La pietra della Venere di Willendorf viene dal Lago di Garda

E’ una delle sculture più celebri della storia dell’uomo ed è stata scoperta a Willendorf in der Wachau, in Austria, ma la sua origine è molto più italiana di quanto si potrebbe sospettare. La roccia della quale è fatta la Venere Steatopigia, scolpita fra i 22 e i 24.000 anni fa, proviene dalla zona del Lago di Garda, probabilmente dalla località di Sega di Ala, in Trentino.

Il nuovo studio, pubblicato dai ricercatori dell’Università di Vienna su Nature, ha evidenziato che l’area di provenienza della roccia calcarea non è certa, ma con una grande probabilità si può individuare sulle rive del celebre lago italiano.

Fotografia di Bjørn Christian Tørrissen condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia:

Gli studiosi hanno analizzato la struttura fisica della roccia mettendola a confronto con altre simili, e il risultato è che la roccia provenga dal calcare Oolitico di Loppio, estratto fra il Lago di Garda e Trento. La ricerca non è partita dal nulla. Gli studiosi già sapevano che la roccia non era proveniente dall’Austria, e la ricerca li ha portati sulle rive del Garda. La Venere è esposta al Naturhistorisches Museum di Vienna, e fu rinvenuta nel 1908 dall’archeologo Josef Szombathy.

Curiosamente, dopo Sega di Ala, l’altro sito di possibile di provenienza è a Isjum, nell’odierna Ucraina, un altro luogo culla della civiltà umana europea oggi martoriato dalle bombe.

Nello studio i ricercatori specificano: “Anche se non possiamo dire con certezza che il materiale grezzo della Venere provenga da una località in particolare, la corrispondenza tra i campioni della statuetta e quelli della Sega di Ala è quasi perfetta, e suggerisce una probabilità molto alta che il materiale provenga da un’area a Sud delle Alpi“.

Grazie a questo studio sappiamo non solo che la Venere Steatopigia di Willendorf ha origini italiane, ma anche che il popolo gravettiano era mobile sul territorio e poteva trasportare manufatti da nord a sud attraverso le Dolomiti, prima dell’ultimo massimo glaciale.

Arte gravettiana: la Venere di Brassempouy. Fotografia di Jean-Gilles Berizzi via Wikipedia:


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