La Macabra Leggenda Medioevale del “Cuore Mangiato” di un Amante da parte di una Moglie Adultera

Alcune storie sono così belle che vengono raccontate all’infinito, con dettagli sempre diversi, ma identiche nella sostanza. In Europa, in epoca medioevale, uno dei racconti più a lungo cantati dai trovatori narrava una raccapricciante storia di amore e cannibalismo: la leggenda del “cuore mangiato”. Per anni, a partire dal 1800, gli studiosi hanno cercato di scoprire, analizzando le molte versioni della storia, dove fosse nata. A complicare la ricerca ha contribuito una versione indiana dello stesso racconto, che doveva in qualche modo essere presa in considerazione.

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Gli studiosi che hanno raccolto le versioni di questa storia sono in disaccordo sul loro numero, si possono contare tra 14 e 24 narrazioni distinte, a partire dal 1150. Nella versione più semplice di questa storia, una donna sposata ha una relazione extraconiugale, e il marito la scopre. Quando lamante muore o viene ucciso, il marito prende il cuore del suo rivale, lo cucina, e lo fa mangiare alla moglie, che muore poco dopo.

Esistono due varianti principali del racconto, ciò che cambia è il modo in cui l’amante muore: in una versione, il marito lo rintraccia e lo uccide; nella seconda, il rivale muore in qualche altro modo, di solito combattendo alle Crociate. Per volontà del defunto, il suo cuore viene estratto dal corpo e inviato alla sua “signora” (usanza diffusa a quei tempi), ma mentre il prezioso organo, simbolo dell’amore eterno, è in viaggio, il marito lo intercetta e ne prende possesso.

Non importa come succeda, in ogni versione la moglie mangia il cuore dell’amato, e questa è un po’ la chiave del racconto. Il finale prevede quasi sempre la morte dell’adultera, che di solito si getta dalla finestra, o si rifiuta di mangiare, a volte fa entrambe le cose. Di tanto in tanto muore di dolore, ma nei rari casi in cui sopravvive, finisce in un convento. In alcune versioni della storia, il suo amore è innocente e mai consumato, più spesso però la donna è un’adultera impenitente. In una delle più famose versioni, il Lai d’Ignaures, si narra di ben 12 donne coinvolte, le quali tradivano i loro mariti con lo stesso affascinante cavaliere, Ignaures. I 12 uomini si vendicano servendo alle mogli, durante un banchetto, i resti dell’amante, soprannominato dalle donne “incantevole usignuolo”, per il suo delizioso modo di cantare. Le adultere però si accorgono dell’inganno, e decidono di lasciarsi morire di fame.

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La storia nasconde una connotazione cristiana, anche per quel che riguarda il consumo rituale del corpo; le 12 donne simboleggiano i 12 apostoli, e non è palese che loro siano “cattive”. Nel libro Una storia perversa del cuore umano, lo studioso Milad Doueihi scrive che il racconto è una sorta di commistione, un ”incrocio tra Cristianesimo e mitologia greca”. Attinge sia ai racconti sulla vita di Cristo sia a quelli su Dioniso, il dio greco che viene cucinato e mangiato dai Titani, ma rinasce dall’unico organo non divorato dai giganti, il suo cuore. In Consuming Passions (un testo sul cannibalismo tardivo nell’Europa medioevale) un altro studioso, Merrall L. Price, sostiene che consumare il cuore, secondo una velata sfumatura cristiana, permette alle donne delle storie di “ritrovare una dignità finale” e “punire i loro mariti doppiamente, con la scelta di morire.”

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Oltre ad essere un racconto d’amore su una o più donne che vengono indotte al cannibalismo, la leggenda del cuore mangiato è una storia di potere.

Chi vince alla fine, il marito o la moglie?

La risposta a questa domanda è diversa a seconda delle versioni: a volte il marito è esplicitamente punito per il suo crimine da un parente vendicativo della moglie, oppure viene semplicemente allontanato dalla sua casa.

Per molti decenni si è pensato che questo tipo di racconto sia nato in Europa, perché la maggior parte delle versioni proviene da tradizioni letterarie francesi, inglesi, tedesche e italiane; esiste anche una versione svedese. Nel 1880 però, uno studioso di folklore ha trovato una versione della storia, nella quale sono presenti tutti gli elementi chiave, nel distretto del Punjab, in India. Tutti gli studiosi hanno dovuto prendere atto di questa scoperta, e cercare di capire se la versione indiana derivi da quelle europee, o viceversa. Non è stato raggiunto nessun risultato definitivo, ma un importante articolo, pubblicato nel 1911, ha cercato di dare una risposta alternativa: molto probabilmente la versione indiana del racconto, e le versioni europee, in particolare quelle dell’Europa meridionale (che ispirarono anche una delle novelle del Decameron di Boccaccio), provengono dalla stessa e sconosciuta fonte. Nessun luogo può rivendicare la paternità di questa storia, è semplicemente un grande classico per quanto macabro e sconcertante.


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