Ho visitato luoghi di culto anomali come la Mezquita di Cordoba (Spagna) dove il sincretismo architettonico cristiano-musulmano crea un apprezzabilissimo contrasto, oppure la famosa Aghia Sophia di Istanbul che, da grande chiesa ortodossa, venne trasformata in moschea ed è considerata tra le più belle del mondo orientale.
Non tutti sanno che a Bologna esiste il complesso delle “Sette Chiese”, ribattezzato dai bolognesi “Santo Stefano”
E’ un mix di stili differenti dove tocco romanico latino, germanico-longobardo e substrato pagano s’intersecano in modo straordinario. Insomma più che un complesso architettonico, sembra essere un libro di pietra su cui leggere i differenti periodi religiosi che si sono susseguiti. Senz’altro tra i più stravaganti al mondo.
Esterno di Santo Stefano:
La dinamica più interessante è che “Santo Stefano” era al centro di un faraonico progetto di ricreare i luoghi sacri di Gerusalemme a Bologna. Anche in altre città europee si tentò una simile realizzazione (vedi la tirolese Bolzano o la belga Bruges), dal momento che pochi avevano la ricchezza e il coraggio – tra attacchi di briganti in terra e pirati in mare e improvvise guerre, il pellegrinaggio era un vero azzardo – di metter piede in Terrasanta. Ma il desiderio di vedere i luoghi dove era nato, cresciuto e si era sacrificato Gesù, era molto forte in antichità.
“La Gerusalemme Bolognese” è l’esatta copia della Chiesa del Santo Sepolcro
L’odierna via Gerusalemme è la strada che Gesù fece in sella a un asino per recarsi a Gerusalemme; nello spazio tra Santo Stefano e San Giovanni in Monte si scavò un largo fossato che doveva rappresentare la Valle di Giosafat; infine San Giovanni in Monte, ancor oggi leggermente rialzato rispetto al centro, simboleggia il Monte Calvario.
La struttura religiosa iniziò a essere costruita nel V secolo d.C. da San Petronio (le cui spoglie sono state traslate da Santo Stefano nel Duomo a lui dedicato soltanto dal 2000, per far cessare la follia di avere la salma di San Petronio non in San Petronio), secondo un tipico modus operandi cristiano che tendeva a sostituirsi agli antichi culti, cioè andandosi concretamente a posizionare sopra al tempio pagano che, in questo caso, era dedicato alla Dea egizia Iside.
Edicola di San Petronio, dove furono ospitate le spoglie sino al 2000:
Anche la dedica a Stefano forse non è casuale, ma ripercorre la stessa linea d’azione perché, in greco, Stefano significa “Corona di Vittoria”, come il tempio era dedicato a Iside Vincitrice. Questo era stato edificato da una ricca bolognese, in prossimità della trafficata Via Emilia, per aiutare viandanti e soldati a recarvisi e così favorirne il culto. In generale, non sono esattamente 7 chiese ma sono 7 distinte zone, rimanendo soltanto 4 delle 7 chiese originali.
Partendo dal classico percorso di visita abbiamo la chiesa del Crocifisso, del Santo Sepolcro, il Cortile di Pilato, della Trinità, di San Vitale e Agricola, il chiostro e la Cappella della Benda. Ma ora addentriamoci nella più antica e misteriosa: quella del Santo Sepolcro.
Interno della Chiesa del Santo Sepolcro:
Interno della Chiesa di San Sepolcro:
Notevolmente ristrutturata nel XII secolo, dall’esterno appare di forma ottagonale, mentre all’interno è a pianta centrale, con una grande cupola sovrastante dodecagonale. Al centro vi è l’edicola dove fino al 2000 riposavano le ossa di San Petronio. Inoltre vi si conserva un pezzo originale della roccia del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Delle 12 colonne, 7 risalgono al II secolo d.C. e sarebbero nella posizione originaria “a fare la guardia” al ninfeo del Tempio di Iside.
Vi è anche una tredicesima colonna di marmo nero, proveniente dall’Africa, non allineata con le altre, che rappresenta la colonna dove venne flagellato Gesù Cristo. Nella parte superiore, troneggia infatti una scritta
Questa colonna rappresenta quella alla quale fu flagellato N.S.G.C. e si acquistano 200 anni d’indulgenza ogni volta che si visita
Sulla stessa, in aggiunta, si notano ancora incisioni di fedeli e le fessure dove i flagellanti potevano tenersi con le mani.
Colonna che rappresenta la fustigazione di Gesù Cristo:
Nel pavimento c’è un pozzo chiuso da una grata che contiene l’acqua di una sorgente che riprende l’acqua del Giordano, il fiume dove Cristo venne battezzato dal Battista. Tale sacra fonte, secondo gli studiosi, si collega alla preesistente acqua del tempio pagano egiziaco che un tempo rappresentava il Nilo. Comunque, in età medievale, venne reputata una sorgente così miracolosa in grado di guarire qualsiasi male. Una panacea universale.
Venne riportato che nel 1307 più di 150 malati, sordi, muti, ciechi e indemoniati, guarirono in un sol giorno
L’affluenza fu tale che, il 22 maggio di quell’anno, l’intera piazza venne coperta da tendoni per proteggere i pellegrini giunti da tutto il mondo in attesa di entrare a bere l’acqua portentosa. Attorno a questa chiesa, si ricordano anche lontane usanze. Prima dell’alba del sacro giorno pasquale l’accesso al sepolcro (dove c’era San Petronio) era riservato alle “Maddalene”, le prostitute bolognesi, che percorrevano in ginocchio tutta la chiesa del Crocefisso, recitando una peculiare preghiera che ricordava il perdono della Maddalena da parte di Cristo.
Sempre a Pasqua, le donne incinte di Bologna espletavano il rito benaugurante dei “Passi di Sant’Anna” che consisteva nel camminare ritmicamente pregando intorno al sepolcro e infine, con prevedibile difficoltà, sgusciarvi dentro per ben 33 volte! (una per ogni anno di vita di Cristo). Al 33esimo giro, le donne passavano poi nella vicina chiesa della Trinità per pregare davanti all’affresco della Madonna Incinta e nella cappella della Consolazione davanti alla Madonna delle gravide.
Il cancellino dal quale passavano le donne incinte:
Ora vediamo i segreti delle altre chiese. Riguardo San Vitale e Agricola, nel ‘400, venne rinvenuto un sepolcro con l’enigmatica scritta SYMON. La potente e irrazionale passione religiosa dei tempi andati portò subito a credere che, proprio qui a Bologna, si fossero trovati i resti mortali di Simon Pietro cioè l’apostolo Pietro a cui Gesù Cristo aveva affidato le chiavi del potere.
Dalla Chiesa di San Agricola e San Vitale a San Sepolcro:
L’eccezionale scoperta fece affluire verso la città felsinea una grande moltitudine di pellegrini, tanto da farla diventare una metà più appetibile addirittura di Roma, la capitale della Cristianità. Tremenda riprova di una simile “rivoluzione dei pellegrinaggi” è la drastica e violenta risposta di Papa Eugenio IV:
Ordinò che la chiesa venisse scoperchiata e colmata di terra
Roma non poteva assurgere al rango di vassalla di Bologna, e il Papa rilevò in questa scoperta una gravissima minaccia al potere papale. Soltanto dopo oltre sessant’anni la chiesa venne riaperta alle funzioni.
La chiesa del Crocifisso, la prima entrando dalla piazza, rappresentava la Casa di Pilato con un sedile di pietra dove il magistrato avrebbe interrogato Gesù. Spicca una Madonna di eccentrica fattura, essendo stata creata con carte da gioco fatte macerare. Nel ‘700 pie donne andavano nelle numerose taverne bolognesi dove si giocava d’azzardo e raccoglievano questi “strumenti del Demonio”, per espiare i peccati di figli e mariti che erano succubi di tale vizio. Altra particolarità sarebbe nella cripta. Vi sono colonne di larghezza e altezza diverse ma una di queste, la seconda a destra fatta di due parti in pietra di marmo bianco, rappresenta l’altezza del Figlio di Dio, cioè 170 cm.
La colonna che rappresenta l’altezza di Gesù Cristo:
La colonna dell’altezza di Cristo:
La Madonna del Gioco d’Azzardo:
Nel Cortile di Pilato giganteggia il cosiddetto “Catino di Pilato” o il “Santo Graal Bolognese” a forma di calice, un dono del Re dei Longobardi. Rappresenta il recipiente dove Pilato si lavò le mani della condanna di Cristo. Nella Cappella della Benda si trova la striscia di tela che le mediorientali portavano sulla fronte in segno di lutto usata dalla Maria Vergine durante l’agonia di Gesù e, si tramanda, che sia pregna del sudore di Gesù Cristo. Il lunedì di Pasqua veniva mostrata ai bolognesi, ma non a tutti:
Alle meretrici la piazza e i vicoli venivano interdetti
Il catino di Pilato:
All’esterno del complesso verso la piazza rimane la leggendaria “Pietra della Verità” sulla quale sono fiorite due leggende. La prima vuole che, alle ammissioni delle mogli infedeli, questa mutasse colore. La seconda era che la pietra era così luccicante che le donne vi si specchiavano; ma un giorno, un santo molto disgustato da simile vanità, fece un incantesimo e da quel momento le donne non poterono più vedersi il viso bensì i loro peccati. In seguito, il vescovo vietò a tutti di accostarsi alla pietra nera e così diventò opaca tanto da non riflettere più nulla.
Cortile Esterno della Chiesa del Santo Sepolcro:
Per concludere vi sono alcune storie molto azzardate, se non fantasiose, su alcuni bassorilievi all’esterno di Santo Stefano, come se il complesso non avesse abbastanza misteri. Si nota un bassorilievo con 8 statuine umane in fila, e queste sono state paragonate ai Moai dell’Isola di Pasqua. A riguardo si è supposto, secondo teorie già emerse negli ultimi decenni, che l’America non sarebbe stata toccata per la prima volta da Colombo (vi sarebbero prove archeologiche di Vichinghi in Canada) ma che si conoscesse già al tempo dei Romani. Le ipotetiche prove sarebbero, ad esempio, la raffigurazione in un’affresco di Pompei di un frutto molto simile all’ananas e il ritrovamento in una nave romana di semi di girasoli che crescevano nella sola America. L’ananas, inoltre, sembra ritrovarsi ai lati del portone della Chiesa di San Vitale e Agricola, dove s’intravede una donna aggrappata a una palma dove sopra ci sarebbe questo frutto esotico.
In definitiva un complesso religioso tra i più grandi, che ricalca uno dei luoghi più sacri del cristianesimo a Gerusalemme ma con una notevole impronta di paganesimo. Nel cuore della città di Bologna.
Tutte le fotografie sono opera dell’autore dell’articolo, Riccardo Dal Monte.