Le Autopsie di “Vampiri” dell’Epoca Vittoriana

Una mattina d’inverno del 1892, un giorno come un altro nel cimitero di Rhode Island, un gruppo di persone si aggira in modo circospetto. Ciò che ha in programma questo piccolo gruppetto è abbastanza inusuale, anche se non certo inedito: disseppellire un gruppo di cadaveri.

La prima ad essere svegliata dall’eterno riposo è Mary Eliza Brown, morta otto anni prima di tubercolosi, che viene trovata, almeno secondo il resoconto dei presenti, parzialmente mummificata. Anche la figlia maggiore, Mary Olive, viene dissepolta, morta anch’essa per la tubercolosi poco tempo dopo la madre, ma del suo corpo sono rimaste solo le ossa e i capelli. Infine viene esumato il corpo di Mercy, figlia minore di Mary Eliza Brown, morta di consunzione (un altro termine per definire la tubercolosi) un paio di mesi prima.

La tubercolosi, o consunzione, come era conosciuta nell’800, era spesso associata al vampirismo. Coloro che soffrivano della malattia diventavano pallidi e deboli, come si vede in questo fotomontaggio del 1858.

Le persone che esumano i cadaveri trovano il corpo di Mercy straordinariamente ben conservato, e quindi si convincono che la ragazza in vita fosse una vampira. Harold Metcalf, medico locale, si offre per eseguire l’autopsia. Rimuove il cuore e il fegato di Mercy, e li trova in uno stato di conservazione sorprendentemente buono. I processi di decomposizione sono stati certamente rallentati dai rigidi inverni precedenti, ma quando trafigge il cuore accade l’inaspettato:

Sangue!

Il medico sa che la presenza di sangue coagulato nell’organo è tipica in questa fase del processo di decomposizione. Quel giorno non è al cimitero per trovare prove di vampirismo, ma per sfatare una superstizione che aveva dominato Rhode Island per decenni. Prima della fine del 19° secolo, gli scienziati avevano scoperto le origini batteriche della tubercolosi, nota anche come consunzione o tisi, ma la saggezza popolare sostiene che la malattia sia ereditata e che il defunto possa prosciugare la vita ai parenti sopravvissuti.

Non è stata l’ignoranza “ma la disperazione” ad alimentare la superstizione, afferma Meredith Sellers del Mütter Museum, dove è stata da poco inaugurata la mostra” “Dracula and the Incorruptible Body – Dracula e il corpo incorruttibile”. Nel 1892 medici come Metcalf erano in grado di spiegare scientificamente la tubercolosi, e utilizzavano strumenti come quelli in mostra al museo per individuare il danno fisico che la malattia aveva realizzato. Metcalf infatti trovò tali prove nei polmoni di Mercy durante la sua autopsia.

I medici potevano spiegare la tubercolosi, ma non erano in grado di curarla, e la superstizione popolare fornì una versione alternativa alla paura del morbo.

Per loro quei morti erano dei Vampiri

Le rassicurazioni di Metcalf che Mercy non fosse una vampira naturalmente non soddisfecero le persone che cercavano una spiegazione alternativa per le numerose morti nella loro comunità. In quel cimitero di Rhode Island il cuore sanguinante fu dato alle fiamme, nella speranza che la sua distruzione avrebbe salvato il fratello di Mercy, Edwin, anch’egli gravemente malato di tubercolosi. Naturalmente la superstizione non servì a nulla e il piccolo seguì la madre e le due sorelle nella tomba appena sei settimane dopo.

Il folclorista Michael Bell ha indagato a lungo per cercare questi episodi di “panico da vampiro”. Bell è stato in grado di documentare 86 autopsie di vampiri negli Stati Uniti dal 1784 – lui preferisce il termine “esumazioni terapeutiche” – ma crede che molte altre non siano state registrate. La scoperta dei vampiri coincideva naturalmente con i focolai di tubercolosi, con molti casi registrati nel New England nel 19° secolo. La tubercolosi era un’epidemia vera e propria, causa del 25% dei decessi negli Stati Uniti Orientali nell’800, e perdurò per tutto il primo ‘900, con l’ultima autopsia di un “vampiro” effettuata nel 1949, in Pennsylvania.

Non sorprende che questi cacciatori di vampiri trovassero spesso quello che stavano cercando. Paul Barber, nel suo studio del 1987, “Patologia forense e il vampiro europeo”, scrisse che: “Lungi dall’essere solo fantasiose storie dell’orrore, le storie di vampiri si dimostrano ingegnose ed elaborate ipotesi popolari che cercano di spiegare fenomeni altrimenti sconcertanti associati alla morte e alla decomposizione“.

Quando i capelli, le unghie e persino i denti di un corpo riesumato sembrano essere cresciuti, quando la sua carnagione è arrossata e la sua pelle è calda al tatto, quando è ancora possibile trovare sangue nel cuore, non era la prova della prosecuzione della vita? Quando la terra sopra una tomba risultava spostata e il corpo mosso nella sua bara, non era logico concludere che i non morti fossero risorti? E quando si trovava del sangue sulle labbra e sembrava che il cadavere fosse aumentato di volume nella tomba, non era corretto temere che fosse un vampiro che nutriva dei vivi?

In realtà questi fenomeni sono ormai tutti noti come tipici del processo di decomposizione. La pelle che si restringe (facendo apparire, ad esempio, le unghie più lunghe e i canini più pronunciati), il gas che viene prodotto e fa gonfiare il corpo. Tutto logico, ma la convinzione che si tratti di un vampiro rimane forte perché “questa consapevolezza è ignota alla maggior parte di noi”.. “Non scegliamo di passare molto tempo a pensare a come i nostri corpi decadranno dopo la morte”.

Pratiche folcloristiche come le autopsie sui vampiri emergono quando le persone non capiscono – o non vogliono accettare – spiegazioni scientifiche alle malattie mortali, e l’attuale pandemia di Coronavirus ha causato esattamente questo effetto, con teorie del complotto et similia che hanno colonizzato i media di tutto il globo. Una risposta facile a un meccanismo complesso.


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