La lontana Bellezza delle Donne dell’Harem dello Scià di Persia

Nell’immaginario collettivo, la parola harem evoca una sorta di “giardino delle letizie”, in cui  lunghissime notti vengono allietate dal profumo del gelsomino che avvolge coppie di giovani amanti. Senza scendere nella spinosa questione sulla difficile condizione della donna nel mondo arabo, considerando semplicemente un aspetto di costume, si possono fare delle scoperte sorprendenti: una serie di fotografie del secolo scorso svela un fattore estetico che forse i lettori occidentali della “Mille e una notte”, affascinati dai racconti delle magiche notti d’oriente, non tengono in considerazione. I canoni di bellezza delle concubine, almeno quelle di uno scià della Persia che regnava alla fine del 19° secolo, non corrispondono in alcun modo a quelli europei di oggi, e nemmeno di un secolo fa.

Nasser al-Din Shah Qajar

Nasser al-Din Shah Qajar (1831-1896), quarto Scià di Persia, regnò per quasi cinquant’anni, finché non venne assassinato.

Lo Scià con il fotografo di corte

Lo scià aveva molte concubine, forse un centinaio, e una grande passione per la fotografia, nata grazie alla macchina fotografica donatagli dalla Regina Vittoria.

Il palazzo di Golestan

Quando Nasser salì al trono fece installare uno studio fotografico nel suo Palazzo, mentre nel 1870, il fotografo russo Anton Sevryugin, che aveva uno studio a Teheran, fu nominato fotografo di corte.

La moglie prediletta, Anis al Doleh


Sevryugin poteva fotografare lo Scià e tutti i suoi congiunti di sesso maschile, come anche le cortigiane e i servi.

Solo Nasser al-Din poteva fotografare le donne del suo harem, e solo lui poteva sviluppare personalmente le immagini nella camera oscura.

Il sovrano conservava le foto in preziosi album di raso, nel Palazzo di Golestan, dove viveva con le sue tante mogli, e che oggi è un museo.

Le foto rappresentano una testimonianza straordinaria, perché all’epoca la legge sciita proibiva di fotografare i volti delle persone, e a maggior ragione quelli delle donne. Ma Nasser al-Din era l’autorità assoluta nel paese, e poteva quindi permettersi di infrangere la legge.

Osservando con attenzione le foto, si riesce a cogliere un altro aspetto straordinario, almeno secondo gli stereotipi occidentali:

Le donne non mostrano timidezza né ritrosia, appaiono tranquille e a proprio agio

Le immagini poi testimoniano i gusti estetici del sovrano, almeno in fatto di donne: sono tutte piuttosto robuste, con sopracciglia molto marcate, e qualcuna anche con i baffi, mentre evidentemente la pratica di depilarsi le gambe era sconosciuta, o forse avversata dallo Scià.

Sorprendentemente, in molte foto le donne indossano gonne corte e molto ampie, che ricordano i classici tutù da danza.

E non è un caso: nel 1873, mentre Nasser al-Din era ospite dello zar Alessandro II, rimase incantato da uno spettacolo di balletto classico. Talmente incantato da far indossare quelle vaporose gonne corte alle sue mogli e concubine.

Le donne potevano svestire gli abiti tradizionali solo davanti all’obiettivo fotografico, e quindi solo davanti al marito (ma di questo non c’è certezza, vista anche la presenza di alcuni uomini nelle fotografie).

Lo storico russo Boris Dolgov, esperto del mondo arabo e islamico, commenta così le fotografie: “I soggetti delle foto sono davvero donne. Non sono ermafroditi e non sono uomini, come molti oggi potrebbero pensare. Naturalmente c’erano anche loro negli harem, ma erano tenuti nascosti, perché il Corano non approvava quei rapporti (…) Per quanto riguarda la peluria, è un aspetto tipico delle donne orientali. Tuttavia, non si può escludere che solamente il signore dell’harem gradisse le signore “baffute”. Le sopracciglia folte erano di moda all’epoca, e la pienezza delle forme era sinonimo di bellezza”.

Tutte le immagini sono di pubblico dominio.


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