La Paideia era il termine coniato dagli antichi greci per definire la formazione dei futuri cittadini. Con questo vocabolo veniva identificato il modello pedagogico ateniese nel V secolo a.C. con cui si faceva riferimento anche allo sviluppo morale, etico e spirituale dell’individuo, ma non solo: la formazione era necessaria anche per rendere i futuri cittadini liberi e completi al fine di un loro proficuo ingresso nella società.
La Paideia era un vero e proprio processo, e il principio ispiratore era centrato sulla teoria che senza educazione non poteva esserci cultura e che quest’ultima era un fattore indispensabile per esercitare la propria cittadinanza.
Ma com’era organizzata l’educazione nell’antica Grecia? Come facevano gli antichi a portare a compimento questo processo educativo? Scopriamolo insieme.
L’educazione ad Atene
Innanzitutto è bene specificare che esistevano due forme di istruzione, ovvero quella formale che veniva perseguita attraverso la frequenza di una scuola pubblica o grazie un tutore (a pagamento), oppure, l’istruzione informale fornita da un insegnante non retribuito e praticata in un contesto privato. Mentre l’educazione formale era destinata a un pubblico prettamente maschile (e non accessibile a schiavi, operai e a donne), l’educazione informale era riservata per lo più alle ragazze ed erogata generalmente dalla madre.
La prima fase educativa avveniva tra le mura domestiche, spesso sotto la guida di un pedagogo, cioè di un maestro. Tutto ciò aveva luogo fino ai sette anni d’età, poiché successivamente, i bambini venivano avviati all’istruzione elementare dove imparavano a leggere, scrivere a far di conto e a disegnare. È bene ricordare che la scuola elementare rappresentava l’unica modalità di istruzione per la classe sociale meno abbiente; infatti, i più poveri potevano permettersi solo l’educazione informale e il loro sapere dipendeva molto dalle conoscenze dei loro genitori. I bambini provenienti da ceti medi e facoltosi, invece, potevano permettersi un’educazione formale e mandare i loro figli a studiare in una scuola pubblica o assumere un tutore.
Va ricordato, inoltre, che per i greci era molto importante essere fisicamente in forma e in salute, tanto che l’educazione fisica iniziava subito dopo l’inizio delle elementari e proseguiva con il Gymnasium e, dopo i quattordici anni, i ragazzi che ne avevano la possibilità, potevano proseguire i loro studi presso la scuola secondaria. Questo tipo di istruzione era molto importante e potevano annoverarsi materie quali la biologia, la chimica, la retorica, l’astronomia e la geometria. Dopo questo periodo si poteva accedere alla formazione efebica intesa come educazione militare e seguita, per l’appunto, da due anni di servizio militare vero e proprio.
L’educazione a Sparta
Il sistema spartano era concentrato sul fatto che tutti i maschi diventassero soldati delle loro poleis. Cogliamo l’occasione per fare una precisazione. È credenza popolare che a Sparta si uccidessero i bambini deboli, ma non è così. Questa convinzione è stata trasmessa dal famoso filosofo greco Plutarco. In realtà il Consiglio decideva se un bambino poteva vivere oppure no: semplicemente lo rifiutava e così lo condannava a morte per abbandono. Diverso, però è affermare che i bambini fragili venissero uccisi sistematicamente.
Per quanto riguarda l’educazione formale, anche a Sparta i bambini iniziavano verso i 7 anni, e la loro vita era dedicata quasi esclusivamente alla formazione militare, periodo denominato anche “agoghé”. La cultura non aveva lo stesso spazio come in altre città greche, ma era comunque tenuta in grande conto.

In ogni caso lo scopo era quello di fare dei ragazzi Spartani dei soldati e guerrieri indistruttibili, tanto che la caserma diventava la vera e propria casa del bambino spartano. La figura di riferimento, in questo periodo, era rappresentata dall’istruttore, il quale non solo imponeva la disciplina, ma si prodigava in modo tale che i futuri soldati ricevessero quantità di cibo e vestiario minimi. Questo atteggiamento, almeno in teoria, serviva per fortificare il ragazzo e renderlo il più autonomo possibile, in grado di provvedere a sé stesso, soprattutto in caso di guerra. Successivamente, tra i dodici e i diciotto anni, iniziava una fase in cui le prove fisiche e gli sport divenivano sempre più pressanti e duri, in modo da indurre la mente e il corpo a prove di resistenza che stimolavano qualità irrinunciabili per lo spartano come coraggio e obbedienza.
Terminato il periodo denominato agoghé, verso i diciotto anni, gli allievi divenivano efebi.
Una volta raggiunto questo titolo, efebo, il ragazzo dichiarava completa fedeltà a Sparta e veniva invitato a continuare la formazione militare e sportiva per circa due anni, fino quando, ventenne, veniva considerato ufficialmente un soldato.
E le spartane?
Le ragazze spartane, diversamente dalle loro coetanee ateniesi che si dedicavano maggiormente al focolare domestico e che erano seguite per lo più dalla madre, ricevevano un’educazione controllata dallo Stato. Anche per il sesso femminile l’istruzione spartana andava a vertere soprattutto sull’educazione fisica, infatti, fino all’età di diciotto anni anche le ragazze imparavano a lanciare il disco, il giavellotto e a combattere, ma non solo. Al sesso femminile era dedicato anche l’insegnamento del canto, della danza e di alcuni strumenti musicali. Si ricorda, comunque, che questo tipo di educazione era molto rigido perché lo scopo ultimo era quello di formare le madri dei futuri soldati al fine di perpetuare la forza e il coraggio della comunità Spartana.