La Strana Storia del Disco di Nebra: la più Antica raffigurazione Cosmica risalente a 4.000 anni fa

Le modalità del ritrovamento hanno per molti anni fatto dubitare dell’autenticità del Disco di Nebra, ma dal 2013 il prezioso reperto è entrato a far parte del registro dell’UNESCO “Memory of the World”, definito come “uno dei più importanti reperti archeologici del XX secolo.”

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Il Disco di Nebra 6Fonte immagine: Dbachmann via Wikipedia-licenza CC BY-SA 3.0

Il prezioso disco fu trovato in Germania nel 1999, poco distante dalla città di Nebra, da due “cacciatori di tesori” che con un metal detector stavano perlustrando la sommità del Mittelberg, una collinetta alta 252 metri. Il reperto, insieme ad altri oggetti rinvenuti insieme, fu immediatamente venduto ad un commerciante di Colonia, che pagò 31.000 marchi ai due “tombaroli”, contando di vendere la scottante merce ad un milione di marchi.

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Il disco di Nebra com’è adesso (a sinistra-fonte: Wikimedia Commons) e come doveva essere originariamente (a destra-fonte: Wikimedia Commons). Immagini condivise con licenza CC BY-SA 3.0.

Dopo essere passato attraverso diverse mani, il disco fu messo in vendita sul mercato nero da due ricettatori, alla cifra di 700.000 marchi. Così nel 2002, grazie ad una trappola organizzata dall’archeologo Harald Meller, il disco fu acquisito dallo stato tedesco, a cui di diritto appartiene. I due “tombaroli”, rintracciati dalle autorità, acconsentirono a segnalare il luogo del ritrovamento, dove gli archeologi aprirono uno scavo in cui furono trovate tracce di molti altri manufatti in bronzo.

Il Disco di Nebra 5Immagine di Anagoria via Wikimedia Commons – licenza CC BY 3.0

La controversia sull’originalità del disco nacque dal tentativo, attuato dagli avvocati difensori dei due “cercatori di tesori”, di scagionare i loro clienti dall’accusa di ricettazione, dimostrando che si trattava di un reperto falso.

L’autenticità del disco fu però attestata da un team di archeologi, che si avvalsero anche della collaborazione di un geologo

Il disco di Nebra, conservato al Museo preistorico di Halle, oltre al valore in sé come reperto archeologico, assume un’importanza assai maggiore per quello che rappresenta: la più antica rappresentazione della volta celeste, risalente a un periodo compreso tra il 1700 e il 2100 aC. Il disco, realizzato in bronzo, con un diametro di circa 30 centimetri e un peso di 2,2 chili, originariamente doveva essere molto scuro, mentre oggi presenta una patina verdastra, su cui risaltano i preziosi intarsi in oro, che raffigurano corpi celesti: la luna piena, la falce di luna crescente, e le Pleiadi attorniate da altre stelle.

Secondo gli archeologi, gli artisti e gli astronomi dell’età del bronzo vollero fissare sul disco il momento in cui le Pleiadi compaiono a ovest, nei mesi di marzo e ottobre, arco di tempo in cui si compivano i lavori agricoli, dalla semina fino al raccolto.

Il Disco di Nebra 1

Successivamente furono aggiunti i due archi dell’orizzonte che, evidenziando il sorgere e il tramontare del sole nei solstizi d’estate e d’inverno, trasformarono il disco in un calendario dell’anno solare. Chissà quanto tempo occorse a quegli astronomi di quattromila anni fa per individuare la precisa collocazione e l’esatto orientamento verso il monte Brocken, a 80 chilometri di distanza dal luogo del ritrovamento, senza i quali il disco non avrebbe funzionato come calendario.

Il Disco di Nebra 2

Forse solo per motivi estetici e religiosi fu aggiunta, più tardi ancora, la barca solare, che simboleggia il percorso del sole nelle ore notturne, da occidente ad oriente. La rappresentazione del viaggio solare era diffusa nell’antico Egitto e anche nella civiltà minoica, ma secondo gli studiosi il disco di Nebra precede di 200 anni il più antico reperto egiziano con raffigurazioni cosmiche.

Questo straordinario e per certi versi misterioso reperto, non è però solo un calendario con una mera funzione d’utilità. Nel disco di Nebra sono presenti tutti i simboli legati a culti religiosi: la luna, la barca solare, le Pleiadi e le linee dell’orizzonte durante i solstizi, a dimostrazione che l’uomo dell’età del bronzo aveva una sensibilità artistica capace di esprimere un credo religioso, legato alla natura che lo circondava.

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Una ricerca del 2007 evidenzia la somiglianza tra le raffigurazioni del disco con quelle che ornavano i tamburi degli sciamani.

Il ruolo della sciamano era di fondamentale importanza, per la loro funzione di tramite tra la comunità di appartenenza e l’ignoto, il mondo degli spiriti e delle forze sovrannaturali, che potevano comprendere anche fenomeni naturali non percepiti come tali.

Il disco quindi, che presenta dei fori lungo il perimetro ma è troppo pesante per essere indossato, potrebbe essere stato fissato su di uno scudo o a un sostegno di legno.

Il suo ritrovamento, insieme a spade e altre armi, potrebbe indicare che la sua funzione fosse decorativa, come ad esempio l’ornamento di uno scudo cerimoniale appartenuto a un personaggio di alto rango, forse offerto agli dei dopo una vittoria in battaglia. In questo caso, il disco non sarebbe stato un calendario utile alla comunità per riconoscere i tempi di semina e raccolta, ma una rappresentazione simbolica del cielo, maggiormente legata a rituali religiosi.

Comunque sia, e forse non lo sapremo mai, una cosa è certa, almeno secondo gli archeologi: il disco fu opera di una civiltà europea, che probabilmente lo offrì in dono agli dei, seppellendolo nella collina attorno al 1600 aC. Forse non è un caso che il sito dove è stato trovato il disco sia poco distante (20 chilometri) dal Cerchio di Goseck, un osservatorio astronomico risalente al V millennio aC., quindi ad un’epoca molto più lontana nel tempo che, probabilmente a torto, noi uomini moderni consideriamo “primitiva”.


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