In una solitaria e pietrosa collina, vicino all’antica città-oasi di Sakakah, nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, spuntano dal terreno enigmatici menhir, alcuni dei quali riportano misteriosi graffiti Thamudic (antica lingua araba).
Chiamate Al-Rajajil (gli uomini), queste enormi pietre, che possono pesare fino a cinque tonnellate ciascuna, sono spesso soprannominate la Stonehenge dell’Arabia Saudita, antiche e misteriose quanto le sorelle inglesi.
Eretti più di 6.000 anni fa, questi monumenti vegliano da millenni su una sconosciuta cultura estinta da lungo tempo. Molte pietre sono cadute, ed altre si sono appoggiate in casuali e bizzarre angolazioni, prova tangibile del faticoso lavoro compiuto in un qualche momento del Calcolitico o dell’Età del Rame, da persone che realizzarono i primi monumenti umani della penisola arabica, erigendo 54 gruppi di colonne di arenaria rozzamente tagliate. Le pietre sono disposte a gruppi di quattro o più, unite alle base e solitamente divergenti verso l’alto.
ìGli archeologi non sono riusciti a scoprire quasi nulla su Al-Rajajil, né su chi li costruì né perché. Non sembra probabile che le pietre avessero uno scopo sacro, perché nelle loro vicinanze non sono stati trovati né resti umani, né manufatti religiosi od offerte agli dei. Tuttavia, la posizione delle pietre sembra suggerire un grossolano allineamento astronomico tra i punti di alba e tramonto. Anche se non evidente a livello del suolo, questa traccia diventa più chiara con le immagini aeree.
ìE’ anche possibile che i menhir fossero dei punti di riferimento lungo un’importante via commerciale: la città vicina, anticamente chiamata Al-Jouf, era un trafficato luogo di sosta all’incrocio di diverse rotte commerciali che collegavano la penisola arabica con Egitto, Mesopotamia e Siria.
Fotografia di Retlaw condivisa con licenza Creative Commons via Flickr:
Una delle più antiche vie di terra mai registrate nella storia, correva dallo Yemen, parallelamente alla costa del Mar Rosso, attraverso le città di Medina, Al-‘Ula e Mada’in Saleh. La rotta girava a nord-est verso Al-Jouf, e a nord verso Damasco e la Turchia; in questo modo le carovane evitavano le sabbie del Deserto del Nafud (a sud), e quelle ancora più faticose del Wadi al-Sirhan (a nord). Forse le pietre erano poste lì per indicare la presenza del crocevia, fornendo la traccia del percorso più sicuro da prendere.
La penisola arabica ha un ricco patrimonio archeologico, sulla cui storia molto si sa, ma le “pietre in piedi” di Al-Rajajil rappresentano un enigma irrisolto di cui ben pochi hanno sentito parlare.