La tragedia dimenticata della Gustloff: il più drammatico affondamento della Storia

Nel suo romanzo “Il passo del gambero” (Im Krebsgang, 2002), Günter Grass ricostruisce quello che viene considerato il più grave naufragio della storia, quello della motonave tedesca Wilhelm Gustloff, che il 30 gennaio del 1945, carica di profughi, con le sorti della guerra ormai completamente rovesciate, tentava di fuggire dall’Armata rossa attraverso il Mar Baltico.

Più di diecimila persone persero la vita

Solo per avere un termine di paragone: la tragedia del Titanic contò 1518 vittime, ma di questa storia si perse quasi la memoria e rimase a lungo sconosciuta ai più per due motivi. Il primo è che nell’immediato il governo di Hitler non aveva interesse a diffondere la notizia di una strage di innocenti, la quale avrebbe demoralizzato gli animi dei soldati tedeschi che in quel periodo cercavano disperatamente di resistere all’inesorabile avanzata sovietica. Il secondo è che dopo la guerra, quando si diffusero notizie e dettagli sull’Olocausto e sui campi di sterminio, l’opinione pubblica non aveva molta voglia di prestare attenzione alle tragedie tedesche.

La prora della Nave. Fotografia del Bundesarchiv condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:

Quella che inizialmente doveva chiamarsi Adolf Hitler era una motonave di duecento metri, varata nel 1937, che fu battezzata invece col nome di Wilhelm Gustloff, fondatore e capo della sezione elvetica del partito nazionalsocialista, assassinato nel 1936 a Davos dallo studente ebreo David Frankfurter.

Originariamente la nave era la più sfarzosa della flotta della KdF (la Kraft durch Freude, letteralmente “Forza attraverso la gioia”), un’organizzazione dopolavoristica simile a quella che era in Italia l’Opera Nazionale Dopolavoro durante il periodo fascista. In linea con le iniziative di assistenzialismo e propaganda tedesche, la KdF utilizzava le navi che aveva a disposizione per portare in crociera per i mari europei operai e impiegati.

Sotto, la Gustloff a Danzica, nel 1939. Fotografia del Bundesarchiv condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la Gustloff in un primo momento venne dipinta di bianco con le tipiche croci rosse e adibita a nave ospedale per la Campagna di Norvegia del 1940, per essere poi ridipinta di grigio passando alla Marina Militare. Durante quest’ultima fase, restò per quattro anni ancorata nel porto di Gdynia, nella baia di Danzica, come caserma galleggiante degli allievi sommergibilisti.

Nel 1945, però, mentre le unità sovietiche penetravano all’interno della Prussia Orientale, avanzavano verso il mare in Pomerania e più a sud, nel Brandeburgo, raggiungevano la zona di Kustrin a soli 80 km da Berlino, la Gustloff  venne frettolosamente rimessa in servizio e attrezzata come meglio si poteva in quarantotto ore per prepararsi, come tutte le altre navi originariamente appartenenti alla KdF, all’operazione Annibale.

Un’immagine propagandistica della Gustloff del 1938. Fotografia del Bundesarchiv condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:

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Tale operazione consisteva nell’evacuazione via mare di truppe e civili dalla Curlandia, dalla Prussia Orientale e dal Corridoio polacco durante l’avanzata dell’Armata Rossa. Mentre i soldati del Reich cercavano di mantenere il controllo delle vie di fuga da Konigsberg, la Marina provava a salvare il maggior numero possibile di vite da Pillau, Danzica e Gdynia. L’operazione fu nel complesso un successo, nonostante le numerose perdite vennero infatti tratte in salvo quasi due milioni di persone, a quelle latitudini e con condizioni meteorologiche estreme, con vento e neve che sferzavano i mari in cui galleggiavano blocchi di ghiaccio. La più grande evacuazione navale della storia fu un successo della macchina di soccorso tedesca.

Alle 12.30 del 30 gennaio, la Gustloff salpò ufficialmente con 6.050 persone a bordo, ma nelle ultime ore prima della partenza la confusione si fece tale da far sì che i controlli saltassero e sulla nave si accalcarono altre migliaia di disperati. Secondo le stime, ormai date per certe, di alcuni superstiti che successivamente fornirono molti precisi dettagli sulla vicenda, sulla nave si stiparono in tutto 10.582 persone, di cui 8.956 rifugiati, 4.000 dei quali erano bambini.

Fotografia di Darkone condivisa con licenza Creative Commons 2.5 via Wikipedia:

Con un tempo pessimo e una temperatura di molti gradi sotto lo zero, la nave aveva soltanto la metà delle scialuppe normalmente a disposizione e molte di quelle che c’erano avevano i meccanismi di sgancio bloccati dal ghiaccio.

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Inoltre, la tensione tra gli ufficiali a bordo si faceva sempre più aspra sulla questione della rotta da tenere per evitare i sommergibili russi e salvarsi. Nonostante le rigide temperature, sottocoperta, nei ponti inferiori stipatissimi, il caldo umido si faceva insopportabile e molti passeggeri preferirono liberarsi dei giubbotti di salvataggio.

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La nave venne avvistata intorno alle 20 dal sommergibile sovietico S-13, comandato dal Capitano di Corvetta Aleksandr Ivanovic Marinesko, che la seguì navigando in superficie fino a quando ritenne fosse arrivato il momento giusto per non lasciarle scampo. Sganciò quattro siluri di cui tre colpirono il bersaglio. Il primo raggiunse la prua sotto la linea di galleggiamento uccidendo membri dell’equipaggio non in servizio, tra cui molti addetti ai sistemi di salvataggio.

Fotografia del Bundesarchiv condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:

A questo punto vennero subito lanciati razzi di segnalazione e il segnale di SOS, ma un secondo siluro colpì immediatamente la parte centrale della nave, dove c’era la piscina, ormai vuota da anni, che era stata attrezzata come dormitorio per le ragazze ausiliare, molte delle quali morirono trafitte dalle tessere dei mosaici che la forza dell’esplosione fece staccare dalle superfici e trasformò in veri e propri proiettili.

Il terzo siluro colpì la sala macchine decretando di fatto la fine della Gustloff, che nel giro di 70 minuti venne inghiottita dalle gelide acque del Mar Baltico, dove giace ancora, portando con sé 9.000 vite.

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Sotto, un video mostra alcuni filmati storici e una ricostruzione filmica dell’affondamento della Gustloff:

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Le imbarcazioni giunte in soccorso riuscirono a salvare circa 1.230 persone. L’ultimo a essere tratto in salvo, dopo sette ore, fu un bambino trovato a bordo di un canotto colmo di cadaveri da un sottoufficiale di marina, che poi lo adottò.

Un trafiletto giornalistico sull’affondamento di Wilhelm Gustloff  per la propaganda statunitense: “A bordo c’erano 3700 membri di equipaggi sottomarini e 5000 funzionari nazisti in fuga”. Fotografia di pubblico dominio:

Per un macabro scherzo del destino la nave trovò la sua tragica fine proprio nel giorno dell’anniversario della nascita dell’uomo a cui venne intitolata.

Wilhelm Gustloff infatti era nato a Schwerin il 30 gennaio 1895, esattamente cinquant’anni prima

Per quanto riguarda Marinesko, invece, l’impresa non gli portò molta fortuna. Dedito all’alcol, era già sorvegliato dalla polizia politica, la NKDV, per sospette attività anti-sovietiche e, rientrato in porto, perse il comando e fu congedato con disonore dalla Marina per poi finire in un gulag in Siberia per tre anni.

Il capitano di corvetta Marinesko:

Solo dopo diciotto anni, nel 1963, venne riabilitato e ottenne il riconoscimento per quanto compiuto. Tre settimane dopo morì di cancro.

Nel 1990 il Presidente Mikhail Gorbaciov gli assegnò un riconoscimento postumo come eroe dell’Unione Sovietica. Il Governo di Mosca, infatti, ha sempre considerato l’affondamento della Gustloff un’operazione militare senza mai aver ammesso la presenza a bordo di un’enorme quantità di profughi a cui venne (ingiustamente) tolta la vita.

Il relitto della Nave è visibile in questa ricostruzione digitale:


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