Correva l’anno 1817. L’esploratore e pioniere dell’archeologia Giovanni Belzoni rinviene un piccolo avvallamento nei pressi dell’ingresso della tomba di Ramses I, da lui scoperta appena sei giorni prima. Il giorno successivo si avventura nel sito per circa 50 metri e si trova di fronte a un pozzo con una corda lasciata secoli addietro da qualche ladro.

E’ il pomeriggio del 17 ottobre. Fra una mummia che non si trova, un toro imbalsamato, un tunnel misterioso, pareti interamente ricoperte di splendidi affreschi e bassorilievi, Belzoni ha appena trovato la tomba di Seti I, anche nota come La Cappella Sistina d’Egitto.

Il faraone Seti I
Seti I nasce intorno al 1324 a.C., dal faraone Ramses I e dalla regina Sitra. Succede al padre quando ha circa trentasette anni e si distingue per i suoi sforzi di ripristinare l’antica egemonia egizia. Indice campagne in Nubia e in Siria, combatte contro il re ittita Muwatalli II e con questi sigla un trattato di pace che gli assicura il controllo della città di Qadeš, un’impresa in cui avevano fallito alcuni suoi predecessori.

Ai successi militari affianca un programma di ammodernamento dell’Egitto. Rafforza la frontiera, che con lui si sposta verso il fiume Oronte, apre miniere, cave e pozzi. Sul fronte architettonico favorisce la costruzione di nuovi monumenti e il restauro di quelli caduti in rovina. Muore nel 1279 a.C. Insieme a suo figlio Ramses II, passò alla storia come il più grande faraone della XIX dinastia, ma, come ben sappiamo, la vita dei sovrani egizi continua anche dopo la morte, e il nome di Seti I torna in auge grazie alla sua incredibile tomba.

La scoperta della tomba
Agli inizi del 1816, il console britannico del Cairo, sir Henry Salt, finanzia le spedizioni dell’italiano Giovanni Belzoni e gli consente di raggiungere l’esotica Valle dei Re. All’epoca la necropoli egizia era un grande mistero, con all’attivo solo la scoperta delle entrate di 16 tombe, ma Belzoni è convinto di poterci trovare molto di più.

Secondo gli storici Diodoro Siculo e Strabone, lì sono sepolti almeno quaranta faraoni, e l’avventuriero si affida allo studio del deflusso delle acque piovane sul terreno per rinvenire gli ingressi di nuovi edifici.

Il 10 ottobre del 1817 trova la tomba di Ramses I e sei giorni dopo quella di suo figlio Seti I, la King’s Valley 17, abbreviata in KV17.

La KV17 si presenta come un luogo a metà fra l’enigma e lo sfarzo. Belzoni la apre e si imbatte subito in un pozzo con una corda usata secoli addietro da qualche ladro; un segno che non lascia presagire nulla di buono, ma, contro ogni previsione, i profanatori non avevano fatto troppi danni e il team di archeologici si ritrova in una tomba reale di circa 137 metri, con una struttura molto complessa e un ottimo stato di conservazione.

La prima cosa che salta all’occhio è la bellezza dei bassorilievi e degli affreschi che ricoprono per intero i cubicoli e le stanze. Ogni decorazione è un racconto visivo del viaggio ultraterreno del faraone: si parte dall’alto e, man mano, si scende fino all’oltretomba, seguendo l’andamento verso il basso dell’edificio.

La camera funeraria
Quando giunge nei pressi della camera funeraria, in una delle due stanze laterali Belzoni trova la mummia di un toro. L’usanza di mummificare gli animali e seppellirli nelle tombe era molto diffusa nell’antico Egitto, e aveva diversi scopi.

C’erano gli animali domestici, imbalsamati e affiancati ai padroni per scortarli nell’aldilà, quelli che servivano da cibo di scorta per affrontare il viaggio e altri ancora che fungevano da offerta votiva a determinate divinità.

Nel caso della tomba di Seti I, il toro era stato ucciso e mummificato come parte integrante del culto del dio Api, dal 3000 a.C. venerato sotto forma di toro nero con macchie bianche.

La stanza successiva è la camera funeraria. Belzoni entra, alza lo sguardo e vede sul soffitto una cupola con raffigurazioni di pianeti, stelle e costellazioni su sfondo blu.

Sotto quel magnifico firmamento giace un sarcofago antropomorfo di alabastro, interamente ricoperto di geroglifici e disegni. Ma c’è un problema:
Il sarcofago è vuoto e senza coperchio, e della mummia non c’è traccia

Il tunnel segreto
Dalla fune trovata all’inizio era facile ipotizzare che i ladri avessero trafugato i resti del faraone; eppure, il corredo funerario, composto da pietre preziose e oggetti di vario tipo, era quasi intatto.

Il mistero si infittisce quando Belzoni vede che il sarcofago cela una scala con un tunnel sotterraneo. Insieme ai suoi uomini si avventura per un centinaio di metri, poi desiste per il terrore che crolli tutto.

Per i successivi due secoli si pensa che il tunnel conduca a un’altra camera funeraria, dove riposa la mummia di Seti, o, in alternativa, che sia collegata a una falda acquifera per prevenire le inondazioni, ma è solo in tempi recenti, con degli scavi portati a termine fra il 2007 e il 2010, che l’enigma trova risposta.

Il tunnel si interrompe dopo circa 174 metri, ed è probabile che gli scavatori si fossero fermati a causa della morte del faraone. In poche parole: sappiamo dove finisce ma non sappiamo dove avrebbe dovuto portare.
La tesi più accreditata è che si dovesse trattare di una metafora della discesa del sovrano nell’oltretomba

I destini della tomba e del sarcofago
Quanto al sarcofago, Belzoni lo preleva e lo affida al suo finanziatore, il console Henry Salt, che lo porta in Inghilterra nel 1821. Prova a venderlo al British Museum per 2.000 sterline ma la sua richiesta viene considerata eccessiva e, nel 1824, l’antico manufatto passa nelle mani di sir John Soane, che lo include nella sua collezione privata.
Oggi si trova al Sir John Soan’s Museum di Londra

La tomba, invece, rischia di perdere tutta la sua bellezza a causa degli eventi successivi all’apertura.

Quando Belzoni parte dall’Egitto fa costruire dei piccoli muretti per difenderla dalle inondazioni, ma l’acqua riesce comunque a penetrare e a danneggiarla e, oltre ai tentativi di salvaguardia di James Burton nel 1825, è solo nel XX secolo che viene protetta con dei lavori di consolidamento efficaci.

Fra l‘Ottocento e il Novecento il sito è poi vittima delle visite di archeologi molto poco accorti, e chi fa più guai è il francese Jean-Francois Champollion, che fra il 1828 e il 1829 la esplora e si appropria di alcune parti delle pitture parietali.

Belzoni però non era stato in grado di identificare il proprietario della tomba- si era limitato a rinominarla Tomba Api per via del toro imbalsamato- ed è Champollion a tradurre i geroglifici e a portare in auge il nome di Seti I.

I segreti della mummia di Seti I
Per trovare la mummia del Faraone si deve attendere il 1881, quando viene rinvenuta nella Theban Tomb 320, abbreviata in TT320, uno dei nascondigli delle tombe reali di Luxor, dove erano stati traslati i corpi di alcuni faraoni per difenderli dai profanatori della Valle dei Re.

Gli archeologi la riconoscono grazie al nome inciso sopra il sarcofago, e la affidano a Gaston Maspero, che la sbenda il 9 giugno del 1886.

Il celebre egittologo francese scrive: “Era un capolavoro dell’arte dell’imbalsamatore, e l’espressione del volto era quella di uno che appena qualche ora prima ha esalato l’ultimo respiro. […] Un calmo e mite sorriso aleggiava ancora sulla bocca, e le palpebre semiaperte lasciavano intravedere sotto le ciglia uno scorcio di una riga apparentemente umida e brillante, il riflesso dei bianchi occhi di porcellana introdotti nelle orbite al momento della sepoltura”.

Grazie a Maspero, Seti I rivela tutti i suoi segreti. La mummia è in condizioni quasi perfette, ricoperta interamente con un sudario giallo, ma qualche profanatore gli ha fracassato l’addome e staccato la testa, con quest’ultima che, però, è rimasta intatta.

Il corpo del faraone è alto un metro e settanta, presenta dei ribendaggi posteriori alla morte e ha accanto a sé le bende originali. Dalle incisioni si scopre anche che la salma è stata ribendata e restaurata a più riprese durante la XXI dinastia egizia- siamo fra il 1069 e il 945 a.C. – e che lo spostamento dalla Valle dei Re al TT320 è avvenuto nell’undicesimo anno di Sheshonq I, quindi nel 934 a.C.

Gli esami di Maspero stabiliscono che Seti I è morto non ancora cinquantenne per una malattia sconosciuta, ma la sua mummia cela ancora un ultimo mistero:
Il cuore imbalsamato si trova a destra del torace e non a sinistra, come da tradizione

Quell’insolito particolare gli fa ipotizzare che i sacerdoti lo avessero spostato nella speranza che l’organo potesse funzionare meglio nell’aldilà e correggere un eventuale disturbo cardiaco, forse causa della morte del faraone.

Dal 3 aprile del 2021 Seti I riposa nel Museo nazionale della Civiltà Egizia del Cairo. La sua tomba è chiusa al pubblico e non è possibile visitarla; una rinuncia necessaria se si vogliono preservare le bellissime decorazioni che l’hanno resa la Cappella Sistina d’Egitto, una delle opere dell’uomo più notevoli mai realizzate.

Fonti:
La scoperta della tomba del faraone Seti I – Storica National Geographic
This pharaoh’s painted tomb was missing its mummy – National Geographic
Secret Tunnel Explored in Pharaoh’s Tomb – National Geographic
Perché gli egizi mummificavano gli animali? – Storica National Geographic
Seti I – Enciclopedia Britannica
KV17 – Wikipedia Italiano