L’Affaire Romand: il falso Medico (assassino) che sconvolse la Francia

Nel 2012, Katie Elizabeth Treanor, ricercatrice presso l’Università di Wollongong, in Australia, definì con questi termini la pseudologia fantastica – comunemente detta anche “mitomania” o “menzogna patologica”: l’“abituale, prolungata e ripetuta produzione di mistificazioni, spesso di natura complessa e fantasiosa; bugie facilmente smascherabili che non vengono utilizzate per ottenere un tornaconto materiale o qualsivoglia vantaggio sociale, quanto per accrescere la propria autostima o proteggersi dal giudizio altrui”.

Secondo i clinici, il cosiddetto “bugiardo patologico” mente come risposta interiorizzata a stimoli esterni, senza preoccuparsi delle conseguenze che potrebbe esperire qualora la sua menzogna fosse scoperta.

Nella maggior parte dei casi, il bugiardo patologico non arreca alle altre persone un danno che va oltre la delusione e la perdita di fiducia di fronte all’eventuale scoperta della verità, e un percorso di psicoterapia è senz’altro utile per aiutare i pazienti a stare meglio.

Vi sono stati tuttavia dei casi in cui, come nella sceneggiatura di una tragedia, il bugiardo patologico si è sentito intrappolato dalle proprie menzogne al punto da ricorrere a soluzioni drastiche pur di non essere scoperto. Una delle storie più eclatanti ha riguardato il caso del dottor Jean-Claude Romand.

Gli studi di Medicina

Jean-Claude Romand discendeva da una famiglia di guardie forestali: suo padre, Aimé Romand, aveva “ereditato” quel mestiere dal nonno, e Jean-Claude crebbe con l’aspettativa che un giorno anche lui sarebbe diventato una guardia forestale. Nato nel 1954, Romand crebbe nel comune di Clairvaux-les-Lacs nel dipartimento francese del Giura, una regione nota per le sue ampie aree boschive, ed ebbe un’infanzia felice sebbene in qualche modo “inquinata” da un’atmosfera familiare un po’ tesa.

La madre di Jean-Claude, Anne-Marie, soffriva di un disturbo depressivo che richiedeva periodici ricoveri in una clinica. Anne-Marie fu sconvolta da due aborti spontanei e una gravidanza ectopica, che a loro volta resero necessarie delle lunghe degenze in ospedale. Aimé scelse di non parlare mai apertamente con il figlio delle difficoltà della madre, e Jean-Claude, che si era reso conto della verità, crebbe probabilmente con l’idea che ogni problema e disagio personale dovesse essere taciuto o insabbiato.

Jean-Claude si dimostrò uno studente brillante, e completò gli studi superiori con ottimi voti e perseguendo il sogno di diventare una guardia forestale: credeva infatti che la vita condotta dal padre e dal nonno, in completa tranquillità e sempre a contatto con la natura, fosse l’esistenza più felice che avrebbe potuto avere a sua volta.

Gli anni del liceo si rivelarono però molto duri per Jean-Claude. Presso la scuola dove era iscritto studiava anche Florence Crolet, una sua lontana cugina, una ragazza della sua stessa età per la quale Jean-Claude aveva una profonda cotta e che aveva giurato, quando fosse stato il momento, di sposare. Il padre di Florence, Pierre Crolet, considerava Jean-Claude un ragazzo serio e affidabile, e incoraggiò la sua amicizia con la figlia.

Florence, da parte sua, non sembrava ricambiare i sentimenti di Jean-Claude: lei era allegra, espansiva e con la passione per lo sport, e riteneva di essere incompatibile con quel ragazzo timido, impacciato, che la seguiva ovunque come se volesse perennemente controllarla.

Florence respinse il corteggiamento di Jean-Claude, ma scelse di accettarlo come amico e lo introdusse nella sua cerchia di conoscenze. Con i compagni del liceo e gli amici di Florence, tuttavia, Jean-Claude si trovò sempre a disagio, e non riuscì mai a stringere dei veri rapporti di confidenza. Nel tentativo di farsi notare dagli altri ragazzi, spesso Jean-Claude inventava delle piccole menzogne, raccontando di conoscenze importanti e di innamorate che avevano tentato il suicidio dopo un suo rifiuto; una sera giunse persino a inscenare una rapina ai suoi danni.

Ciò che lo mortificava maggiormente non era però l’indifferenza dei compagni, ma il loro velato disprezzo: gli altri ragazzi, figli di medici, avvocati e ingegneri, tendevano a guardare dall’alto in basso Jean-Claude, il cui padre era una semplice guardia forestale.

Dopo il diploma, nel 1971 Jean-Claude Romand si iscrisse all’anno preparatorio – un corso che, nel sistema scolastico francese, prepara gli studenti a sostenere l’esame per un concorso pubblico. Jean-Claude aveva infatti intenzione di partecipare al concorso Eaux et forêts per diventare guardia forestale.

Nel corso di quell’anno, però, la serenità di Jean-Claude Romand continuò a essere intaccata dal ricordo dell’indifferenza e dello scherno dei compagni del liceo. Il ricordo di come era stato sminuito per le sue origini e aspirazioni, umili agli occhi degli altri, finì con il ridimensionare i progetti di Jean-Claude, il quale abbandonò l’anno preparatorio.

Non parlò del suo sconforto ai genitori, ma dichiarò semplicemente di non voler più diventare una guardia forestale; manifestò invece il suo desiderio d’iscriversi alla facoltà di Medicina e Chirurgia.

Aimé e Anne-Marie Romand non si opposero al progetto del figlio. Anche se furono sorpresi da questo improvviso cambio di programma erano felici che Jean-Claude volesse diventare medico.

Nel 1972, Jean-Claude si iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Lione. La scelta non fu casuale: a Lione si era trasferita anche Florence Crolet per studiare Farmacia.

Aimé e Anne-Marie non volevano che il loro unico figlio sottraesse tempo allo studio per dividersi tra lezioni private e lavoretti saltuari per doversi mantenere; decisero di acquistare un appartamento a Lione dove Jean-Claude potesse vivere e studiare in tutta tranquillità, e inviargli una somma mensile per mantenersi.

I primi due anni a Lione si rivelarono molto proficui per Jean-Claude: portato per lo studio non ebbe difficoltà a superare tutti gli esami con ottimi voti. Verso la fine del secondo anno, Jean-Claude Romand iniziò anche a frequentare Florence.

La relazione, tuttavia, s’interruppe bruscamente dopo qualche mese: Florence gli disse che non si sentiva pronta per una storia d’amore, e di volersi invece concentrare sugli studi.

L’inizio della menzogna

Poche settimane dopo la rottura con Florence, Jean-Claude avrebbe dovuto sostenere l’esame di ammissione al terzo anno di Medicina e Chirurgia. Romand si preparò con impegno e meticolosità com’era suo solito.

La mattina dell’esame, Jean-Claude si svegliò puntuale…ma non si alzò dal letto. Senza apparente motivo, rimase sdraiato sotto le coperte a guardare le lancette dell’orologio, lasciando che il tempo passasse. L’esame si sarebbe svolto alle nove del mattino, e Jean-Claude si alzò dal letto solo alle tre e mezza del pomeriggio.

Poco dopo, il telefono squillò e Aimé Romand chiese a suo figlio come fosse andato l’esame. Jean-Claude gli assicurò con voce calma e ferma che era fiducioso per un buon esito.

Il dottor Romand dichiarò sempre di non sapersi spiegare perché quella mattina non si fosse recato in Università.

L’esame di ammissione al terzo anno era importante, ma non sarebbe stato difficile per Jean-Claude ottenere un appuntamento con il rettore, accampare una scusa e ottenere di poter comunque sostenere la prova; alla peggio, avrebbe dovuto ripetere il secondo anno.

Invece, Jean-Claude Romand non fece nulla per rimediare, né raccontò mai la verità. Il giorno dopo si recò a lezione come se niente fosse accaduto, e da quel momento prese a costruire il suo castello di menzogne.

Pur non essendo più iscritto, Jean-Claude Romand si comportò come un normale studente. Partecipava alle lunghe sessioni di studio in biblioteca con gli altri studenti, frequentava le lezioni e, al momento di sostenere gli esami, si presentava nell’atrio dell’Università o nelle anticamere delle aule e chiacchierava con i compagni in modo che tutti si ricordassero della sua presenza, per poi sgattaiolare via non appena la prova stava per iniziare.

Non aveva amici e quelli che aveva erano indifferenti, così nessuno notò l’assenza del suo nome nelle bacheche di valutazione. L’Università di Lione era convenzionata con numerosi ospedali e centri medici della città dove gli studenti di Medicina e Chirurgia potevano svolgere i tirocini necessari, e ciò permise a Jean-Claude di proseguire la sua menzogna, dichiarando di prendere servizio presso ospedali diversi da quelli in cui erano i suoi amici.

Jean-Claude Romand continuò a portare avanti la farsa per altri dieci anni, quando un giorno telefonò ai genitori e comunicò loro di essersi laureato a pieni voti.

Il matrimonio e il trasferimento a Prévessin-Moëns

Nonostante la loro rottura, Florence aveva proposto a Jean-Claude di rimanere in rapporti d’amicizia. Il ragazzo non accettò ma non dimenticò il suo amore per lei. Incapace di rassegnarsi Jean-Claude ricorse a un’altra menzogna: cominciò a raccontare ai suoi amici di aver ricevuto una diagnosi di cancro.

Jean-Claude, che in tutti quegli anni aveva continuato a studiare per mantenere la sua farsa, inventò di essere affetto da una particolare forma di tumore ai linfonodi che necessita solo di cure periodiche e che permette di condurre comunque un’esistenza normale con buone aspettative di vita.

Quest’ennesima bugia altro non era che un meschino stratagemma per attirare l’attenzione di Florence: conoscendo l’animo buono della ragazza, Jean-Claude sperava che si sarebbe impietosita e, piena di sensi di colpa, sarebbe tornata da lui.

Lo stratagemma funzionò. Poco dopo aver saputo che Jean-Claude era malato di cancro, Florence decise di riallacciare i rapporti con lui e, poco dopo la finta laurea di Romand, si sposarono.

I genitori di Florence erano molto felici dell’unione. Suo padre, Pierre Crolet, in particolare, era entusiasta di quel genero che non solo aveva sempre considerato serio e affidabile, ma che aveva di fronte a sé un brillante futuro.

Jean-Claude ovviamente sapeva che senza la laurea non avrebbe mai potuto esercitare la professione di medico, ma sapeva anche che sarebbe sembrato bizzarro che un chirurgo abilitato a pieni voti svolgesse un altro lavoro.

Continuò dunque a mentire. Nel 1980, poco dopo il matrimonio, lui e Florence fecero ristrutturare un vecchio casolare a Prévessin-Moëns, al confine occidentale della regione dell’Auvergne-Rhöne-Alpes.

Prévessin è un piccolo comune abitato soprattutto da frontalieri: si trova infatti al confine con la Svizzera, e a solo un’ora d’automobile da Ginevra. Jean-Claude, infatti, aveva raccontato di aver vinto un concorso e di essere diventato un ricercatore presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra e di occuparsi della sperimentazione di farmaci per il trattamento dell’aterosclerosi.

Le frodi

Dopo la sua finta laurea, Jean-Claude Romand aveva venduto l’appartamento dei genitori a Lione, e con il ricavato e l’aiuto economico dei suoceri era riuscito ad acquistare e a rinnovare la casa in cui si trasferì con la moglie.

Florence, nel frattempo, si era laureata in Farmacia e aveva iniziato a lavorare, ma aveva smesso poco dopo il matrimonio quando aveva scoperto di essere incinta. La coppia ebbe una bambina, Caroline, e due anni dopo un maschio, Antoine.

Dopo la nascita del secondo figlio, Florence decise di dedicarsi totalmente alla famiglia, limitando la sua attività lavorativa a qualche occasionale sostituzione nella farmacia di Prévessin durante il periodo estivo. La donna pensava che lo stipendio da ricercatore all’OMS del marito avrebbe permesso alla famiglia di vivere nell’agiatezza.

Jean-Claude si trovò quindi nella condizione di dover mantenere la sua famiglia con un tenore di vita adeguato alla professione che diceva di svolgere. Ricorse quindi a un altro stratagemma.

La sua posizione di ricercatore dell’OMS lo avrebbe dovuto portare a varcare ogni giorno il confine per recarsi a Ginevra. Giocando sulla fiducia che le altre persone avevano in lui, le convinse ad affidargli ingenti somme con la promessa di depositarle in una banca in Svizzera: ciò avrebbe permesso ai proprietari del denaro di pagare meno tasse sul reddito e di aumentare il capitale ogni anno.

Il (falso) dottor Romand si appropriava invece delle somme, che venivano spese per mantenere la sua famiglia. Molti suoi amici, ma anche i suoceri, i due fratelli della moglie e i genitori affidarono a lui il loro denaro, e spesso elargivano a Jean-Claude anche delle somme extra sotto forma di donazioni o di sovvenzioni per la sua attività di ricerca.

Il caso più eclatante avvenne quando uno zio di Florence, malato terminale, si rivolse come ultima speranza al dottor Romand. Jean-Claude mentì all’uomo dicendogli che all’OMS era in via di sperimentazione una nuova cura per il cancro basata sulle cellule staminali; aggiunse inoltre di potergli procurare dei flaconi di questi nuovi medicinali per la somma di 10.000 franchi.

L’uomo si fidò: naturalmente le false cure non ebbero effetto, e morì pochi mesi dopo

Un lungo inganno

Nel corso degli anni, Jean-Claude arrivò ad accumulare una somma di circa due milioni di franchi, una somma enorme per l’epoca. Nel frattempo, studiò e organizzò una routine che gli permettesse di portare avanti il suo inganno senza essere scoperto.

Ogni mattina, Jean-Claude Romand accompagnava Caroline e Antoine a scuola, dopodiché varcava il confine tra Francia e Svizzera a bordo della sua auto. A volte guidava fino a Ginevra, parcheggiava di fronte alla sede dell’OMS e partecipava alle conferenze come uditore, oppure entrava nella biblioteca e studiava i volumi di medicina per essere in grado di sostenere delle conversazioni con altri medici frontalieri di Prévessin con cui era in contatto.

Talvolta, invece, preferiva leggere seduto in auto, oppure guidava fino a un boschetto in svizzera dove faceva lunghe passeggiate.

Jean-Claude portava a casa libri e opuscoli gratuiti che aveva recuperato all’OMS, e ogni anno falsificava lettere d’auguri che i suoi presunti superiori inviavano ai suoi figli. Con la scusa di non voler essere disturbato, mise in chiaro con i familiari di non telefonargli mai al lavoro, deviando invece le chiamate su un cerca persone.

Sebbene Florence gli ponesse spesso delle domande sull’OMS e sui suoi colleghi, il dottor Romand le rispondeva dicendo di voler tenere la sua vita privata separata da quella professionale, motivo per il quale non si faceva mai accompagnare dalla moglie ai ricevimenti e alle cene di lavoro e non permetteva che Caroline e Antoine partecipassero alla festa dell’Epifania che l’OMS organizzava annualmente per i figli dei dipendenti.

Jean-Claude fingeva periodicamente di doversi recare all’estero per prendere parte a conferenze di lavoro: preparava la valigia e si faceva accompagnare all’aeroporto, dove affittava una camera d’albergo. Qui rimaneva chiuso per qualche giorno studiando guide turistiche e opuscoli di viaggio sulla città che avrebbe detto di visitare, per poi tornare a casa con dei regali per la famiglia acquistati in aeroporto.

Ben presto, Jean-Claude Romand divenne una personalità stimata a Prévessin: tutti ammiravano quel brillante medico dell’OMS che, pur millantando conoscenze illustri nell’ambito della ricerca e della politica, si manteneva sempre umile, parlava poco del suo lavoro e conduceva insieme alla famiglia uno stile di vita modesto, ed era sempre pronto ad aiutare tutti depositando il loro denaro all’estero.

Jean-Claude Romand riuscì a portare avanti il suo inganno senza essere scoperto per diciotto anni

Pierre Crolet e Chantal Delalande

Come ogni castello costruito con le carte, anche quello di Jean-Claude Romand era destinato prima o poi a crollare. Le prime crepe vennero inferte dalla persona che, forse, più di tutte gli aveva dato fiducia sin dall’inizio: suo suocero, Pierre Crolet.

Come tutti i membri della sua famiglia, anche Pierre Crolet aveva affidato a Jean-Claude Romand i suoi risparmi dietro la promessa di poter accrescere il suo capitale in Svizzera. Arrivato alla pensione, Pierre, che aveva dedicato tutta la sua vita al lavoro e alla sua famiglia, decise di concedersi un regalo.

Il padre di Florence avrebbe voluto acquistare un’auto nuova con la quale presentarsi al matrimonio del figlio: chiese dunque a Jean-Claude di accompagnarlo in Svizzera per poter prelevare dalla banca il denaro necessario.

Il 23 ottobre 1988, Jean-Claude Romand chiamò un’ambulanza: disse di trovarsi da solo in casa dei suoceri, e che Pierre Crolet era caduto dalle scale. L’uomo, entrato in coma, venne trasportato d’urgenza in ospedale: qui morì dieci giorni dopo, senza aver ripreso conoscenza.

Jean-Claude si occupò di organizzare il funerale del suocero e lanciò una raccolta fondi in suo nome. La morte del padre di Florence venne considerata un incidente domestico. Oggi, molti sospettano che Pierre Crolet fu la prima vittima di Jean-Claude Romand.

Il dottor Romand continuò a perpetrare il suo inganno per diversi anni dopo la morte del suocero, finché le cose non cambiarono improvvisamente a seguito del suo incontro con una donna, Chantal Delalande.

Jean-Claude e Florence erano amici del marito della donna, e avevano a lungo frequentato la coppia prima che quest’ultima si separasse. Chantal, una psicologa infantile, si era trasferita a Parigi insieme alle due figlie.

Non conosciamo le circostanze per cui il dottor Romand e Chantale Delalande si incontrarono nuovamente, ma dalle testimonianze emerse durante il processo fu chiaro che per Jean-Claude fu un vero e proprio colpo di fulmine.

Romand aveva sempre amministrato con parsimonia il denaro che sottraeva ai famigliari e agli amici, conducendo una vita modesta per preservare le somme il più a lungo possibile. Ma Chantal aveva un ceto sociale troppo superiore al suo, e Jean-Claude diede fondo a tutti i risparmi che aveva accumulato per elargirle regali costosi, abiti, gioielli, per portarla a cena in ristoranti di lusso e per trascorrere con lei lunghe vacanze, oltreché per recarsi a Parigi da lei più volte alla settimana.

Chantal, comunque, si stancò presto del corteggiamento di Jean-Claude e, come aveva fatto Florence anni addietro, gli propose di mantenere il loro rapporto entro i confini dell’amicizia. Questo rifiuto gettò il dottor Romand nello sconforto, e più volte cercò di riconquistare Chantal – la quale, da parte sua, aveva affidato all’ex amante la cospicua somma di 900.000 franchi.

La situazione per il dottor Romand precipitò definitivamente durante le vacanze di Natale del 1992. Per far la corte a Chantal aveva esaurito tutto il capitale accumulato in quei diciotto anni di truffe, e Jean-Claude si sentì mancare la terra da sotto i piedi quando Chantal Delalande gli telefonò per chiedergli indietro il suo denaro.

Poco dopo questa telefonata, una seconda chiamata fece sprofondare Jean-Claude nella disperazione: sua madre Anne-Marie gli disse, agitatissima, di aver ricevuto dalla banca una lettera che sottolineava un ammanco di 40.000 franchi.

In quegli stessi giorni, Florence, che era all’oscuro della tresca del marito e in tanti anni non aveva mai sospettato di nulla, iniziò a porgli delle domande molto pressanti e circostanziate sul suo lavoro all’OMS – aveva forse cominciato a notare le incongruenze e le crepe nei racconti del marito.

Jean-Claude Romand si rese conto che il suo castello di bugie aveva i giorni contati, e che presto la verità sarebbe venuta a galla. Pensò di suicidarsi; poi, però, pensò che la sua morte avrebbe comunque rivelato al mondo chi fosse in realtà.

Scelse dunque un’altra strada, molto più drammatica

Il 9 gennaio 1993

La sera dell’8 gennaio 1993, Florence Crolet mise a letto i figli e salì in camera. Nelle prime ore della mattina del 9 gennaio 1993, suo marito Jean-Claude Romand la colpì più volte alla testa con un mattarello, uccidendola nel sonno.

Dopo l’omicidio della moglie, il dottor Romand si stese nel letto accanto a lei e si addormentò. Poiché era domenica, i figli non sarebbero andati a scuola. Jean-Claude li svegliò dicendo loro di parlare piano per non svegliare la madre, che ancora dormiva. Preparò loro la colazione e si sedette a guardare i cartoni animati. A un certo punto, Jean-Claude tastò la fronte di sua figlia Caroline, e disse di volerle misurare la febbre.

Romand salì con lei nella camera dei bambini e la fece stendere a pancia in sotto sul letto, coprendole la testa con il cuscino. Nei giorni precedenti si era procurato un fucile calibro 22, che aveva nascosto dietro la porta. Romand mise il silenziatore all’arma e uccise Caroline con un colpo alla nuca.

Tornato di sotto, Jean-Claude disse ad Antoine che la sorella aveva la febbre e di voler misurare la temperatura anche a lui. Condusse anche il figlio in camera e gli coprì la testa con un cuscino, prima di sparargli alla nuca.

Caroline e Antoine Romand avevano sette e cinque anni.

Più tardi, Romand nascose il fucile nel bagagliaio dell’auto e si recò a Clairvaux-les-Lacs, per pranzare a casa dei genitori. Dopo il pasto, Jean-Claude disse a suo padre Aimé dia ccompagnarlo in un’altra stanza per riparare insieme una ventola rotta. Quando Aimé si chinò per esaminare la ventola, suo figlio lo uccise con un colpo di fucile alla schiena.

Pochi minuti più tardi, Jean-Claude sparò anche a sua madre colpendola in pieno petto: Anne-Marie Romand fu l’unica che, forse, morì consapevole di chi fosse il suo assassino.

Prima di andarsene dalla casa dei genitori, Jean-Claude freddò con una fucilata anche il labrador della coppia: quando gli venne chiesto perché avesse ucciso il cane, rispose che sua figlia Caroline gli era molto affezionata, e che le sarebbe piaciuto giocare con lui in Paradiso.

Pochi giorni prima Romand aveva dato appuntamento alla sua ex amante: sarebbe passato a prendere Chantal e sarebbero andati insieme a una cena di gala a casa di un eminente politico, e al termine della serata le avrebbe restituito i suoi soldi.

Jean-Claude guidò fino a Parigi a casa di Chantal, la quale aveva affidato le figlie a una baby-sitter. Romand imboccò delle vie a caso e, quando la donna iniziò a chiedergli quanto mancasse all’arrivo, finse di aver sbagliato strada e accostò con il pretesto di cercare l’indirizzo nel bagagliaio.

Romand stordì Chantal con uno spray e cercò di strangolarla usando una corda. La donna riuscì a liberarsi e a graffiare il suo assalitore, ma Jean-Claude riuscì a riprendere il controllo e continuò a cercare di strangolarla. Fu solo quando Chantal iniziò a implorarlo di risparmiarla per il bene delle sue figlie che Romand si fermò.

Fece rientrare Chantal in auto e, mentre la riportava a casa, cercò di convincerla che era stata lei ad assalirlo per prima, e che lui si era solo difeso; cambiò poi versione dichiarando di avere un tumore al cervello che influenzava il suo comportamento.

Chantal, terrorizzata e forse intuendo di non essere ancora al sicuro, lo assecondò finché non arrivarono a casa. Prima di andarsene, Romand le disse che, se avesse raccontato l’accaduto a qualcuno, sarebbe tornato per uccidere lei e le sue figlie.

Jean-Claude tornò a Prévessin nel cuore della notte ed entrò in casa. Si era procurato una tanica di benzina e la svuotò in soffitta, dandole poi fuoco. Ingerì quindi un pacchetto di barbiturici scaduti dieci anni prima e si distese accanto al corpo della moglie, aspettando la morte.

Il processo

Alle quattro di mattina, i vigili del fuoco corsero a spegnere le fiamme che s’intravedevano alzarsi dal tetto della casa. I corpi di Caroline e Antoine erano carbonizzati, mentre si pensò che Florence fosse morta soffocata dal fumo.

Jean-Claude venne trasportato d’urgenza in ospedale e ricoverato nel reparto ustioni in coma farmacologico.

Il primo impatto fu quello di una tragedia in cui solo il capofamiglia era sopravvissuto, e uno zio del falso ricercatore, Claude Romand, venne incaricato di recarsi insieme alla polizia a Clairvaux-les-Lacs per dare la triste notizia ad Aimé e Anne-Marie. Il ritrovamento dei loro corpi e l’autopsia eseguita su Florence e i suoi figli sconvolsero Prévessin, e numerose ipotesi vennero formulate, dalla vendetta di stampo mafioso allo spionaggio.

Le indagini della polizia portarono però alla verità

L’Affaire Romand, come venne soprannominato dai media, sconvolse la Francia, e delle forti critiche vennero sollevate contro le istituzioni che, per diciotto anni, non avevano effettuato delle verifiche che, forse, avrebbero salvato la vita a cinque persone.

Ma più di ogni altra cosa a infuriare fu il dibattito sulla sanità mentale di Jean-Claude Romand

Furono tanti i dubbi sul fatto che il falso medico avesse davvero intenzione di suicidarsi, oppure che la sua fosse stata solo l’ennesima messinscena. Pur avendo a disposizione un fucile carico, infatti, Jean-Claude aveva deciso d’ingerire dei medicinali: ciò gli avrebbe permesso una morte più lenta; inoltre, i barbiturici erano scaduti da troppo tempo perché potessero avere ancora effetto.

Questa scelta era bizzarra anche per il modo e l’orario in cui era stato dato fuoco alla casa.

L’accusa formulò l’ipotesi secondo cui Jean-Claude, ben consapevole che alle quattro del mattino già molte persone sarebbero state sveglie, aveva appiccato le fiamme partendo dalla soffitta in modo che fossero viste subito e fosse tempestivamente dato l’allarme; ciò coincideva anche con la scelta di uccidersi con dei barbiturici, poiché il loro effetto ritardato gli avrebbe permesso di inscenare il suo suicidio dandogli il tempo di essere salvato.

Le stesse dichiarazioni di Jean-Claude sembrarono corroborare questa ipotesi, poiché il falso medico cercò inizialmente di convincere gli inquirenti che degli uomini con un passamontagna fossero entrati in casa sua. Più tardi, Romand, che aveva intrecciato una relazione con la maestra di suo figlio Antoine, le inviò una lettera dal carcere in cui dichiarava che “l’unico motivo valido per togliersi la vita sarebbe stato quello di vedere la faccia di chi ti sopravviveva”.

La perizia psichiatrica diagnosticò la presenza di un disturbo narcisistico con una personalità fortemente dipendente dall’assenso e dal plauso altrui, ma che non inficiava la capacità d’intendere e di volere.

Jean-Claude Romand venne condannato a ventisei anni di carcere. Durante il periodo di detenzione si comportò come un detenuto modello, ma non mostrò mai segni di pentimento. Parlò sempre degli omicidi definendoli “una tragedia” o “il suo dolore” e si dimostrò distaccato nei confronti del ricordo dei genitori, della moglie e dei figli.

Nel 2019, Jean-Claude Romand ottenne la libertà vigilata e venne accolto presso un istituto religioso cattolico. I fratelli di Florence, Emmanuel e Jean-Louis Crolet hanno fortemente criticato la decisione del tribunale, dichiarando che Jean-Claude sia riuscito a manipolare gli psichiatri.

Lo scrittore Emmanuel Carrère, autore della non-fiction “L’Avversario” basata sull’Affaire Romand, ha avanzato l’ipotesi secondo cui Jean-Claude in passato si fosse costruito per sé l’immagine di medico brillante e amorevole padre di famiglia; secondo Carrère, adesso la nuova immagine di Romand, un’immagine di penitente, altro non è che il reiterarsi di uno schema che il falso dottore ha seguito per tutta la sua esistenza.

Andrea Vittoria Apostolo

Nata e cresciuta in Piemonte, si laurea in Psicologia Clinica e Neuropsicologia a Milano. Attualmente vive e lavora a Manchester. Da sempre crede che ogni luogo meriti di essere scoperto e che ogni storia valga la pena di essere raccontata