Quelle gabbie di ferro che pendono dal campanile dell’antica chiesa di St Lambert, a Münster, non sono l’opera pop di qualche artista moderno, né hanno una funzione simbolica.
Stanno appese lì da poco meno di cinquecento anni, dal 1535 per la precisione. A guardarle ci si chiede com’è che la ruggine non se le sia ancora mangiate, ma a parte questo particolare, quelle gabbie non sono altro che ciò che sembrano.
Perché sono finite lassù, su quel campanile di una chiesa cattolica nel nord-ovest della Germania?
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Perché dentro a quelle gabbie, lassù tra terra e cielo, sono rimasti esposti i cadaveri di tre uomini, protagonisti della Ribellione di Münster. Non avevano una funzione simbolica, ma di avvertimento per chiunque avesse avuto in mente di ripetere quella strana esperienza a metà fra una comune socialista e un regno millenarista.
Anno di grazia 1534: Münster è un principato ecclesiastico, ovvero vi regna un vescovo-sovrano, che nella fattispecie è Francesco di Waldeck, cattolico. Non esattamente una figura di religioso, ma a tutti gli effetti un principe che usa qualsiasi arma per salvaguardare i suoi interessi e quelli dei suoi otto figli.
Quelli sono gli anni della Riforma di Martin Lutero, che si è ormai allargata a macchia d’olio in tutta la Germania. Anche a Münster, dove è la borghesia mercantile a sostenerla, in opposizione alla nobiltà che non vuole rinunciare ai propri privilegi, come quello, ad esempio, di eleggere il vescovo sovrano. Poi ci sono le masse di poveracci, che sperano anche loro in un qualche miglioramento, dopo il fallimento della “guerra dei contadini” del 1525 (tra l’altro condannata da Lutero, che prese le parti degli aristocratici).
Francesco di Waldeck si barcamena: non impedisce la predicazione luterana, tanto che alla fine del 1532 tutte le chiese della città, tranne la cattedrale, si sono convertite alla Riforma. Cosa che non sembra vera a due elementi dalle idee ben chiare, un po’ estremisti certo, ma che sanno conquistare gli animi degli abitanti di Münster. Sono Bernhard Knipperdolling e Bernhard Rothmann, che abbracciano la Riforma nei suoi aspetti più radicali e si scagliano contro il cattolicesimo.
Si ergono a difensori dei diritti dei più deboli e attirano in città una folla di diseredati ai quali promettono una giustizia “terrena”:
Uguaglianza fra tutti gli uomini e un’equa redistribuzione della ricchezza
Questi nuovi arrivati sono praticamente tutti anabattisti, cattolici e luterani convertiti a un nuovo movimento religioso radicale che predica una riforma sostanziale: totale separazione tra Stato e Chiesa, abolizione del clero, il battesimo come sacramento scelto in età adulta e non imposto alla nascita, e l’assoluto pacifismo (che con in Turchi alle porte non è proprio ben visto dalle autorità civili e religiose).
Nessuno li vuole questi anabattisti, che vengono scacciati da tutte le città di Svizzera e Germania (l’imperatore Carlo V decreta che debbano essere condannati a morte), e finiscono per radunarsi a Münster, dove anche Knipperdolling e Rothmann hanno aderito al movimento. Arrivano anche Jan Matthys e Giovanni di Leida, anabattisti olandesi della prima ora.
In un contesto così turbolento, che le autorità cittadine tentano di mantenere sotto controllo assicurando la libertà di culto per tutti, le predicazioni visionarie e apocalittiche di Matthys e Giovanni di Leida provocano la rivolta. Gli anabattisti si impadroniscono della città, Knipperdolling diventa sindaco di quella che viene chiamata la Nuova Gerusalemme, dove non c’è posto per cattolici e luterani. E’ il febbraio del 1534.
Münster è una città libera, un po’ per modo di dire: tutti devono ricevere il nuovo battesimo e chi rifiuta viene privato di tutti i beni, compresi i vestiti che indossa, e cacciato fuori dalla mura, nella campagna coperta di neve. La furia rinnovatrice induce a distruggere le immagini sacre in chiese e monasteri e a bruciare tutti i libri (tranne la Bibbia).
La promessa redistribuzione delle ricchezze si attua in forma estrema: abolizione del denaro e una totale comunione dei beni, comprese le donne, che evidentemente non vengono considerate persone ma proprietà da condividere.
Nessuna donna può opporre un rifiuto, perché rischia la morte. Giovanni di Leida (secondo le fonti di chi poi vinse), che si proclama successore di David e si arroga poteri assoluti, prende sedici mogli e forse fa decapitare una ragazza per avergli opposto un rifiuto (o forse perché lo critica per considerarsi, insieme alla sua “corte”, un po’ più uguale degli altri).
Naturalmente Francesco di Waldeck, appoggiato da cattolici e luterani, non ci sta: ad aprile mette sotto assedio la città con 2500 Lanzichenecchi (Landsknecht, mercenari del Sacro Romano Impero). La domenica di Pasqua di quell’aprile del 1534, Matthys e dodici seguaci escono da Münster e vanno incontro ai nemici: come un novello Gedeone il predicatore è convinto che la giustizia divina si abbatterà sui malvagi.
Invece è lui (e tutti gli altri) a rimetterci la pelle: viene decapitato, la sua testa è piantata su palo in modo da essere visibile da chi sta dentro le mura, e i suoi genitali vengono inchiodati in una delle porte della città.
Münster resiste, ma fame e malattie si diffondono nella comune, e alla fine, dopo oltre un anno di assedio, un cittadino apre le porte a Waldeck e ai suoi Lanzinecchi.
Finisce nel sangue la rivolta di Münster: quasi nessuno viene risparmiato, nemmeno quelli che si arrendono. E’ la fine di giugno dell’anno di grazia 1535.
Giovanni di Leida, Bernhard Knipperdolling e Bernhard Krechting (un altro esponente di spicco della comune) vengono torturati sulla pubblica piazza e poi giustiziati. I loro corpi sono messi nelle gabbie appese al campanile della cattedrale, a imperituro monito per chiunque avesse osato rialzare la testa.
Le loro ossa sono rimaste lì per molto tempo, mentre le gabbie ancora pendono da quel campanile (sono in buone condizioni perché più volte restaurate), a ricordo di un sogno di giustizia mai avveratosi in quella comune dove c’era chi banchettava e chi moriva di fame, e finito nel peggiore dei modi.