline, una cifra che si scoprirà essere piuttosto scarsa ai fini del decollo economico della nuova Nazione.

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Mauritius diverrà, alla fine, indipendente nel 1968.

Nacque così, nel 1965, la regione d’oltremare britannica chiamata con l’acronimo BIOT (British Indian Ocean Territories): ne facevano parte le Seychelles e le Chagos.

Fu un successo per la Gran Bretagna. Nell’aprile 1967, la Chagos-Agalega Company fu acquistata dall’amministrazione BIOT per 600 mila sterline: mantenne lo stesso nome ma, di fatto, pagava gli affitti alla Corona. La società risolse, poi, il contratto di locazione alla fine del 1967 e terminò la sua attività. Questo evento portò alla perdita del lavoro tra i dipendenti: nel 1966 lavoravano circa 920 persone, sin dai 12 anni. La scomparsa definitiva della Compagnia portò a duri contraccolpi sui chagossiani:

Ma il peggio, tra loro, doveva ancora venire

Il 30 dicembre 1966 il Regno Unito e gli Stati Uniti firmarono un accordo per la costruzione di un aeroporto militare sull’atollo di Diego Garcia, tramite un contratto dalla durata di 50 anni. Fu un vantaggio per entrambi gli attori: Washington si impegnava a pagare l’affitto a Londra e gli USA ottennero così un successo geopolitico. Fu dunque costruita una base aeronavale, composta da bombardieri supersonici, a metà strada tra l’Africa e l’Asia, in uno dei luoghi più sicuri del mondo in materia di segretezza. Per esempio, tra i vari divieti, spicca quello di scattare fotografie. L’aeroporto di Diego Garcia servì subito come punto d’appoggio per le campagne in Vietnam e in futuro venne riutilizzato da Washington per le operazioni militari in Afghanistan.

Restava però, da parte delle due potenze occidentali, un nodo da sciogliere:

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Che fare degli abitanti?

Tra il 1968 e il 1973 furono, a gruppi, espulsi dall’arcipelago: i profughi furono trasferiti, spesso attraverso navi cargo, alle Seychelles e alle Mauritius. Su Solomon, una delle isole dell’arcipelago, sorge ancor oggi un villaggio fantasma, con gli oggetti abbandonati. Fu uno sfratto forzato, eseguito dai soldati sulle isole, nel quale molte famiglie videro morire i propri animali da allevamento: alcuni uccisi col gas; altri, invece, persino bruciati vivi.

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Le comunità ricevettero la promessa di una nuova sistemazione altrove, ma la realtà fu ben diversa. Uno dei casi più drammatici dell’esodo risale al 30 settembre 1971: approdò, nei porti delle Seychelles, una nave contenente 146 persone e quattro cavalli. Senza soldi e senza alcuna sistemazione, il gruppo trascorse nove giorni in prigione. Dopodiché, fu offerto un nuovo lavoro sull’isola di Agalega, oggi appartenente politicamente a Mauritius: l’intera comunità, ormai spossata e frustrata, rifiutò e fu infine accolta a Port Louis, Mauritius.

Un altro gruppo, ancora, sbarcò sull’isola di Farquhar, alle Seychelles, e ottenne il permesso di dormire alcuni giorni in strada, sotto la tettoia del Long Pier, prima di tornare a navigare verso le Mauritius.

Anche per i nascituri, c’erano problemi di grande portata: chi veniva al mondo non era considerato cittadino britannico. Si sperava, invano, in un riconoscimento della cittadinanza del BIOT. Nulla da fare, nessuna legge ha regolato, in seguito, la concessione dei relativi passaporti. Crescendo, dunque, i bambini erano apolidi. Alle Seychelles, Nazione divenuta indipendente nel 1976, al momento della proclamazione di indipendenza molti chagossiani che vivevano nella capitale Victoria e su altre isole non possedevano i documenti che attestassero la reale data di nascita: si appellarono alla nuova Costituzione, modificata nel 1979. Alla fine, la possibilità di diventare cittadino delle Seychelles c’era:

Si doveva, però, pagare

Anche a Mauritius, intanto, nel 1982 l’argomento della cittadinanza agli Ilois divenne centrale. Il Regno Unito versò un fondo, l’Iloi Trust Fund (rinnovato nel 1999 col Welfare Fund Act) da destinare alle pratiche di cittadinanza e ai programmi di assistenza sussidiari agli esuli chagossiani presenti a Mauritius. I chagossiani, che non si sono mai ambientati a Port Louis, erano ormai pochi. Alcuni, si trovavano sempre a Mauritius ma lontano da Port Louis, sulle isole di Agalega; altri, anche grazie alle ambasciate, si trasferirono in Canada o in Svizzera. La grande maggioranza della comunità, inoltre, vive oggi in Inghilterra, possedendo la cittadinanza britannica. Si calcola, in totale, una cifra che tocca i 5 milioni di sterline destinati ai chagossiani, pur di impedire loro un possibile ritorno a casa: i finanziamenti, provenienti anche in parte dal valore dei terreni espropriati alle Chagos, terminarono quasi tutti nelle casse statali di Mauritius e Seychelles.

Negli ultimi anni, la questione degli esuli delle Chagos si è riaccesa a livello internazionale: nel 2016 scadde l’accordo tra Regno Unito e Stati Uniti per il possesso di Diego Garcia e con un’altra firma, il contratto fu prorogato al 2036. Nel giugno 2017, l’Assemblea generale dell’ONU ottenne una risoluzione alla Corte Internazionale, chiedendo la valutazione attraverso un parere consultivo. Il 3 settembre 2018 fu avviato un dibattito di quattro giorni in presenza dell’Unione Africana più i rappresentanti di ventidue Paesi, in presenza anche di Germania, Stati Uniti e Regno Unito. L’esito del verdetto, stabilito dal giudice, ha finalmente sorriso a Mauritius e ai chagossiani: secondo il Presidente della Corte di giustizia internazionale Abdulqawi Yusuf, Chagos appartengono illegalmente all’Inghilterra, poiché, violando le principali norme del diritto internazionale che regolano il principio di autodeterminazione dei popoli, ogni decisione presa negli anni ‘60 rappresenta un atto illecito. Pertanto, il Regno Unito è tenuto a restituire l’arcipelago a Mauritius che, proprio per lo strappo delle Chagos, la Nazione non si è mai completata a livello territoriale.

L’intenzione, da parte di Londra, appare ancora incerta e contraddittoria: da un lato, ha promesso ai chagossiani il ritorno sulle isole; dall’altro, però, solo quando Chagos non avrà più alcuno scopo difensivo.

Nel maggio 2019, una risoluzione presso l’ONU ha stabilito, in maggioranza, che le isole vengano restituite: 116 nazioni hanno votato a favore, solo 6 contrarie e 56 astenute (tra cui Francia e Germania).

Di questa lunga battaglia si riconoscono attivisti chagossiani storici: uno tra tutti, Louis Olivier Bancoult, leader del movimento Chagos Refugee Group (fondato nel 1982 dalla mamma Rita Elysée). L’uomo, nato nel 1964, fu espulso da Chagos all’età di 4 anni.

Un’altra personalità era Charlesia Alexis: di professione cantante, è morta in Inghilterra a 78 anni nel 2012. Nacque e crebbe a Diego Garcia e il suo dramma fu improvviso: accompagnando alle Mauritius il marito per alcune visite mediche a Port Louis nel 1967, durante l’imbarco portuale per il ritorno a casa i coniugi furono bloccati. Non potevano più ritornare a Chagos, costretti ad abbandonare di fatto tutti i propri averi a Diego Garcia.

Infine, Lisette Talate, classe 1941 e anche lei deceduta nel 2012, testimoniò lo sfratto: in visita sull’isola di Peros Banhos, dove viveva la mamma, incontrò diversi soldati intenti a distruggere le fattorie, a bruciare vivi gli animali e a cacciare le famiglie lì presenti. Lisette aveva sei figli, due dei quali morti poco tempo dopo essere arrivati alle Mauritius: lei e la famiglia finirono in una baraccopoli nella periferia di Port Louis. Tra le varie proteste da lei organizzate nel tempo, decise anche di aderire agli scioperi della fame.

Il Chagos Refugee Group fu, specie negli anni ’80, un movimento di lotta che servì anche come veicolo di comunicazione con i chagossiani analfabeti: si doveva prestare la massima attenzione alle firme. Poteva succedere, infatti, che un documento venisse firmato, senza alcuna lettura, nel quale si chiedeva, con una X, la definitiva rinuncia di ritorno a casa.

Il dramma dell’esodo toccò, negli anni, oltre 3000 individui: un numero piuttosto basso per conservare a lungo una cultura etnica. Senza la possibilità di tornare alle Chagos, il rischio di assimilazione tra chi vive all’estero, specie in Occidente, potrebbe trasformarsi in futuro in una dura realtà.

L’illegittimità dell’occupazione da parte del Regno Unito è stata certificata anche poco tempo fa, a fine Gennaio 2021, dal tribunale marittimo delle Nazioni Unite.


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