La strage familiare che mise fine alla monarchia in Nepal

Il 28 maggio 2008, il Nepal divenne una Repubblica. La deposizione del re Gyanendra da parte dell’Assemblea Costituente fu l’atto finale di un dramma politico durato decenni, e calò per sempre il sipario sulla dinastia Shah, che aveva regnato sul Nepal per duecentoquaranta anni.

Gyanendra, l’ultimo sovrano del Nepal, era salito al trono all’età di cinquantaquattro anni, nel 2001, tre giorni dopo l’avvenimento che decretò il declino della monarchia nepalese e – secondo l’opinione pubblica – la vera fine della dinastia Shah: il cosiddetto “massacro reale”.

L’undicesima generazione

Quando nel 1975 Birendra Shah salì al trono del Nepal, la sua incoronazione venne offuscata dall’ombra di un passato diviso tra storia e leggenda. Un’antica tradizione narra che il patriarca della dinastia Shah e unificatore del Nepal, re Prithvi Narayan Shah, un giorno incontrò un anziano mistico che gli offrì di dividere uno yogurt come augurio di buona sorte.

Prithvi Narayan Shah, 1722-1775

Il sovrano, offeso dalla proposta e disgustato dal pensiero di dover dividere il cibo con un altro uomo, in un impeto di rabbia afferrò lo yogurt e lo scaraventò a terra, sporcandosi le dieci dita dei piedi. Il mistico profetizzò allora che la dinastia Shah avrebbe prosperato sino al suo decimo monarca, ma che la sua fine sarebbe giunta con la sua undicesima generazione.

Re Birendra Shah era il tanto temuto undicesimo sovrano

La situazione sociale e politica del Nepal rappresentava una preoccupazione più impellente e reale di una vecchia leggenda. Re Birendra cercò di modernizzare un Paese che chiedeva a gran voce dei passi in avanti verso la democrazia, e la trasformazione più importante avvenne nel 1990, quando il sovrano promulgò una nuova Costituzione che rendeva il Nepal non più una monarchia assoluta bensì una monarchia costituzionale.

Re Birendra, (1945-2001)

La modernizzazione del Paese procedeva tuttavia lenta e incerta, agitata da molteplici proteste pro-democrazia e sottoposta a una battuta d’arresto dalla Guerra Civile Nepalese del 1996.

Nonostante le tensioni la famiglia reale restava generalmente amata e apprezzata dalla popolazione. Cinque anni prima della sua incoronazione re Birendra aveva sposato una sua cugina, la regina Aishwarya Rajya Lakshimi Devi Shah, una donna di fine bellezza e grande eleganza e dotata di un carattere energico e schietto, che si era sempre impegnata a supportare il marito nella politica e che si dedicava a numerose opere sociali e culturali.

Aishwarya Rajya Lakshimi Devi Shah (1949-2001)

La coppia aveva avuto tre figli: il principe ereditario Dipendra, la principessa Shruti e il principe Nirajan. Tutti i principi reali erano apprezzati dai cittadini alla stregua dei genitori, e un particolare successo riscuoteva l’erede al trono, Dipendra. Il principe ereditario condivideva le idee del padre in merito alla modernizzazione del Nepal, ed era descritto dagli amici come una persona affabile e gentile, per nulla insuperbito dalla sua appartenenza alla famiglia reale ma rispettoso del suo ruolo e della monarchia. Ribadiva spesso che ogni decisione importante della sua vita dovesse essere approvata anche dal padre, che era – secondo le sue parole – “il suo sovrano, prima ancora di un genitore”.

Appassionato di sport, Dipendra era cintura nera di arti marziali ed era un collezionista di armi da fuoco. Il principe non si limitava a partecipare scrupolosamente a ogni evento pubblico, ma scriveva articoli che venivano pubblicati sui giornali nepalesi, in cui trattava temi patriottici e di amore e appartenenza al proprio Paese.

La difficile situazione politica del Nepal non sembrava aver intaccato l’unione e l’affetto all’interno della famiglia, e non sembrava che vi fossero particolari tensioni tra i suoi membri. Un articolo di giornale comparso il 27 maggio 2001 aprì una ferita in questo apparente idillio.

La gente sta iniziando a chiedersi perché il Principe Ereditario non sia sposato alla sua età, e se il suo futuro di erede al trono non sia a rischio” recitava l’articolo. “È ora che Sua Altezza Reale si sposi. Il popolo nepalese desidera celebrare le sue nozze al più presto e nella maniera più sfarzosa“.

L’articolo era all’apparenza un’innocua frecciatina volta al mero pettegolezzo, ma suggerì inconsapevolmente una realtà che fino a quel momento era stata celata oltre le porte del Palazzo Reale di Narayanhity, e che sarebbe stata svelata, nel modo più tragico, pochi giorni dopo.

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Romeo e Giulietta

Il principe Dipendra aveva studiato presso il prestigioso college di Eton, in Inghilterra, e durante la sua permanenza nel Regno Unito aveva incontrato Devyani Rana, e dopo un breve corteggiamento il principe comunicò alla famiglia la sua intenzione di sposare la ragazza.

Dipendra Bir Bikram Shah Dev (1971-2001). Immagine di Nabin K. Sapkota via Wikipedia

Devyani apparteneva alla ricca e potente dinastia Rana e suo nonno materno, Jivajirao Scindia, era stato l’ultimo maharaja della città di Gwalior. Ciò che si prospettava era dunque non solo un matrimonio d’amore, ma anche un’unione all’apparenza politicamente ed economicamente vantaggiosa per entrambe le famiglie.

Aishwarya nel 1970

La realtà dei fatti fu invece paragonata dai media indiani e nepalesi alla tragica storia di Romeo e Giulietta.

La regina Aishwarya Shah fu la più decisa oppositrice dell’unione tra Dipendra e Devyani: non solo aveva già progettato per il primogenito un matrimonio con una cugina, ma le alleanze politiche del padre di Devyani erano fortemente disapprovate e avverse alla dinastia Shah. Inoltre, la casta a cui apparteneva la ragazza era ritenuta troppo inferiore a quella della famiglia reale perché Devyani potesse essere presa in considerazione come futura sposa del principe ereditario.

Devyani Rana (1972-…)

La regina Aishwarya aveva anche delle motivazioni più personali per opporsi alle nozze: il fatto che Devyani fosse più vecchia di un mese rispetto a Dipendra – una differenza d’età irrisoria secondo la mentalità occidentale, ma considerata inappropriata in Nepal – e il timore che la bellezza, il carisma e la personalità della ragazza potessero offuscare quelli della regina stessa.

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D’altro canto i genitori di Devyani non erano molto più entusiasti della prospettiva matrimoniale: la famiglia Rana era infatti molto più ricca degli Shah, e Devyani era abituata a uno stile di vita lussuoso che – come sua madre l’avvertì – avrebbe dovuto fortemente ridimensionare qualora avesse deciso di sposare il principe Dipendra.

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Nonostante la disapprovazione delle rispettive famiglie, Dipendra e Devyani avevano continuato a incontrarsi in segreto per anni, nella speranza che venisse loro concesso il permesso di convolare a nozze.

L’articolo di giornale del 27 maggio non rivelò al pubblico questa diatriba familiare che fino a quel momento era rimasta privata; ma indagini postume hanno ipotizzato che quelle parole scritte con noncuranza abbiano potuto accendere la miccia che sarebbe esplosa di lì a pochi giorni, il 1° giugno del 2001.

“Hai fatto del male abbastanza”

Quella sera l’intera famiglia reale si era riunita per una festa privata, un’occasione ben lontana dagli impegni mondani e che non avrebbe richiesto la presenza del personale di sicurezza.

La serata avrebbe dovuto essere piacevole e rilassante, ma sin dall’inizio della cena la tensione raggiunse un punto di rottura: Dipendra si presentò ubriaco a tavola, e il suo comportamento divenne tanto molesto da degenerare in un litigio, in seguito al quale il principe venne accompagnato nelle sue stanze da un cugino e dal fratello minore Nirajan.

Una volta in camera da letto Dipendra telefonò a Devyani. La ragazza comprese subito che qualcosa di strano stava accadendo poiché il principe faticava a pronunciare le parole e a fare un discorso di senso compiuto. Devyani si tranquillizzò quando Dipendra le comunicò che sarebbe andato a dormire – inconsapevole che, mentre anche lei andava a letto, il principe aveva indossato la sua divisa militare e si stava dirigendo al piano di sotto portando con sé tre rivoltelle.

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Irruppe nella sala da biliardo dove la famiglia stava cenando e aprì il fuoco

Il primo a essere ucciso fu il padre del principe, re Birendra. Vedendo il sovrano cadere sotto i colpi le guardie di palazzo cercarono di sfondare le porte di vetro e di irrompere nella stanza, ma nel frattempo Dipendra aveva già sparato a dieci membri della famiglia, e si era diretto in giardino alla ricerca di sua madre.

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Suo fratello Nirajan, scampato al fuoco, cercò di proteggere la regina con il proprio corpo, ma Dipendra sparò a entrambi. Suo cognato, il principe Gorakh, lo colse di sorpresa, intimandogli:

Hai fatto del male abbastanza, adesso dammi la pistola

Dipendra ferì anche lui, prima di rivolgere l’arma contro se stesso.

Re per tre giorni

Il giorno dopo il massacro il Primo Ministro nepalese cercò di tranquillizzare i cittadini, dichiarando che un colpo d’arma da fuoco esploso per errore aveva soltanto ferito il re e il principe ereditario. La verità, comunque, non tardò ad emergere.

Pochi giorni dopo, una folla in lutto accompagnava le salme dei reali vittime del massacro in processione verso la loro sepoltura: re Birendra e sua moglie, la regina Aishwarya, insieme ai loro figli Nirajan e Shruti.

A perdere la vita per mano del principe ereditario furono anche il fratello minore di Birendra, il principe Dhirendra, e le sue sorelle, la principessa Shanti e la principessa Sharada, con suo marito e una cugina.

Il principe Dipendra, in fin di vita in ospedale, venne proclamato nuovo re del Nepal – finché i quattro sopravvissuti alla strage non raccontarono la verità. Dipendra fu re per soli tre giorni, tre giorni durante i quali non si risvegliò mai dal coma in era caduto in seguito alla ferita alla testa. Morì il 4 giugno, a ventinove anni.

Le indagini

Il fratello minore di re Birendra, Gyanendra, venne incoronato nuovo sovrano del Nepal dopo la morte del nipote, e regnò per i successivi sette anni, finché nel 2008 la monarchia non venne abolita.

Nonostante la testimonianza dei quattro sopravvissuti, il “massacro reale”, come venne etichettato dai media, ancora oggi lascia numerosi dubbi. Un’indagine venne condotta per due settimane, ma non portò a conclusioni definitive.

La motivazione della mancata approvazione del suo matrimonio con Devyani Rana è stata ritenuta importante ma non fondamentale per spiegare il gesto del principe. Dopo la morte di Dipendra, è stata avanzata l’ipotesi secondo cui il massacro avesse delle ragioni più strettamente politiche, ragioni che vedrebbero il principe ereditario non così progressista come lo si era sempre creduto e pieno di risentimento nei confronti del padre per aver accettato di trasformare la monarchia da assoluta a costituzionale.

Dopo la morte del principe alcuni suoi ex compagni di Eton scrissero di come, secondo il loro punto di vista, il suo collezionismo di armi da fuoco valicasse la soglia della passione e sfiorasse i confini dell’ossessione. Alcune fonti postume hanno inoltre suggerito che Dipendra soffrisse di un disturbo depressivo e che seguisse delle terapie psichiatriche.

Ma sono state avanzate delle ipotesi ben più oscure sull’origine del massacro.

Dipendra usava notoriamente la mano destra, ma si sarebbe autoinflitto il colpo alla testa con la mano sinistra. Altre incongruenze hanno portato a sospettare che il principe ereditario non fosse altro che l’undicesima vittima del massacro, orchestrato da potenze esterne alla famiglia reale.

Ad oggi le motivazioni che hanno condotto alla strage non sono chiare, ma molti tra i nepalesi ancora non credono all’effettiva colpevolezza del principe Dipendra. Forse questo è solo un ultimo atto di stima nei suoi confronti, il fatto di non voler accettare che un principe amato da tutti e benvoluto potesse, nel giro di poche ore, trasformarsi in uno stragista.


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