Agli inizi del XX secolo, in un territorio desolato e poco ospitale, la vita dura e stentata di un popolo di nativi americani, gli Osage, sembrò trasformarsi in una favola: la scoperta del petrolio sotto il territorio della loro riserva li fece diventare le persone con maggiore ricchezza pro capite al mondo.
Una rappresentanza del popolo Osage a Washington
Fonte Immagine: Library of Congress
Finché non cominciarono a essere assassinati…Fine della favola e inizio di una storia di violenza, soprusi e insabbiamenti che, anche negli Stati Uniti, pochi ricordano. Eppure, quando i morti ammazzati arrivarono a superare le due dozzine, si occupò del caso un’organizzazione anticrimine appena nata, il Bureau of Investigation, che sarebbe poi diventata l’FBI.
Due donne Osage nel 1921
Fonte Immagine: Library of Congress
Gli Osage, che durante il periodo di colonizzazione francese erano diventati una nazione potente grazie al commercio di pellicce e schiavi, si trovarono a essere cacciati dai loro territori, quando questi entrarono a far parte degli Stati Uniti.
Nativi Osage in un dipinto del 1854
Nei primi anni ’70 del XIX secolo, dopo essere stati sempre più sospinti verso ovest, agli Osage venne assegnato un territorio roccioso e poco coltivabile, in quello che oggi è l’Oklahoma.
Accampamento degli Osage in Oklahoma, prima della scoperta del petrolio
Fonte Immagine: Library of Congress
A cavallo del nuovo secolo, proprio sotto quella sterile terra apparentemente senza valore, furono scoperti dei giacimenti di petrolio. Per estrarre il prezioso oro nero, i petrolieri dovevano pagare i diritti di sfruttamento a ciascuno dei 2000 membri della tribù, e ai loro successivi eredi legali, anche se non appartenenti alla Nazione Osage.
La tribù divenne improvvisamente “la nazione più ricca, il clan o gruppo sociale di qualsiasi razza sulla terra, compresi i bianchi, uomo per uomo”. Gli Osage viaggiavano per la contea su automobili con autista (bianco), personalizzate con iniziali in oro. Mandavano i loro figli in prestigiosi college, spendevano mille dollari (di allora) al mese per fare la spesa.
Tutti i membri, indistintamente, godevano di quella ricchezza (nel 1923 complessivamente la tribù ebbe un reddito pari a 400 milioni di dollari odierni), anche le donne, che avevano, e hanno, pari diritti tra gli Osage. Il territorio della riserva era stato infatti diviso fra ciascun appartenente alla tribù, bimbi piccoli compresi.
Asta a Pawhuska sotto il Million Dollar Elm
Fonte Immagine:Oklahoma Historical Society
Per accedere allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio si tenevano regolarmente delle aste nella città di Pawhuska, e all’ombra di un grande albero (poi chiamato Million Dollar Elm) petrolieri rampanti come JP Getty e Frank Phillips si contendevano le concessioni a suon di milioni di dollari. Insieme ai soldi arrivò anche “il regno del terrore di Osage”. Nel 1921 una donna della tribù, Anna Brown, fu trovata morta in fondo a un burrone; nel 1925, quando l’FBI iniziò le indagini, 60 ricchi indiani erano stati assassinati, e le loro terre erano state affidate, guardacaso, ad avvocati o a uomini d’affari locali.
Tutti, ovviamente, erano bianchi
Il burrone dove fu trovata Anna Brown
Fonte immagine: FBI
C’erano molti modi per uccidere gli indiani e prendere i loro soldi: stipulare una polizza assicurativa e poi eliminare il contraente, assoldando qualche piccolo delinquente per la modica cifra di 500 dollari e un’auto usata; si poteva mettere del veleno nel liquore che bevevano al pub, contando sulla benevolenza del medico legale, che avrebbe archiviato le morti come accidentali, per uso di whisky contaminato.
Oppure si poteva contrarre un conveniente matrimonio: per mantenere il controllo del territorio all’interno della tribù, le quote di proprietà non potevano essere vendute dagli Osage ai coloni bianchi, che però potevano ereditarle. Questo spiega perché all’epoca ci furono tanti matrimoni misti.
Anna Brown
Fonte immagine: FBI
Mollie Burkhart, per esempio, si era sposata con un colono bianco, Ernest Burkhart.
Mollie con il marito Ernest Burkhart
Fonte immagine: Oklahoma Historical Society
Sua sorella, Anna Brown, scomparve in una notte di maggio del 1921, e il suo corpo fu poi trovato in fondo a un burrone. Due mesi dopo morì la madre di Mollie e Anna, probabilmente avvelenata. C’era poi una terza sorella, Rita, che morì nell’esplosione della sua casa, insieme al marito e alla cameriera.
Da sinistra: Anna, la madre Lizzie e Mollie
Fonte immagine: Osage Nation Museum
Se qualcuno cercava di indagare sulle morti sospette, veniva fatto fuori, come accadde all’avvocato WW Vaughan, che fu gettato da un treno in corsa. Il petroliere Barney McBride, che aveva accettato di farsi portavoce degli Osage per richiedere l’intervento dell’FBI, fu ucciso con venti pugnalate.
Alla fine, il direttore del Bureau of Investigation mandò a indagare un ex ranger del Texas, Tom White, che si servì di agenti sotto copertura, tra i quali c’erano anche dei nativi. White scoprì che molte delle vittime erano morte in seguito a un orrendo piano ben orchestrato. Ernest Burkhart, marito di Mollie, era nipote di William K. Hale, il “diavolo” che si era autoproclamato “Re delle colline di Osage”, mente del complotto organizzato per impossessarsi delle ricchezze della tribù attraverso gli omicidi.
William K. Hale
Fonte immagine: FBI
Alla morte della madre e delle sorelle, oltre che di un altro parente, Mollie ed Ernest ereditarono una fortuna. La donna non sarebbe sopravvissuta a lungo (presentava i primi sintomi da avvelenamento) se White, nel 1926, non avesse arrestato Burkhart e Hale, insieme ad altri complici.
Documento sugli omicidi di orchestrati da Hale
Fonte immagine: Oklahoma Historical Society
Burkhart, Hale e altre due persone furono processate per singoli omicidi, e tutti condannati all’ergastolo, nel 1929. Peccato che poi nessuno di loro finì i suoi giorni in prigione…
Purtroppo, rimasero irrisolti numerosi casi di omicidio, in particolare quelli di donne sposate con uomini bianchi, mentre si suppone che molte morti furono archiviate come naturali o suicidi, quando le vere cause erano altre: avidità, invidia e disprezzo. Uno degli accusati si giustificò dicendo che “i bianchi dell’Oklahoma non ci pensavano a uccidere un indiano più di quanto facessero nel 1724”. Secondo il Ministero della Giustizia, quello di Osage fu “il capitolo più sanguinoso della storia del crimine americano”.