Nel 1777 un certo Joseph Heely, che stava scrivendo una guida su tre grandi giardini nelle Midlands inglesi, passeggiava per la campagna nei pressi di Birmingham, quando fu sorpreso da un temporale. Guardandosi intorno per cercare un rifugio, si accorse che un filo di fumo si alzava da una fessura di una cresta rocciosa. Incuriosito, si avvicinò, e rimase sorpreso nello scoprire che c’erano delle case ricavate nel fianco della collina. Fu invitato ad entrare in una di esse, e in seguito la descrisse come “strana, calda e comoda”, ed anche ben arredata. Gli abitanti di queste grotte erano bravissime persone, orgogliose delle loro case, e felici di spiegare al visitatore l’origine di queste particolari dimore.
La descrizione di Heely è la prima testimonianza scritta sulle Rock Houses di Kinver. Più di un secolo dopo, quelle stesse case avrebbero ispirato JRR Tolkien per il suo capolavoro: Lo Hobbit.
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Tra le contee del Worcestershire dello Staffordshire c’è il Kinver Edge, una brughiera con creste rocciose di morbida arenaria, malleabile e facile da scavare, tanto che le grotte naturali si potevano ampliare rapidamente, trasformate in case che si susseguono intorno ad una roccia chiamata Holy Austin, forse perché rifugio di un eremita.
La maggior parte delle grotte abitate erano suddivise in due locali: una cucina/ soggiorno e una stanza da letto, più un ripostiglio posto sul retro. Ogni camera aveva un camino ricavato direttamente nella roccia, con uno sfogo per il fumo. Le case erano anche dotate, almeno negli ultimi decenni (furono usate fino agli anni ’60), di energia elettrica, acqua e gas.
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Non si sa con certezza quando e perché furono ampliate per la prima volta le grotte, forse molto presto, attorno al 700 dopo Cristo. Tuttavia, le caverne furono trasformate in abitazioni permanenti quando gli abitanti di Kinver, nel 17° secolo, iniziarono ad usare la roccia per le loro costruzioni. E’ possibile che i locali cavatori di pietra abbiano poi cominciato ad usare le grotte come case; nel 1830 ci vivevano sei famiglie, ma il complesso ne ospitò sicuramente sino a 11.
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Pare che un giorno, verso la fine degli anni ’20, mentre stava leggendo qualcosa per la sua attività di accademico all’Università di Oxford, Tolkien si trovò davanti una pagina bianca, e fu colto da un’improvvisa ispirazione. Scrisse la prima riga di uno dei suoi straordinari libri:
In un buco nel terreno viveva uno Hobbit
Esistono molte somiglianze tra le case-grotta di Kinver, come potevano essere nel 18° secolo, e la descrizione dei “buchi” degli Hobbit: “La porta si apre su una sala a forma di tubo, come un tunnel: un tunnel molto comodo e senza fumo, con pareti rivestite, pavimenti piastrellati e moquette, dotato di sedie lucide, e molti ganci per cappelli e cappotti”… qualcosa di molto simile a ciò che vide Heely quando si rifugiò dal temporale in una delle ospitali dimore di Kinver Edge.
Tra l’altro Tolkien, che visse la propria giovinezza a Birmingham, quasi certamente aveva visto di persona sia Kinver Edge sia le sue Rock Houses, perché amava molto passeggiare per la compagna circostante, per sfuggire alla fumosa e sporca città inglese.
Molte delle leggende locali sono stranamente simili ad alcuni episodi dello Hobbit, e sebbene Tolkien fosse sempre riluttante a rivelare quali fossero i luoghi da cui traeva ispirazione (come la città italiana di Ravenna, che ispirò con ogni probabilità Minas Tirith), ammise apertamente che le Midlands erano uno di questi.
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Dopo che le ultime famiglie lasciarono le Rock Houses negli anni ’60, il tempo, l’incuria e i vandali hanno quasi completamente mandato in rovina il complesso. Negli anni ’90 il sito fu però acquistato dal National Trust inglese, e oggi alcune delle case sono state ripristinate alle condizioni originali, e aperte al pubblico.
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