La splendida lettera del 1973 di una Donna Analfabeta al Marito lontano

Era il 2 Novembre del 1973. L’uomo era da ormai quattro anni andato sulla Luna, una Televisione era in (quasi) tutte le case degli abitanti delle città occidentali e l’Italia aveva già iniziato una prima fase di arresto dal “miracolo economico” che fra gli anni ’50 e ’60 aveva portato il nostro paese fra le prime economie del mondo.

Il 2 novembre di quell’anno, ormai 46 anni fa, una donna siciliana scrisse una lettera al marito, emigrato (come tanti connazionali) in Germania. La missiva era parte di un numeroso carteggio ormai perduto, e finì fra le mani dello scrittore Gesualdo Bufalino, di Comiso in provincia di Ragusa, il quale tradusse quei simboli in un’interpretazione in lingua italiana.

La donna e il marito erano analfabeti

Nei casi di analfabetismo le persone si rivolgevano solitamente a una persona in grado di scrivere, sia amica sia a pagamento, la quale si occupava di redigere la lettera in luogo della persona che dettava. L’autrice della lettera scelse di non affidarsi a un professionista ma di realizzare dei piccoli disegni in grado di comunicare al marito tutte le vicende che l’avevano interessata.

La coppia non voleva che la comunicazione fosse letta da altri che da loro stessi

La lettera inizia da un cuore trafitto da una freccia, e prosegue con quattro figure antropomorfe, probabilmente la donne e i 3 figli. La signora prosegue la narrazione parlando degli avvenimenti nel podere di famiglia, che ha fatto arare per 150.000 lire, con le notizie politiche, affermando che il parroco le ha consigliato di votare la Democrazia Cristiana al posto del Partito Comunista, e tutta una serie di altre indicazioni riguardo l’economia domestica. Il finale sembra suggerire:

Ci vediamo a Natale

Naturalmente la comprensione dei disegni è esclusiva dei due comunicanti, e difficilmente si può giungere a un’interpretazione esatta della scrittura pittografica.

Il Bufalino, che fu tra le altre cose fu un eccellente traduttore di Francese, conobbe la storia della famiglia dal racconto del farmacista di paese. Venuto in possesso del foglio ne diede un’interpretazione di eccezionale acume, che fu pubblicata sul libro “La luce e il lutto” pubblicato da Sellerio Editore nel 1996.

“Amore mio caro, il mio cuore è trafitto dal tuo pensiero lontano, e ti tendo le braccia insieme ai tre figli. Tutti in buona salute, io e i due grandicelli, indisposto, ma non gravemente, il piccino. La precedente lettera che t’ho spedito non ha ricevuto risposta e ne soffro. Tua madre, colpita da un male, si trova in ospedale, dove mi reco a trovarla. Non temere che ci vada a mani vuote; né sola, dando esca a malelingue: m’accompagna il figlio mezzano, mentre il maggiore rimane a guardare il minore. Il nostro poderetto, ho provveduto che fosse arato e seminato. Ai due “giornalieri” ho dato 150.000 lire. Si son fatte le elezioni per il Comune. Ho votato Democrazia Cristiana, come il parroco m’ha suggerito. Per la Falce e Martello la sconfitta è stata grande: come fossero morti, in un cataletto.

Ma che vincano gli uni o gli altri, è tutt’una. Nulla cambia per noi poveretti: abbiamo zappato ieri, zapperemo ancora domani. Molte ulive quest’anno, dai nostri ulivi. L’uomo e i due ragazzi che ho assunto, l’uno per bacchiarle, gli altri per raccoglierle a terra, mi sono costati 27.000 lire. Altre 12.000 lire le ho spese per il frantoio. Ne ho ricavato tant’olio da riempire una giara grande e una piccola. Posso ricavarne il prezzo corrente che è di 1.300 lire al litro.

Amore lontano, il mio cuore ti pensa. Ora, soprattutto, che viene Natale e vorrei essere insieme a te, cuore a cuore. Un abbraccio, dunque, da me e dai tre figliolini. Arrivederci, amore caro, il mio cuore è tuo e ti sono fedele, unita a te come i nostri due anelli”.

Era il 1973, sono passati soltanto 46 anni ma sembrava davvero un’altra Italia, sicuramente meno acculturata e consapevole ma forse più semplicemente romantica.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...