La recente scoperta di un piccolo puledro, che al momento della morte aveva circa due mesi, ha una grande importanza scientifica: il cavallino è rimasto praticamente, e incredibilmente, intatto nel permafrost siberiano, per riemergere dalla sua tomba ghiacciata dopo migliaia di anni.
Era vissuto tra i 30 e i 40.000 anni fa, durante il Pleistocene superiore
Fonte immagine: Michil Yakoviev via Siberian Times
“Questa è la prima scoperta nel mondo di un cavallo preistorico di così giovane età e con un livello così incredibile di conservazione”, ha dichiarato al Siberian Times (testata on line in lingua inglese) Semyon Grigoryev, direttore del Museo Mammoth di Yakutsk, in Russia.
Particolare del naso e degli zoccoli del puledro
Fonte immagine Michil Yakoviev via Siberian Times
Il puledro è stato scoperto da un team di scienziati russo-giapponesi, durante una spedizione di ricerca paleontologica, nel distretto di Verjhoyansky, in Yakutia. Località dove peraltro sono stati già trovati altri animali mummificati dal ghiaccio, come i mammut lanosi siberiani e, recentemente, dei microscopici nematodi (vermi piccolissimi) riportati in vita dopo più di 40.000 anni. Riportare alla vita degli organismi multicellulari, seppur minuscoli, dopo un periodo di congelamento durato millenni, potrebbe aprire nuove frontiere nella ricerca, in campi come la criomedicina e la criobiologia.
I nematodi riportati in vita dopo 42.000 anni
Fonte immagine: Siberian Times
I resti del puledro, forse annegato dopo essere caduto in una sorta di trappola naturale, sono stati rinvenuti all’interno di un cratere, il Batagaika, profondo un centinaio di metri e chiamato dalla popolazione locale “la porta dell’inferno”.
Fonte immagine: Siberian Times
Le immagini del puledro sono sconcertanti: sembra quasi in attesa di essere svegliato da un sonno profondo, pronto a rialzarsi sulle zampe, per correre veloce con la criniera e la coda al vento, sugli zoccoli ancora perfettamente integri.
Il puledro, che apparteneva a una specie ormai estinta (Equus ienensis), misurava 98 centimetri di altezza al garrese, e conserva ancora tutti gli organi interni, ma addirittura anche i peli all’interno del naso e degli zoccoli. L’esame di stomaco e intestino consentirà agli scienziati di scoprire cosa mangiava l’animale, mentre lo strato di terra che lo avvolgeva potrà fornire informazioni sull’ambiente in cui viveva.