La straordinaria cura per l’igiene personale degli Uomini Medievali

È credenza comune pensare che le persone vissute in epoca Medievale non si lavassero regolarmente, oppure che non si lavassero proprio del tutto, immersi in liquami sporchi e odori nauseabondi. Nonostante il livello d’igiene non fosse paragonabile a quello odierno per la differente tecnologia idrica disponibile in casa, la pulizia del corpo era usanza comune a tutte le latitudini d’Europa, molto più frequente rispetto ai periodi storici seguenti come il Rinascimento o l’Illuminismo, ma anche rispetto al XIX secolo. Per le strade la pulizia era obbligatoria, con fognature presenti in molte città europee e l’obbligo per i cittadini di pulire le strade di fronte a casa propria.

I rifiuti organici venivano poi decomposti grazie alla cenere di legna

Sotto, Re Vencesilao al bagno, miniatura dalla Bibbia di Vencesilao, 1390:

Considerando che il Medioevo è un periodo di tempo lunghissimo, durato oltre 1.000 anni (comunemente identificato fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la scoperta dell’America, 476-1492), è chiaro che, attraverso le diverse fasi storiche (Alto e Basso Medioevo su tutte), le abitudini di igiene siano state mutevoli, anche in funzione dei cambiamenti delle religioni e delle frequenti guerre, su tutte le Crociate.

Disponibilità di Acqua Calda

Nelle parti più isolate d’Europa l’usanza per il popolo di fare un bagno completo era generalmente limitata ai mesi estivi, quando le miti temperature consentivano di immergersi senza rischiare di ammalarsi. Durante questo periodo i contadini potevano rinfrescarsi negli stagni o nei torrenti, mentre coloro che vivano al mare si tuffavano in acqua.

Invece gli abitanti delle città medievali sfruttavano anche le strutture (quelle ancora funzionanti) realizzate dagli antichi Romani, come ad esempio le Terme di Bath in Inghilterra o le terme di Diocleziano a Roma, o almeno ne utilizzavano le parti che non erano state distrutte per riutilizzare i materiali edili.

Sotto, le terme di Bath, fotografia di Diego Delso condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia:

Nella sola Londra erano presenti circa 18 diversi luoghi dove fare un bagno caldo, un privilegio che la popolazione della capitale britannica sfruttava quotidianamente. Durante l’epoca del sovrano Enrico II (1133-1189) gli strilloni gridavano:

Signori che voi andiate a bagnarvi, a prendere un bagno caldo, senza indugio, i bagni sono caldi, non c’è inganno!

Se i bagni pubblici dell’Alto Medioevo erano anche di origine romana, nel XII secolo sorsero in Italia, nella Spagna cristiana, in Inghilterra e in Germania i “vasconi”, bagni pubblici con acqua riscaldata accessibili a tutti. A Parigi si contavano 26 zone termali, a Bruges 40 e a Bruxelles 30, mentre anche in Germania erano diverse le città dotate di zone per il bagno.

Sotto, immagine dall’opera “De balneis Puteolanis” di Pietro da Eboli, che descrive i bagni termali a Pozzuoli, scritto attorno al 1197. L’illustrazione è conservata alla Biblioteca Angelica di Roma:

In Italia erano famosi i bagni di Ravenna, Lucca, Napoli, Gaeta e Pavia, cui si aggiunsero, a partire dal Basso Medioevo, anche quelli di Pisa, Salerno, Firenze, Roma e Palermo.

La Chiesa

I bagni pubblici, ovviamente, mostravano parti del corpo comunemente considerate da coprire, e la chiesa era restia ad approvare tale promiscuità di costumi, per di più (ma solo a volte) condivisi fra uomini e donne. L’eccessiva pratica dell’igiene in pubblico, quindi non l’igiene in sé ma i bagni svestiti, veniva vista negativamente dal clero. Il precetto per i monaci di Westminster prescriveva il bagno quattro volte l’anno:

Natale, Pasqua, Giugno e Settembre

L’interpretazione di tali precetti però è arbitraria, poiché questi erano i giorni obbligatori per il bagno, mentre il monastero aveva un bagno i cui servizi venivano utilizzati regolarmente. Inoltre, la regola di San Cesario d’Arles, dell’inizio del VI secolo, prescriveva a suore e monaci regolare pulizia del corpo, e sono innumerevoli le testimonianze scritte dei monasteri dove il bagno era prescritto ogni sabato, a turno, con i monaci che si lavavano con acqua fredda e cambiavano le vesti usate durante tutta la settimana.

Sotto, il Balneum Sulphatarae, tratto dal “De balneis Puteolanis” di Pietro da Eboli, che nel medioevo era ritenuto miracoloso per la cura della sterilità femminile e per numerosi altri mali:

In epoca tarda, alla fine del XIV secolo, i bagni pubblici diventarono inoltre un luogo più simile a delle case di piacere anziché dei bagni deputati alla sola igiene (come testimoniato da Giovanni Boccaccio nel “Corbaccio”, del 1365), e la Chiesa deplorerà non la pratica dell’igiene ma la condivisione del proprio corpo in pubblico, principio di una promiscuità inaccettabile.

I Nobili

A differenza della gente comune, che doveva trovare luoghi pubblici dove riuscire a lavarsi, i nobili potevano generalmente permettersi un bagno privato. Questo era spesso una grande vasca in legno, con una tenda attorno, riempita da brocche di acqua bollente e profumato con erbe o fiori.

Sotto, immagine di due nobili che fanno il bagno del 1400 circa:

I registri medievali riportano alcuni dettagli interessanti, come ad esempio quello di Re Giovanni d’Inghilterra (1166-1216), che viaggiava sempre con la vasca da bagno e l’assistente alla vasca. Oppure di Edoardo III (1312-1377), che aveva richiesto rubinetti per l’acqua calda e fredda al palazzo di Westminster.

Prima di loro, secondo lo storico e biografo ufficiale Eginardo (775-840), era stato Carlo Magno a “invitare non solo i figli, ma anche i nobili e gli amici e persino a volte le proprie guardie a fare il bagno con lui, cosicché capitava che si potessero trovare oltre 100 uomini a fare il bagno insieme“.

Nei Castelli medievali inoltre erano presenti (quasi) sempre delle zone fornite di acqua calda, dove le damigelle si incontravano e socializzavano lavandosi a vicenda. Quando i cavalieri giungevano a un castello amico venivano sempre accolti da un bagno ristoratore, come riportato in moltissime opere letterarie dell’epoca.

Sotto, un cavaliere viene ristorato dopo un combattimento. Immagine tratta dal Codex Manesse, in lingua tedesca, del 1300 circa:

La fine delle pratiche igieniche

I bagni pubblici, chiamati “le stufe” anche per l’usanza di trasformarli in saune (importate in Europa dai crociati di ritorno dalla Terra Santa), erano condivisi da decine di migliaia di persone ogni anno, e questo favorì il dilagare delle epidemie. Si riteneva che la Peste venisse contratta in modo più facile grazie ai pori dilatati della pelle, e quindi l’usanza di recarsi ai bagni pubblici iniziò a diminuire progressivamente.

La grande epidemia di peste che occorse fra il 1347 e il 1352, durante la quale un terzo della popolazione Europea venne spazzata via, fu il passaggio chiave che decretò un progressivo abbandono dei bagni pubblici, ritenuti causa del dilagare del morbo. Dopo l’epidemia i bagni diventarono a tutti gli effetti dei lupanari, luoghi dove si recavano gli uomini per trovare sì ristoro, ma accompagnati dalle fanciulle del mestiere, o per farsi la barba e passare alcune ore piacevoli in pratiche che, con l’igiene, avevano poco a che vedere.

Con il dilagare delle tante epidemie del ‘300, non solo di peste, tramontava un’epoca di pulizia personale diffusa che non sarà replicata, nella storia dell’uomo, sino almeno XX secolo.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...