Le Iscrizioni sulla Corteccia di Betulla: testimonianze eccezionali dal medioevo Russo

Le prime берестяные грамоты (berestjanye gramoty – iscrizioni su corteccia di betulla) sono state scoperte per caso negli anni cinquanta in Russia. Risalenti a un arco di tempo che va dall’XI al XV secolo, sono una preziosissima testimonianza di come si vivesse quotidianamente in quella regione nel periodo medievale. In particolare una serie di gramoty sono state scritte e illustrate da un bambino, Onfim, che, proprio come i bambini odierni, si esercitava sulla scrittura e, nel tempo libero, amava disegnare.

Vediamo di cosa si tratta.

Cosa sono le gramoty?

Novgorod, Russia, 575 chilometri a nord ovest di Mosca. Il 26 Luglio 1951 Nina Fedorovna Akulova stava lavorando come operaia negli scavi archeologici diretti dall’archeologo Artemij Arcihovskij. Improvvisamente dalla terra che stava rimuovendo emerse una piccola tavoletta di legno. Incuriosita, la prese in mano e notò delle incisioni sulla sua superficie. Sembravano delle scritte. Era un testo scritto con un alfabeto cirillico un po’ rudimentale. La lingua era un antico dialetto slavo, quello di Novgorod, appunto, fra le più antiche testimonianze scritte in questo idioma allora poco conosciuto.

Da allora si calcola che più di un migliaio di queste tavolette siano venute alla luce nella regione circostante, ma è probabile che almeno ventimila siano ancora da scoprire. Un corpus letterario notevole: il più lungo libro che ci è pervenuto in antico dialetto di Novogorod, la Russkaja Pravda, un codice di leggi e consuetudini scritto fra il XI e XII secolo, consta di 2600 parole circa, mentre, nel complesso, i testi di tutte le tavolette che possediamo finora arrivano a più di 12000 parole.

Fotografia di LenskiyS condivisa con licenza Creative Commons 4.0 via Wikipedia.

Le gramoty erano un po’ come i nostri blocchi per appunti. Servivano alle esigenze di tutti i giorni, quindi potevano essere usate come quaderni per gli esercizi o come carta da lettera. Ed erano molto economiche, perciò alla portata anche dei ceti inferiori. Le cronache russe dell’epoca ci testimoniano che anche nei monasteri ci si serviva di questo supporto per scrivere e copiare libri, dato che la pergamena era troppo costosa.

Consistevano in delle strisce di corteccia di betulla, lunghe una ventina e alte una decina di centimetri. Venivano bollite in modo da ammorbidirle ed essere stese, per poterci scrivere sopra. Non potevano dunque contenere testi molto lunghi: la più lunga iscrizione finora trovata contiene soltanto centosettantasei parole.

La zona dei primi ritrovamenti (Immagine da Google maps)

I fattori che hanno permesso a queste tavolette di conservarsi e di poter essere lette ancora oggi sono essenzialmente due.

Innanzitutto, per scrivere non si utilizzava l’inchiostro, che col passare del tempo si sarebbe certamente scolorito, ma degli oggetti per incidere, come degli spilloni, dei punteruoli o degli stili. Tra l’altro la scoperta delle tavolette chiarì la funzione di queste rudimentali penne, che venivano spesso trovate negli scavi senza capire bene cosa fossero.

Il secondo motivo di conservazione è la particolarità tecnica di costruzione delle strade russe medievali.

Infatti, all’epoca, le vie di comunicazione erano pavimentate con dischi di legno su cui, col tempo, veniva gettata immondizia di ogni genere, ivi comprese le tavolette che, esaurita la loro funzione di blocco per gli appunti o di lettera, venivano spezzate e gettate come le nostre cartacce. Quando poi, ogni quindici-venti anni circa, i dischi di legno, per la natura acquitrinosa del suolo russo, erano diventati marci e inservibili, non si rifaceva la strada ex novo, ma si posava altro legno direttamente sul vecchio pavimento, racchiudendo in uno strato compatto tutto quello che si trovava sotto.

Ed è stata la nostra fortuna, infatti, ogni materiale organico si è conservato perfettamente in assenza di ossigeno, senza il quale gli agenti della decomposizione non possono agire. Non abbiamo praticamente altre vestigia di quel tempo: le case erano di legno, così come la maggior parte delle suppellettili di uso comune, quindi soggette a decadimento; anche gli incendi dovevano essere molto comuni: ne troviamo tracce negli strati che sono stati esaminati.

La gramota 200: un alfabeto e il disegno di uomo a cavallo che atterra un nemico con a destra il nome “Onfim” mostro (Immagine condivisa su licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia)

Dal XV secolo gli strati si interrompono: da allora non troviamo più gramoty.

La ragione di questa brusca interruzione non è tanto perché la pratica sia andata in disuso, ma perché nel Settecento la zarina Caterina II, nell’intento di modernizzare il paese, ordinò un drenaggio del terreno acquitrinoso delle strade in modo da renderlo più solido e compatto, per facilitare il trasporto delle merci e il transito delle persone. Questa operazione, oltre a rovinare completamente la stratigrafia, causò la decomposizione di tutto il materiale deperibile una volta a contatto con l’aria. Fortunatamente non andarono in profondità con le loro pale!

Cosa possiamo leggere nelle gramoty?

Come detto, le gramoty erano riservate all’uso quotidiano, con un linguaggio molto colloquiale; non dobbiamo certo aspettarci trattati di pace, testi letterari o solenni proclamazioni.

Ma è proprio questo che ha incuriosito gli studiosi: potevano veramente capire come vivesse la gente comune a quei tempi.

La gramota 752 per esempio è una lettera sicuramente scritta da una donna in bella grafia. Si tratta di una lettera in cui si lamenta col suo amato perché non è andato a trovarla:

“Che cosa hai contro di me che questa settimana non sei venuto da me? Eppure io mi sono comportata con te come con un fratello! Possibile che ti abbia offeso per il fatto che ti ho inviato dei messaggi? A quanto vedo, la cosa non ti è gradita. Se ti fosse stata gradita, ti saresti sottratto agli occhi della gente e saresti venuto”.

Non conosciamo il nome della scrivente: evidentemente consegnò di persona il messaggio all’amato e quindi non c’era bisogno di dire chi lo mandasse. La gramota 9 è scritta ancora da una donna, Gostjata, che è stata ripudiata dal marito e si appella a un parente (forse un fratello o uno zio) denunciando irregolarità commesse sui suoi beni. Possiamo leggervi:

“Da Gostjata a Vasil’. Ciò che il padre mi ha dato e che i parenti mi hanno dato in aggiunta, è nelle mani di lui. E ora che si è portato in casa una nuova moglie, non mi restituisce più nulla. Non mi tutela più come marito, mi ha scacciato e si è preso un’altra. Vieni, per favore.”

La gramota n. 109 Žiznomir scrive a Mikula per la questione della serva (Immagine condivisa su licenza CC BY 1.0 via Wikipedia)

In un altro testo (gramota 109) si fa riferimento al caso giuridico: la moglie del Principe di Novogorod aveva riconosciuto in una schiava detenuta dallo scrivente la sua serva, e si chiede al destinatario aiuto per poterla risarcire, comprando un’altra schiava e un cavallo per un magistrato, in modo da evitare una condanna.

“Lettera di Žiznomir a Mikula. Tu hai comperato una schiava a Pskov. E ora, a causa di questo, la principessa mi ha arrestato. E ora ha garantito per me la družina [forse in questo caso è una corporazione di colleghi o un gruppo di amici o parenti]. E dunque spedisci ora a quell’uomo che l’ha venduta una lettera, se possiede una altra schiava. Ed ecco cosa voglio da te: che, comprato un cavallo e fattovi salire un uomo del principe, tu venga ai confronti. E se non hai preso indietro il denaro speso per l’acquisto della schiava, non prendere nulla da lui”

La gramota 731 è la risposta affermativa della madre di un ragazzo a una proposta di matrimonio fatta per conto di un’intermediaria di nome Jarina. “Ossequi da Janka e Seljata a Jarina. Il ragazzo desidera dunque prendere in moglie quella che tu proponi. Appena c’è l’occasione desidera fidanzarsi con lei. Per favore, vieni qui al più presto. Gli ho promesso il mio consenso, dato che tu gli hai detto giorni fa:

“Vieni, e lo stesso giorno te la farò avere”. Qualora tu non abbia lì il povojnik [un compricapo femminile tipico delle donne sposate], acquistane uno e mandalo. E dove c’è pane per me, ce n’è anche per te.”.

Quest’ultima frase ci fa capire che questo tipo di servizi non erano gratuiti (un po’ come oggi)!

La tavoletta 69, del XII secolo, ci testimonia le spedizioni militari condotte da Novgorod, capitale all’epoca di un potente stato russo, contro le città e le fortezze dell’alto Volga:

“Da Terentij a Michal’. Mandate un mulo con Jakovec. Partirà la družina [l’armata di scorta a un capo locale], la schiera di Savva. Io mi trovo sotto Jaroslav’; sono in buona salute e sono con Grigor’. Quelli di Uglič sono ghiacciati [vale a dire: le navi sono bloccate dal ghiaccio] all’altezza di Jaroslavl’. Tu manda il mulo con Jacovec fino a Uglič: è proprio lì che si dirigerà la družina”.

Sono tutte notizie interessanti sul modo di vivere nella Russia del tempo, per esempio sul grado di istruzione delle donne dell’epoca, che sapevano scrivere e conoscevano, come nel caso di Gostjata, anche le normative vigenti.

Una serie di gramoty con disegni di Onfim (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Le diciassette tavolette di Onfim

Fra le gramoty ritrovate, certamente quelle più particolari sono quelle scritte e disegnate da Onfim. Era verosimilmente un bambino di sei-sette anni alle prime armi con la scrittura e dalla spiccata fantasia.

La gramota n. 210: una delle gramoty con i disegni di Onfim insieme a un esercizio di ortografia (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Di lui restano ben diciassette tavolette, tutte firmate con la sua grafia infantile e disegnate con un tratto caratteristico dei bambini.

Sembra un disegno dei bambini moderni, fa impressione pensare che risalgano a molti secoli fa, forse quasi un millennio.

Cinque di esse contengono soltanto esercizi: il bambino scriveva in successione l’alfabeto e alcune sillabe per far pratica. Compaiono anche delle frasi compiute come “Signore, aiuta il tuo servo Onfim” e frammenti tratti dal libro dei salmi (come ad esempio 6,2 e 25,3). Dato che la maggior parte delle frasi scritte sono tratte proprio da quest’ultimo testo biblico gli studiosi pensano che fosse l’unico testo che avesse a disposizione per copiare o che in qualche modo gli fosse più familiare di altri.

La gramota 199, a destra Onfim si raffigura come un mostro (Immagine condivisa su licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia)

Ma quello che più piaceva ad Onfim era probabilmente il disegno, come testimoniano le altre dodici tavolette. Nella gramota 199, che probabilmente era in origine il fondo di un cestino fatto di corteccia, troviamo su una facciata un testo scritto, mentre nell’altra si vede un essere mostruoso che sputa fuoco dalla bocca con un lungo collo, orecchie appuntite e coda arricciata.

Una sorta di fumetto accanto al disegno recita: “Saluti da Onfim a Danilo” mentre al di sotto possiamo leggere la scritta: “sono una bestia selvaggia”.

Praticamente è il bambino stesso che si immaginava di essere una creatura fantastica. Chissà forse aveva tracciato quel disegno come regalo al suo amico Danilo. Accanto all’alfabeto, nella tavoletta 205, c’è uno strano disegno che gli studiosi interpretano come una barca a remi.

La gramota 206: una serie di sillabe e frasi e ritratti di Onfim e dei suoi amici (?) (Immagine condivisa su licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia)

In altre tavolette si incontrano tante figure umane, probabilmente il ritratto di Onfim e dei suoi amici, o figure di cavalieri che atterrano nemici con accanto il nome dell’autore. Chissà, forse, era lo stesso bambino che, giocando ancora una volta di fantasia, si immaginava di essere un guerriero a cavallo, mentre studiava l’alfabeto o leggeva i salmi.

Dall’esame delle opere del bambino l’unica cosa certa che sappiamo è che non aveva ancora imparato a contare: le figure umane disegnate hanno dalle tre alle otto dita!

Non sapremo mai se fosse uno studente diligente o svogliato; se amasse giocare con Danilo e gli altri bambini del villaggio, fingendo di essere un cavaliere o un mostro, né che vita fece da adulto.

Così come non sapremo mai se il figlio di Janka si sposò, se Gostjata risolse i contrasti con l’ex marito o se Terentij tornò sano e salvo dalla spedizione. Conosciamo, però, un pezzo della loro vita e uno spaccato della loro società, tutte cose venute fuori dagli scavi.

Tutto questo grazie alle gramoty e alle strade cosparse di rifiuti della Russia medievale. Rifiuti per loro, preziosissimi reperti per noi.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Remo Faccani, Gramoty novgorodiane su corteccia di betulla. I (Secoli XI-XII), in Annali di Ca’ Foscari. Serie occidentale, Editoriale Programma, 1987
Artemij Keidan, Le iscrizioni novgorodiane su corteccia di betulla in ottica comparatistica, in Incontri Linguistici, vol. 32, Fabrizio Serra Editore, 2009
Andrej Zaliznjak, Drevnenovgorodskij dialekt, 2ª ed., Košelev, 2004
Andrej Zaliznjak, Lettere e documenti russi su corteccia di betulla (Novgorod, secc. XI–XV), in Slavia, vol. 2, Roma, Associazione Culturale “Slavia”, 1995

https://it.wikipedia.org/wiki/Iscrizioni_novgorodiane_su_corteccia_di_betulla
https://it.wikipedia.org/wiki/Onfim
https://it.wikipedia.org/wiki/Antico_dialetto_di_Novgorod

In questo sito, purtroppo solo in russo, possiamo vedere le foto di tutte le gramoty ritrovate, translitterate, tradotte in russo e, talvolta, anche in inglese.

http://gramoty.ru/birchbark/


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