La storia a Luci Rosse delle Case Chiuse più Famose d’Italia: “Si lavorava a cottimo”

Che la morigerata Serenissima, a cavallo tra 1400 e 1500, fosse casta e pura è difficile da immaginare. Ancora di più per coloro che, transitando sotto il ponte che unisce Santa Croce a San Polo (Ponte delle Tette), si imbattevano, alzando il naso all’insù, in folte schiere di “carampane” affacciate alla finestra con seni al vento: se ne stavano lì per ore ad aspettare che qualche cliente facoltoso le abbordasse.

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In quanto a vie e piazze licenziose, anche Firenze sfoggia un bel repertorio di luoghi testimoni di un passato a luci rosse. L’attuale Piazza della Passera, per esempio, un tempo conosciuta come Piazza dei Sapiti, rientra in questa categoria. Un’agorà che si dice ospitasse un bordello frequentato da Cosimo I, Granduca ‘de Medici. Tra i più vecchi, ma non il più rinomato di Firenze, perché la maison fiorentina più all’avanguardia di tutte era Madame Saffo.

Sotto, “Au Salon de la Rue des Moulins” (1894), di Henri de Toulouse-Lautrec.

E Napoli? Pure lei era “ricca assaje” di case di tolleranza. Nel 1958, poco prima che la Legge Merlin facesse capolino determinandone l’effettiva chiusura, ne aveva all’attivo ben novecento. La più lussuosa si chiamava La Supreme. Era qui che i ricchi clienti affezionati si intrattenevano con Dorina “da Sorrento”, Anastasia “‘a friulana” o Nanninella “‘a spagnola”.

A Milano, invece, c’era Carmen “l’Andalusa”, che di spagnolo non aveva nulla se non il nome. Sapeva solo dire olé e quando lavorava si presentava con tacco, mantiglia, ventaglio, a tempo di bolero.

Sotto, “Bordello” (Brothel, 1562), di Joachim Beuckelaer

In passato, a Milano, è soprattutto il quartiere di Brera ad avere fatto la storia del mestiere più antico del mondo. Le vie più emblematiche? Via Fiori Chiari e via Fiori Scuri. E’ qui, tra i fiori del bene e del male, che “fiorivano” la maggior parte dei club privè a luci rosse. La più rinomata era via Fiori Chiari, seppur il titolo della contrada lasciasse presagire qualcosa di diverso dai vizi e dalle virtù che si professavano in quei casini. E’ al loro interno, tra l’odore di talco, cipria, fumo, lisoformio misto sudore, che si consumavano cibo e sesso.

Il numero “17” di via Fiori Chiari, è forse il lupanare di Milano più ricco di aneddoti e storie. Come quella di Wanda “la Bolognese”: la maitresse più longeva d’Italia. Wanda era stata moglie di tre mariti, aveva avuto una carriera brillante, una figlia, una media di sessanta uomini al giorno, trenta aborti e si era persino potuta permettere una Porsche. La “signorina” in questione però, aveva perso tutto nel vizio del gioco: negli anni Novanta venne ritrovata nei sotterranei della Stazione Centrale in veste di barbona. Wanda, si dice, fu musa e amica di Indro Montanelli, il quale essendo assiduo frequentatore dei bordelli si era sempre speso contro la Legge Merlin. D’altronde per lui le case di tolleranza “erano le uniche istituzioni italiane in cui la tecnica veniva rispettata e la competenza riconosciuta”.

Una tecnica che l’Italia ha sempre cercato di affinare guardando la Francia senza però mai riuscirvi. A Parigi infatti, c’era l’imbarazzo della scelta, di case lussuose ce n’erano per tutti i gusti e per tutte le tasche. C’erano le maison dove la prestazione costava meno di una baguette, ma c’erano anche le maison di lusso che offrivano delle “fille de joie” (prostitute) bellissime e di classe, che svolgevano ogni tipo di prestazione. Dove la camera cinese si alternava a quella moresca, quella del granaio con finte contadine intercalava con quella degli scompartimenti treno con tanto di scuotimento.

Sotto, una marchetta, gettone di un bordello francese.

Le Casa di Tolleranza italiane o straniere erano accomunate dal ruolo fondamentale della scala che dall’ingresso portava ai piani alti, ai cosiddetti nidi d’amore. La sfarzosa gradinata liberty in marmo metteva in bella mostra gli agili corpi delle prostitute agghindati con abiti sontuosi (preferibilmente aperti sul davanti) ricoperti di piume di struzzo, che per tutta la salita, non facevano altro che strizzare l’occhio al cliente. Il tacco a spillo era d’obbligo. E poi via di sveltina o di doppietta a seconda della richiesta.

“Si lavorava a cottimo” affermava qualche lucciola, e ci sono cronache che parlano di cento prestazioni al giorno

Quella della prostituzione fu una realtà che andò avanti fino all’approvazione della Legge Merlin, che sancì la definitiva chiusura di migliaia di case chiuse. La notte del 20 settembre del 1959, notte da bagordi: prestazioni offerte a non finire per mettere fine a uno dei capitoli più caldi (e controversi) della storia italiana.

Sotto, la senatrice Lina Merlin:

Sara Cariglia

Scrivo perché mi da gioia. In fondo il mondo è ricco di storie, di momenti, di episodi, di contingenze che aspettano solo di essere scoperte e raccontate. Mi piace raccontare tra le righe, mi piace flirtare con la scrittura, mi piace leggere la gente. Quando la sfoglio con gli occhi prima di abbozzarla a parole è come se avessi l’impressione di dipingere su tela le loro emozioni. Talvolta le parole rimpiccioliscono i fatti e una delle mie principali responsabilità e far si che questo non accada. Ad oggi le mie ali sono la scrittura. Dico ad oggi, perché non è da molto tempo che ho scoperto e sviluppato questa mia attitudine. Una volta svelata, vi posso assicurare, è stato il volo più bello della mia vita, me ne sono “letteralmente” innamorata. Ormai è ufficiale ed ufficioso, l’arte scrittoria unitamente alla mia grande vocazione per studio e cultura sono i miei tre unici amanti.