La Maschera di Tutankhamon: i Segreti e il Fascino del Faraone-Bambino

Egitto, 4 novembre 1922. È una mattina come tante nella Valle dei Re e un archeologo inglese di nome Howard Carter osserva in silenzio l’andamento degli scavi. Il suo team è al lavoro nei pressi della tomba di Ramses VI, ma Carter ha la testa altrove: teme di essersi sbagliato, che non ci sia più niente da scoprire. Sono passati cinque anni da quando, nell’autunno del 1917, sir George Herbert, conte di Carnarvon, ha deciso di finanziare le sue ricerche. I risultati non sono arrivati e, ad agosto, il ricco lord gli ha comunicato l’intenzione di ritirare i fondi, ma Carter è riuscito a convincerlo a pagare un ultimo scavo, la sua ultima possibilità.

La Valle dei Re vista dall’alto – Immagine di Peter J. Bubenik condivisa con licenza CC BY-SA 2.0 via Wikipedia

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A novembre forse è rassegnato, forse ha ancora una speranza. Mentre è assorto nei suoi pensieri nota che il rumore dei picconi ha lasciato il posto a un silenzio inusuale. Uno dei suoi uomini ha trovato qualcosa: un semplicissimo gradino intagliato nella pietra; il primo di una rampa di scale che scende verso un ingresso sotterraneo con i sigilli della necropoli reale.

«Ci volle tutto il mio autocontrollo per non abbattere subito la porta ed esplorare tutto», scriverà Carter nel suo diario.

Howard Carter in una foto del 1924 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’archeologo manda subito un telegramma a lord Carnarvon, che dalla vicina Luxor si precipita nella Valle dei Re per assistere in prima persona agli scavi. Si procede all’abbattimento del muro e allo sgombero dei detriti. I due uomini attraversano un ripido corridoio che, il 29 novembre, li scorta fino a una seconda porta con sopra dei geroglifici. Carter vuole essere prudente e pratica un foro per sbirciare dall’altro lato della parete.

Lord Carnarvon, che è dietro di lui, scalpita e chiede: «Vedi qualcosa?». L’archeologo sorride e risponde: «Cose meravigliose. Oro, ovunque il luccichio dell’oro!».

Hanno appena scoperto la tomba di Tutankhamon

L’ingresso della tomba di Tutankhamon nel 1922 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il breve regno di Tutankhamon

Tutankhamon nasce intorno al 1341 a.C., figlio del faraone Akhenaton e di una sua sorella dall’identità sconosciuta. Il suo vero nome è Tutankhaton, che significa “immagine vivente di Aton”, e deriva da una rivoluzione religiosa voluta dal padre per sostituire il politeismo del tradizionale pantheon egizio con il culto monoteista di Aton (anche se, secondo alcuni studiosi, sarebbe più corretto dire enoteista, ovvero l’assoluta superiorità di un dio sugli altri dèi, ma senza negare l’esistenza degli altri).

Statua di Akhenaton – Immagine condivisa con licenza Uso gratuito protetto da copyright via Wikipedia

Aton, che viene raffigurato come un grande disco solare, è una novità che in Egitto non piace e, quando, a nove anni, Tutankhaton diventa faraone, il potente funzionario Ay lo affianca come reggente, educandolo a sovvertire l’eredità politica di Akhenaton. Nel suo terzo anno di regno, il giovane sovrano ripristina il vecchio pantheon divino e cambia il nome in Tutankhamon – “immagine vivente di Amon” – in onore di uno degli dèi del culto tradizionale.

Ay, ormai faraone, mentre esegue il “rito di apertura della bocca” sulla mummia di Tutankhamon. Da una pittura murale nella tomba di Tutankhamon – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Oltre ciò, sappiamo che ha sposato la sorellastra Ankhesenamon e che è morto all’improvviso, a soli diciannove anni. Poi, di lui si sono perse le tracce, sepolto e dimenticato, per circa 3.000 anni, sotto la tomba di Ramses VI.

La sovrapposizione della tomba di Ramses VI su quella di Tutankhamon – Immagine di Hotepibre condivisa con licenza CC BY-SA 2.5 via Wikipedia

L’ingresso nella tomba

Tutankhamon torna in vita il 29 novembre del 1922; una data storica, che Carter ricorda così: «Non ci eravamo mai sognati nulla del genere, una stanza piena di oggetti: alcuni familiari, ma altri del tutto sconosciuti, ammucchiati l’uno sull’altro in una profusione apparentemente senza fine».

Assonometria della tomba di Tutankhamon – Immagine di Roger469 condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Dietro la seconda porta c’è una tomba egizia intatta: vittima di due tentativi di effrazione, ma non profanata

Planimetria della tomba di Tutankhamon – Immagine di Hotepibre condivisa con licenza CC BY-SA 2.5 via Wikipedia

In quella che verrà ribattezzata la KV62, sigla di King’s Valley 62, riposano da millenni 5398 oggetti che compongono il corredo funebre del faraone. Per la prima volta è possibile studiare i riti degli antichi egizi senza le lacune dovute ai furti del passato, e quello che Carter ha davanti agli occhi è un tesoro di inestimabile valore.

Oggetti catalogati nell’anticamera – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nell’anticamera lo accolgono due statue a grandezza naturale, armate di mazza e bastone, che, poste l’una di fronte all’altra a mo’ di sentinelle, vegliano sul sonno millenario di Tutankhamon.

L’accesso della camera funeraria – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nelle stanze c’è un po’ di tutto: armi, vasi, capi d’abbigliamento, letti, bauli, scatole, mobili, carri smontati, anfore di vino, generi alimentari di prima necessità e suppellettili di ogni sorta.

Due dei guanti ricamati rinvenuti nell’anticamera – Immagine di Bill Abbott condivisa con licenza CC BY SA 2.0 via Wikipedia

All’interno di un sarcofago in miniatura, Carter scopre una ciocca di capelli della grande sposare reale Ty, la madre di Akhenaton, e, nella Camera del Tesoro, aperta solo nel 1926, rinviene i feti mummificati delle due figlie di Tutankhamon, probabilmente morte a causa di patologie legate alla consanguineità dei genitori.

La grande sposa reale Ankhesenamun unge il corpo di Tutankhamon – Immagine di Djehouty condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

È la scoperta di una vita, ma l’archeologo non vuole fare danni: tutti gli oggetti devono essere catalogati con cura e inviati al Museo del Cairo.

La parola d’ordine è “prudenza”

L’ingresso della camera funeraria ancora murato – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La camera funeraria

Il 16 febbraio del 1923 riesce entrare nella camera funeraria, ancora chiusa con i sigilli originali. Quello che vedono i suoi occhi è una magnifica stanza dalle pareti interamente ricoperte di affreschi, fra cui spicca il disegno della scena del funerale di Tutankhamon.

Le pareti della camera di sepoltura. L’angolo visibile nella foto è quello rivolto in direzione Nord-Ovest – Immagine di Hajor condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

C’è anche un trono realizzato in legno rivestito d’oro: sullo schienale presenta una raffigurazione del faraone seduto davanti alla moglie, che gli applica degli unguenti mentre il disco solare del dio Aton veglia su di loro dall’alto.

Il trono di Tutankhamon – Immagine di Néfermaât condivisa con licenza CC BY-SA 2.5 via Wikipedia

Al centro della camera si trova l’oggetto più prezioso della tomba: un’impalcatura laminata in oro con sopra un enorme scrigno funebre. Carter lo apre e trova una struttura in legno, quasi del tutto deteriorata, che racchiude un altro scrigno, poi un altro e un altro ancora, per un totale di quattro scrigni.

I quattro scrigni e il sarcofago in quarzite mostrati dal più grande al più piccolo – Immagine di Je-str condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

È una sorta di matrioska e al quarto contenitore si imbatte in un sarcofago di quarzite gialla. Ci vorranno due anni per arrivare alla fine, perché sotto il coperchio ci sono altri quattro sarcofagi antropomorfi: i primi tre in legno laminato d’oro; l’ultimo, dove riposa il corpo del faraone, è in oro massiccio.

Il 28 ottobre del 1925, Tutankhamon si mostra in tutta la sua bellezza

Howard Carter e un assistente al lavoro sul sarcofago più interno di Tutankhamon – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La mummia del sovrano indossa un corredo di gioielli preziosissimo e, accanto al gonnellino, ha due pugnali, di cui uno forgiato con ferro meteoritico. Poi trova ciò che oggi può esser considerato il simbolo dell’archeologia stessa:

La sua maschera funebre

1) Primo scrigno; 2) Struttura in legno; 3) Secondo scrigno; 4) Terzo scrigno; LINEA NERA NON NUMERATA) Quarto scrigno; a) Sarcofago in quarzite; b) Primo sarcofago antropomorfo in legno laminato d’oro; c) Secondo sarcofago antropomorfo in legno laminato d’oro; d) Sarcofago antropomorfo in oro massiccio con dentro la mummia di Tutankhamon – Immagine di Hotepibre condivisa con licenza CC BY-SA 2.5 via Wikipedia

La maschera

È un reperto unico nel suo genere: alto 54 centimetri e largo 39, per un totale di ben 9 chili d’oro, costituito da otto parti distinte e saldate fra loro in più punti. Raffigura una faccia “dall’espressione triste ma tranquilla” – come scriverà Carter – un’immagine idealizzata del faraone, resa con quegli stessi tratti utilizzati sulle statue e sui sarcofagi che lo rappresentano.

Maschera funeraria di Tutankhamon esposta al Museo Egizio del Cairo – Immagine di Bjørn Christian Tørrissen condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Ha due differenti leghe d’oro – da 18,4 e 22,5 carati – ed è costellata da vetri colorati e gemme preziose. All’altezza del mento c’è una barba dorata, di quasi 3 chili, decorata in lapislazzuli, un materiale che adorna anche il contorno degli occhi e delle sopracciglia. Il collo è cinto da una collana a tre fili di perle a disco e nella parte posteriore c’è un’iscrizione geroglifica, di 10 colonne verticali e 2 orizzontali, con un passo del Libro dei Morti, riadattato per invocare la protezione degli dèi su Tutankhamon mentre affronta il viaggio e la vita nell’aldilà.

La collana e la barba – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il sovrano, che stringe a sé due tipologie di scettro, l’heqa e il nekhekh, indossa il tipico copricapo nemes, sormontato sulla fronte dalle insegne reali del cobra e dell’avvoltoio, i simboli del potere del faraone sull’Alto e Basso Egitto.

La maschera funeraria nel sarcofago al momento del ritrovamento – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il vero Tutankhamon

Carter fa tutto il necessario per preservare l’inestimabile tesoro che ha trovato, ma l’unico manufatto che riceve poche accortezze è la mummia, sbendata e analizzata subito dopo l’estrazione dal sarcofago. Per fortuna, i danni sono limitati e, grazie a recenti autopsie virtuali e scansioni computerizzate, sappiamo che il volto di Tutankhamon non corrisponde affatto all’iconografia della sua maschera.

La mummia di Tutankhamon – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il giovane faraone, che era il frutto di un incesto, soffriva di uno squilibrio ormonale ereditario e aveva i denti sporgenti, il piede sinistro equino e i fianchi larghi e disallineati. Sulla sua morte ci sono state diverse ipotesi e, per molti anni, si è pensato a un regicidio, ma, in realtà, Tutankhamon non aveva un quadro clinico incoraggiante. Uno studio del 2010 condotto sulla sua mummia ha trovato tracce di parassiti della malaria; una malattia che, combinata alla patologia ossea del piede, potrebbe avergli indotto una setticemia in seguito a una frattura riportata sulla gamba sinistra, probabilmente dovuta a una delle tante cadute a cui andava soggetto a causa della zoppia.

La maschera funeraria di Tutankhamon conservata al Cairo – Immagine di MykReeve condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

La maledizione di Tutankhamon

Con il ritrovamento della tomba del faraone-bambino, in tutto il mondo scoppia l’egittomania e i giornali fanno a gara per accaparrarsi quante più notizie possibili sull’impresa di Carter. Il corredo funebre è un patrimonio storico dal valore inestimabile, ma i reporter si concentrano anche su qualche diceria di troppo e già a due mesi dall’apertura della camera funeraria, con Carter che completerà i lavori di scoperta e catalogazione solo nel 1930, nasce una fantomatica maledizione.

Chiunque si avventuri nella tomba di Tutankhamon è destinato a morire

Lord Carnarvon, sua figlia e Howard Carter in cima alla scalinata che conduce alla tomba di Tutankhamon appena scoperta, novembre 1922 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Tutto ha inizio con lord Carnarvon, che, durante un’innocua rasatura, si taglia dove pochi giorni prima lo ha punto una zanzara. La ferita degenera in setticemia e polmonite, seguita da una lunga agonia con febbre altissima. Si spegne nell’Hotel Continental del Cairo, alle 2 di notte del 5 aprile del 1923, ma la stampa aggiunge alla vicenda un tocco sovrannaturale.

Lord Carnarvon – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

In realtà, se è nata una maledizione, la colpa è proprio di lord Carnarvon, perché ha concesso al Times l’esclusiva fotografica di Tutankhamon; agli altri giornali non resta che cavalcare la cresta dell’onda e vendere qualche copia inventando scoop di sana pianta. Nella versione alternativa della storia, Carter avrebbe scoperto e occultato una tavoletta in terracotta con questa iscrizione:

La morte scenderà su agili ali per colui che profanerà la tomba del faraone

Howard Carter, Arthur Callender e un lavorante egiziano nella camera funeraria mentre guardano dalle porte aperte del quarto scrigno il sarcofago in quarzite – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Poco importa se non si sa da dove sia saltato fuori l’anatema; la trama è già scritta e Carnarvon esala l’ultimo respiro durante un blackout di tutta città del Cairo. Negli stessi giorni, caso vuole che muoia anche la sua cagnolina: tutta benzina sul fuoco delle invenzioni giornalistiche. Nel 1928 e nel 1930 passano a miglior vita Arthur Mace e Richard Bethell, stretti collaboratori di Carter, poi tocca ad altri membri del team con annessi familiari: sparizioni improvvise che, a detta delle riviste, puzzano di maledizione. Ovviamente, è solo una leggenda metropolitana. Chi è venuto a contatto col faraone è morto a un’età media di 70 anni e lo stesso Carter è vissuto fino al 1939.

Carter insieme a lord Carnarvon nel 1922, all’uscita dalla tomba di Tutankhamon – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’eredità di Tutankhamon

Anatemi e punizioni divine a parte, dopo più di un decennio di scavi e catalogazioni, Tutankhamon e i reperti della sua tomba finiscono al museo del Cairo, dove, nel 2014 ha luogo un piccolo incidente. Durante le operazioni di pulizia giornaliera, la barba della maschera funeraria si stacca e gli addetti al lavoro la rimettono a posto sbagliando la posizione e servendosi di una resina inadatta, che finisce per rovinare una parte del mento. Quando ci si accorge di questo maldestro intervento, un team di restauratori rimedia utilizzando la cera d’api, una sostanza naturale in uso nell’antico Egitto.

La maschera funeraria senza la barba – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Oggi Tutankhamon è il simbolo di un’intera civiltà del passato. La sua maschera funeraria, l’oggetto più rappresentativo della collezione, è in esposizione al museo del Cairo e si mostra al pubblico in tutta la sua bellezza, con quello sguardo immortale che, da più di 3000 anni, è fisso sull’eternità.

La maschera di Tutankhamon – Immagine di Carsten Frenzl condivisa con licenza CC BY 2.0 via Wikipedia

 

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