La Storia di Tortuga: l’isola/covo dei Pirati dei Caraibi

6 dicembre 1492. Tre navi spagnole navigano a largo di Hispaniola, prima colonia europea del Nuovo Mondo, e, all’alba, fra i banchi di nebbia mattutini, l’orizzonte delle Antille rivela i contorni di un’isola. L’oscurità si dirada, le immagini diventano sempre più nitide. Cristoforo Colombo è a capo di quello che sarà solo il primo dei suoi viaggi in America, nota una curiosa somiglianza fra le montagne che la dominano e il carapace di una tartaruga.

La battezza “Isla de la Tortuga”.

Ritratto di Cristoforo Colombo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Con i suoi 37 km di lunghezza e 7 km di larghezza, per un totale di 180 km² di coste a strapiombo, rocce e alture, il nome di Tortuga è da sempre sinonimo di pirateria. L’accostamento non è del tutto errato, ma, talvolta, cinema e letteratura ne hanno accentuato il legame con i fuorilegge di mare, che ne sfruttarono la fragilità politica e la usarono come base, tuttavia, senza averne il controllo assoluto. In realtà, convissero e collaborarono sia con i coloni sia con i governatori locali.

Vista satellitare dell’Isola di Tortuga – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Dalla scoperta ai primi insediamenti

Scoperta da Cristoforo Colombo sul finire del 1492, Tortuga visse un periodo di relativa tranquillità per circa un secolo. A differenza di altre terre del Nuovo Mondo, non era adatta al colonialismo su larga scala: era priva di spiagge, il paesaggio roccioso dominava a discapito della flora e l’unico lato abitabile era il versante sud, dove un numero esiguo di spagnoli si stabilì nell’insediamento chiamato Basse-Terre. Vi era un unico porto naturale, sprovvisto di barriera corallina e adibito a luogo d’approdo. Per tale ragione Tortuga non fu mai un importante centro commerciale, ma, vista la sua vicinanza ad altre colonie, godette ugualmente di una posizione strategica.

Pierre Belain d’Esnambuc sbarca alla Martinica nel 1635; opera di Théodore de Gudin – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il legame con la pirateria, che è alla base della sua fama, ebbe inizio nel XVII secolo, quando, nel 1625, il corsaro francese Pierre Belain d’Esnambuc si scontrò con un galeone spagnolo di 400 tonnellate. L’arrembaggio fallì e la sua ciurma trovò riparo sull’Isola di Saint Kitts (anche conosciuta come Isola di Saint Christopher), dove risiedevano coloni inglesi e francesi. Fra loro vi erano alcuni pirati sotto copertura, che erano giunti l’anno prima come superstiti di un’infruttuosa spedizione in Guayana. Consapevole di poter trarre profitto dalla situazione dell’isola, abitata in segreto da uomini pronti a eseguire i suoi ordini, il corsaro salpò per la Francia e il 31 ottobre del 1626 il cardinale Richelieu accettò la sua proposta di rendere Saint Kitts la prima colonia francese del Nuovo Mondo. Il capitano Thomas Warner, posto a capo dei coloni per conto della corona inglese, decise di evitare un conflitto armato con d’Esnambuc e si accordò per un’equa spartizione dell’isola.

Le isole di Saint Kitts e Nevis – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Intanto, nel Vecchio Continente le grandi potenze erano in conflitto e, di rimando, il Nuovo Mondo divenne teatro delle cosiddette Guerre di corsa, atte a minare l’economia delle nazioni rivali attraverso l’interferenza nei rispettivi traffici commerciali, quasi sempre per mezzo della pirateria. In virtù dei conflitti anglo-spagnoli, nel 1629, la corte madrilena incaricò il capitano Fadrique Álvarez de Toledo Osorio di impossessarsi di Saint Kitts e della vicina Nevis. Entrambe le incursioni furono un successo, e circa 400 coloni francesi si dispersero fra le isole delle Grandi Antille. Una quarantina di loro fuggì a Tortuga insieme a d’Esambuc e la sua ciurma, e dopo aver cacciato senza troppe difficoltà quei pochi coloni spagnoli che l’abitavano, s’insediarono a Basse-Terre. Allo stesso modo, anche una piccola parte degli inglesi presenti su Nevis rifiutò di tornare in patria e si accasò a Tortuga, proprio come una minoranza olandese proveniente da Saint Croix.

La conquista di Saint Kitts da parte di Don Fadrique Álvarez de Toledo nel 1629 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Da questo nucleo primordiale nacquero i primi bucanieri di Tortuga, il cui nome deriva da boucan, usato dagli indigeni caraibici per definire la griglia di legno su cui arrostivano gli animali. Tale metodo di cottura, antesignano del moderno barbecue, fu appreso dai coloni anglo-francesi del Nuovo Mondo che, incoraggiati dalla tolleranza verso la pirateria, decisero di prendere la via del mare. Tortuga divenne presto il rifugio principale dei bucanieri, dove poterono rifornirsi, depositare i bottini e organizzare le spedizioni.

Agivano per lo più ai danni degli spagnoli, che all’epoca dominavano il Sudamerica, e la loro fama attirò l’attenzione della corte di Madrid. Per arrestarne le scorribande, nel 1629, Don Fadrique attaccò Tortuga e mise in fuga tutti gli abitanti. L’isola, però, era inospitale, priva di grandi risorse, e i nuovi padroni non avevano un concreto interesse nel renderla una colonia a tutti gli effetti; perciò venne presto abbandonata e i coloni vi fecero ritorno insieme ai bucanieri l’anno successivo. Nel 1631 fu il turno degli inglesi che approfittarono del ritorno a Hispaniola degli uomini di Don Fabrique e se ne impadronirono mandando il capitano Anthony Hilton in qualità di governatore. Nel 1635 fu sostituito da Nicholas Riskinner, ma questi morì poco dopo il suo arrivo sull’isola, dove ci fu quindi un nuovo vuoto di potere.

Rappresentazione di un bucaniere – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Le incursioni spagnole

La corsa al Nuovo Mondo del ‘600 si era conclusa a favore della Spagna, mentre altre nazioni come Francia, Inghilterra e Olanda erano riuscite a ottenere solo una fetta minore della “torta” sudamericana. Tali premesse incoraggiarono la grande era dei bucanieri da un lato e diedero il via a tutta una serie di contese territoriali dall’altro.

L’America Centrale e i Caraibi – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

In seguito alla fine del periodo inglese, la comunità di Tortuga cercò di consolidarsi e l’isola prosperò al meglio delle sue possibilità. Nel 1633 furono importati i primi schiavi da impiegare nelle piantagioni di tabacco, che erano alla base dell’economica locale, ma, dopo soli due anni, la schiavitù fu messa al bando, perché quel tipo di manodopera si rivelò troppo difficile da gestire.

Tortuga nel XVII secolo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nello stesso anno Tortuga tornò al cento delle mire spagnole. Dopo la morte di Riskinner l’isola era senza governatore, e i vani tentativi di stabilizzarne l’economia interna l’avevano resa vittima del caos e dell’anarchia. Formalmente era ancora sotto la giurisdizione inglese, e uno degli ultimi uomini di Riskinner, tale John Murphy, disertò e si rifugiò su Hispaniola, dove riferì agli spagnoli la fragilità sociale in cui versava l’isola.

L’Isola di Tortuga – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il comandante Ruy Fernádez de Fuenmayor ordinò una nuova invasione che, come previsto, si rivelò un rapido successo. Le milizie spagnole impartirono un dura lezione sia ai coloni sia ai bucanieri: impiccarono 195 persone e altre trenta furono fatte prigioniere. Coloro che riuscirono a salvarsi si dispersero per le Antille, ma nel giro di poco tempo Fernádez salpò per concentrare le proprie forze altrove e, poiché non lasciò alcun contingente a guardia dell’isola, Tortuga si ripopolò nel giro di un anno.

Mappa di Hispaniola – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il Fort de Rocher e i Fratelli della Costa

La situazione mutò nel 1640. Nei loro brevi soggiorni, gli spagnoli avevano costruito delle piccole fortificazioni e, dopo l’ennesima riconquista, gli abitanti di Tortuga decisero di ampliarle. Inoltre, il porto naturale vide la costruzione del Fort de Rocher per merito di François Levasseur.

Illustrazione del Fort de Rocher – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Levasseur era un ingegnere militare francese che aveva accompagnato d’Esnambuc a Saint Kitts e nelle successive spedizioni nelle Antille. Nel 1640, Luigi XIII gli affidò il compito di reclamare in via ufficiale il possesso di Tortuga, dove si recò e ne divenne il primo governatore francese. Nel frattempo, i bucanieri avevano dato vita a una sorta di società piratesca, denominata I Fratelli della Costa.

Fondata nel 1620, aveva come sede proprio Tortuga, ed ebbe il merito di organizzare con leggi ben precise tutti i bucanieri della Antille. I fratelli costieri erano uguali e liberi, non vi era alcuna discriminazione razziale e potevano abbandonare la vita di mare quando volevano. Chiunque aveva diritto a un risarcimento in caso di ferite, era prevista un’equa spartizione dei bottini e i capitani delle navi venivano eletti democraticamente, con votazioni a cui partecipava ogni membro della ciurma.

Il bucaniere Henry Morgan cerca reclute fra i Fratelli della Costa – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Se da un lato la fratellanza ebbe il merito di disciplinare il sistema interno dei bucanieri, rendendoli più coesi e, di riflesso, più efficaci nelle loro attività, dall’altro c’era una regola che diede non poche noie a Levasseur: non erano ammesse donne fra gli equipaggi. I Fratelli della Costa erano una risorsa fondamentale per il neo governatore di Tortuga, che concesse loro delle lettere di corsa per autorizzarli a razziare i vascelli spagnoli in cambio di una percentuale sui bottini, ma l’assenza di donne aveva dato vita a un crescente fenomeno di omosessualità promiscua.

Per ovviare al problema e, forse, anche per controbilanciare la più generale carenza di gentil sesso, fece arrivare sull’isola ben 1.650 prostitute. Così facendo, Levasseur riuscì a consolidare il suo titolo politico grazie alla preziosissima alleanza con i bucanieri e, in secondo luogo, s’impegnò a rafforzare le difese di Tortuga, ordinando la costruzione di un grande avamposto. Il Fort de Rocher vide la luce in un punto strategico che, nelle intenzioni del governatore, poteva prevenire con efficacia qualsiasi incursione. Dotato di 40 cannoni pronti a far fuoco e abbattere le navi nemiche intenzionate ad attraccare, fu costruito sul promontorio dell’unico porto naturale dell’isola, a quasi 2 km da Basse-Terre, e fornì a Tortuga il primo vero sistema difensivo capace, almeno in teoria, di renderla inespugnabile.

Bucanieri in procinto di attaccare Cartagena – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La presa di Fort de Rocher

Levasseur morì assassinato in circostanze misteriose nel 1653, e la corona francese nominò Timoléon Hotman come sostituto. Anziché continuare la fortificazione dell’isola, il nuovo governatore prese poco sul serio l’eventualità di un assedio e decise di non dar seguito ai progetti del suo predecessore. L’ombra degli spagnoli era in agguato, e infatti  quello stesso anno invasero Tortuga; tuttavia, senza successo. In precedenza, l’avevano lasciata priva di difese e non si aspettavano di ritrovarla munita di un forte e di cannoni.

Come da copione, le navi non riuscirono nemmeno a sfiorarne le coste e dovettero battere in ritirata, ma gli assedianti sfruttarono l’occasione per raccogliere informazioni, studiare i punti deboli dell’avamposto e progettare una seconda offensiva, che ebbe luogo il 9 febbraio del 1654. A mezzogiorno, coloni e bucanieri di Tortuga videro all’orizzonte quattro navi che, riuscendo ad attraccare a debita distanza da Fort de Rocher, si sottrassero ai bombardamenti e guadagnarono l’altezza di una collina. Da lì, posizionarono l’artiglieria, procedettero a indebolire le mura del forte e organizzarono una serie di attacchi terrestri. Circa 700 soldati misero a ferro e fuoco l’isola fino al 18 febbraio, quando Hotman dichiarò la resa e consegnò Tortuga agli spagnoli. Fra coloni e bucanieri, i prigionieri furono quasi 500 e il forte, su espresso ordine della Corona, fu incendiato e raso al suolo insieme a tutti gli altri insediamenti.

L’Isola di Tortuga – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nel frattempo, gli inglesi stavano preparando una grande offensiva a Hispaniola e il 13 settembre le milizie di stanza a Tortuga furono richiamate per prendere parte alla difesa dell’isola. L’aiuto involontario degli inglesi favorì il progressivo ritorno degli abitanti esiliati, ma, rispetto al passato, si ritrovarono su di un’isola in rovina e priva del suo unico avamposto difensivo. Da quel momento ebbe inizio il declino di Tortuga e la patria dei pirati delle Antille si spostò gradualmente verso Port Royal.

Port Royal – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il declino di Tortuga

Nel 1655 la corte di Londra incaricò Elias Watts di reclamare l’isola. Per circa quattro anni fu, dunque, occupata in via ufficiale dagli inglesi, che ne sfruttarono la posizione per lanciare incursioni contro gli insediamenti spagnoli sulla vicina Hispaniola. Nel 1660 la situazione mutò ancora una volta e i francesi riconquistarono Tortuga con Jeremie Deschamps, che divenne governatore e respinse i successivi attacchi britannici.

In quegli anni l’isola visse un secondo, breve, periodo d’oro grazie al “debutto” di alcuni celebri bucanieri. Il più importante fu Jean David Nau, meglio noto con il soprannome di François l’Olonnais (l’Olonese in italiano), che, attraverso la sua particolare propensione alla tortura e all’uccisione dei prigionieri dominò le Antille facendo di Tortuga la sua base.

François l’Olonnais – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Da lì, nel 1666, pianificò il famoso Sacco di Maracaibo e radunò un convoglio di 8 navi e 650 uomini che, l’anno successivo, mise a ferro e fuoco l’insediamento spagnolo, rinomato per le sue ricchezze. Tuttavia, le roccaforti che lo difendevano non capitolarono con facilità e molti abitanti ebbero il tempo di  nascondere i propri averi. Quando Maracaibo fu alla sua mercé, quindi, il bucaniere torturò tutti i prigionieri e li costrinse a rivelargli l’ubicazione dei vari tesori. Non contento, si mosse via terra verso sud e ricattò la città di Gibraltar: in cambio di 20.000 pesos e 500 pezzi d’oro non avrebbe proceduto all’assedio. I coloni pagarono quanto richiesto, ma l’Olonese fu di parola solo alla sua sanguinaria nomea e ordinò ugualmente il saccheggio. In totale, accumulò 260.000 pesos, oltre che grandi quantità di pietre preziose, argento e schiavi.

Quanto a Tortuga, nel 1665, Bertrand d’Oregon succedette a Deschamps e, nel corso del decennio successivo, lavorò assiduamente per rafforzare l’alleanza politica con i superstiti della fratellanza costiera, ma già da un po’ l’isola aveva perso importanza. Non era più il centro nevralgico delle attività dei bucanieri e, all’avvicinarsi della fine della grande era dei pirati delle Antille, quel poco che restava della sua fama era prossima all’epilogo. La possibilità di compiere razzie via mare ai danni delle nazioni rivali, infatti, era il frutto dei numerosi conflitti europei.

Sul finire del secolo la situazione iniziò a stabilizzarsi e il trattato di Ratisbona del 1684 sancì, almeno in un primo momento, la fine della pirateria “legale” in quella zona del Nuovo Mondo. Tale accordo prevedeva anche la soppressione delle lettere di corsa, ovvero i documenti con i quali i regnanti autorizzavano i bucanieri a danneggiare le flotte rivali. La tregua durò poco e nel 1688 la Guerra della Grande Alleanza risollevò le sorti dei fuorilegge di mare. Il conflitto si concluse nel 1697, quando il trattato di Rijswijk ripristinò gli accordi che dieci anni prima avevano messo al bando le attività dei pirati.

Henry Morgan – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Dopo l’ultima invasione spagnola, con conseguente distruzione di Fort de Rocher, e la morte dell’Olonese nel 1671, a Tortuga erano rimasti pochi bucanieri, e parte di loro avevano abbandonato la vita di mare per dedicarsi alla più redditizia attività dell’intaglio del legno. L’atto conclusivo lo si ebbe con Henry Morgan.

Henry Morgan distrugge la flotta spagnola a Maracaibo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Pirata gallese al soldo dell’Inghilterra, Morgan aveva iniziato la sua “onorata” carriera proprio a Tortuga, che, a quei tempi, era già in declino, ma, proprio come l’Olonese, ne sfruttò la posizione per organizzare grandi imprese, di cui la più cruenta fu il Sacco di Portobello. Nel 1668, guidò i suoi 450 uomini contro i soldati spagnoli posti a difesa della colonia, che fu saccheggiata per circa due mesi e spogliata di ogni ricchezza attraverso stupri, torture e omicidi su larga scala. Dopo quell’evento, che fruttò a Morgan 200.000 dollari spagnoli, la sua fama crebbe a dismisura, ma a partire dal 1675, a riprova di quanto l’era dei bucanieri fosse giunta al termine, iniziò a combattere la pirateria per conto dell’Inghilterra, che, come le altre potenze europee, aveva messo al bando i superstiti dell’ormai decaduta fratellanza costiera. La caccia ai suoi ex compagni gli valse la nomina a Governatore della Jamaica nel 1680 e così, con una carica politica, anche l’ultimo grande nome legato a Tortuga cessò di alimentarne la leggenda.

Jean-Baptiste Du Casse, governatore di Saint-Domingue dal 1691 al 1703 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’ultimo evento degno di nota che legò l’isola delle Antille alla pirateria si verificò nel 1697, quando Jean-Baptiste Du Casse, il governatore di Saint-Domingue, ovvero la parte francese di Hispaniola, radunò tutti i bucanieri della zona, inclusi quelli di Tortuga, per procedere alla presa di Cartagena al fianco del corsaro Bernard Desjean, su commissione di Luigi XIV.

L’offensiva fu una delle più cruente mai viste nei Caraibi. Sul finire di aprile, le 22 navi e i 1.200 soldati di Desjean entrarono nel porto della città colombiana insieme ai 650 bucanieri di Du Casse. Tutte le roccaforti capitolarono nel giro di poco tempo e i conquistatori razziarono Cartagena dal 6 al 24 maggio, accumulando un bottino stimato fra i dieci e i venti milioni di lire dell’epoca. Agli inizi di aprile Desjean salpò per tornare in Francia, ma non onorò gli accordi e negò ai suoi alleati la loro ricompensa. Offesi da quel grave affronto, i bucanieri fecero ritorno a Cartagena, la saccheggiarono di nuovo e, a differenza della prima volta, senza la supervisione delle autorità francesi, si resero protagonisti di numerosi stupri e omicidi.

Illustrazione del Sacco di Cartagena – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nel XVIII secolo la pirateria si spostò su vasta scala e in altri mari, e Tortuga divenne sede di alcune piantagioni di tabacco, godendo di una tranquillità ben lontana dai fasti di sangue e conquiste che avevano caratterizzato la sua storia.

Copertina de Il Corsaro Nero di Emilio Salgari (1898), 3a edizione, 1904, illustrazione di Alberto Della Valle – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

In seguito fu l’ultima roccaforte francese durante la guerra di indipendenza di Haiti, e oggi è abitata da circa 35.000 persone, ma grazie alle innumerevoli trasposizioni cinematografiche e letterarie, come la recente saga dei Pirati dei Caraibi o il ciclo de I corsari delle Antille di Emilio Salgari, il suo mito è sopravvissuto nei secoli.

Una piccola curiosità a livello di toponimi. Al Venezuela appartiene un’altra isola di Tortuga, oggi disabitata, che fu scoperta nel 1499 dal navigatore spagnolo Alonso de Ojeda. A differenza della sua omonima, il nome dell’isola deriva dalla rilevantissima presenza di tartarughe marine. Nel XVII secolo fu anch’essa utilizzata come rifugio dai bucanieri, ma non quanto la Tortuga haitiana.

 


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