La leggenda del Coniglio Lunare spiega la Pareidolia dei Crateri del Satellite

La Luna: quante poesie e leggende ha saputo ispirare col suo pallido, romantico bagliore. Di queste leggende una colpisce in particolare per la sua antica e struggente bellezza. Figlia della cultura orientale, la leggenda del “coniglio sulla Luna” è poco nota in occidente. Suo protagonista è un coniglietto, un essere speciale, che per la sua generosità fu premiato dalla dea della luna, Chang’e con un dono oltremodo memorabile: la sua sagoma venne infatti impressa come uno stemma, un marchio indelebile posto sulla frastagliata superficie del nostro satellite.

Un disegno magico di cui qualcuno si sarebbe accorto già in tempi antichissimi, e di cui si fa menzione anche nella mitologia Maya.

Sotto, la divinità Maya della luna “Ixchel”, viene frequentemente dipinta in compagnia di un coniglio:

La leggende del coniglio sulla Luna

Si racconta che, durante una notte di luna piena, un anziano e stanco viandante giunse in una foresta incantata abitata da una scimmia, una lontra, uno sciacallo e un coniglio. Il viandante, distrutto dalle sue innumerevoli fatiche, chiese una mano di conforto agli animali che curiosi lo scrutavano.

Sun Wukong combatte il coniglio lunare, una scena tratta dal romanzo cinese del XVI secolo “Viaggio in Occidente”:

Ho viaggiamo molto e sono stanco, potreste darmi qualcosa da mangiare?” chiese ai piccoli animali. La scimmietta non perse tempo; si fece veloce e come un fulmine, rapida si gettò a caccia di frutta tra gli alti alberi del bosco incantato. La lontra, abile nella pesca, si tuffò nel fiume che si diradava lì accanto e fece presto ritorno con un lauto bottino di pesci grossi e succosi.

Lo sciacallo invece fece ricorso a tutta la sua furbizia. Si addentrò furtivo all’interno di una casa abitata dagli esseri umani e lì, senza indugio, rubò del cibo. Ebbene infine tutti avevano portato qualcosa all’anziano signore. Tutti, tranne uno:

Il coniglietto

Egli allora, mortificato nel profondo del suo cuore, iniziò a correre per il bosco. Ma più egli cercava, più nulla trovava innanzi al suo cammino. Dell’umile erba era tutto ciò che egli aveva saputo e potuto afferrare. Lo avvolse allora una grande tristezza.

Le sue zampe erano le uniche vuote davanti agli occhi tremuli dell’anziano signore. Egli era un essere piccolo e semplice, che non possedeva nessun talento particolare. Ciò che possedeva altro non era che se stesso. Così, il piccolo coniglio guardò i suoi amici animali e, dopo aver pensato un istante, chiese loro che lo aiutassero a raccogliere dei rametti e delle foglie secche. Infine accese un fuoco e guardò la fiamma vivida il cui riflesso s’immergeva cocente negli occhietti suoi innocenti.

Disse allora:

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Non sono riuscito a portarti altro e dunque ti offrirò me stesso

E senza remore alcuna si gettò in quel rogo ardente, offrendo le sue stesse carni quali pasto per l’anziano signore. Le fiamme erano alte e piene, eppure esse non sembrarono flagellare nemmeno un’anima di quel soffice pelo. Dinanzi a quella scena il viandante si alzò colpito nel profondo dell’animo. Improvvisamente il suo volto, contrito in una smorfia di stupore, mutò; così anche le sue logore vesti. Al suo posto apparve una creatura divina e sublime: la divinità Chang’e, la dea della luna, che era in realtà giunta sulla terra sotto mentite spoglie, per indagare le usanze dell’uomo e per scoprire chi degli esseri fosse il più gentile.

Chang’e, intimamente rapita dalla virtù impressa in quei ludici, vividi occhietti e dall’estrema generosità incastonata nell’animo puro della piccola creatura, decise allora di onorare quel sacro gesto e volle che l’immagine di quell’umile animaletto, che non aveva temuto un solo istante nell’offrire sé stesso, fosse per sempre impressa sul manto lucido della pallida luna, così che tutti potessero ammirarne eternamente il miracoloso esempio.

Secondo altre versioni, la dea colse il corpicino esanime del soffice coniglio e lo condusse con sé sulla luna, imprimendone in quell’istante l’eroica immagine; ciò, in memoria della virtù che grande risiede non solo nella forza o nella destrezza, ma in ogni cuore altruista e puro.

Secondo altre versioni la divinità Chang’e avrebbe poi insegnato al coniglietto a produrre un elisir, un filtro d’immortalità. Da qui l’immagine del mortaio ove egli lavorerebbe meticoloso i segreti ingredienti.

Un’immagine questa che sembrerebbe ancora più evidente allorquando la luna è piena.

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Pareidolia? Illusione ottica?

Eppure egli sembra davvero comparire lassù, in quegli avvallamenti profondi, in quelle chiazze perfettamente inserite nel disegno della sua tenera figura.

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Sotto, ricostruzione del coniglio basata su un’immagine di pubblico dominio via Wikipedia:

Le sfumature di questa leggenda indiana di origini buddiste (Śaśajâtaka) si snodano poi in dettagli spesso mutevoli, ma il cuore della sua morale è sempre lo stesso:

Il sacrificio che racchiude e sublima in ogni sua manifestazione le più rare e onorevoli virtù

In Cina, Vietnam, Corea e Taiwan ogni anno, nel plenilunio d’autunno (il quindicesimo giorno dell’ottavo mese lunare nel calendario cinese), in onore di questa ricorrenza, si celebra così la “Festa di metà autunno” anche detta “Festa della Luna o del Raccolto”. Per l’occasione le famiglie si riuniscono a osservare il cielo mangiando frutta e dolci, ma anche per ringraziare per la buona annata.

Fotografia di NASA dove è possibile ravvisare la sagoma del coniglio:

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Questa leggenda ha inoltre sancito la diffusione della figura del coniglio nell’immaginario collettivo nipponico: manga e anime ne hanno riproposto innumerevoli versioni, declinandone alcuni aspetti nei più noti “Dragon Ball” (nello scontro tra Goku e il nemico dalle fattezze di un coniglio che egli deve rispedire sulla luna), ne “I Cavalieri dello Zodiaco”, ma soprattutto nella rinomata saga Pretty Guardian: Sailor Moon, ove si narra del regno della luna, ove protagonista è la mitica Tsukino Usagi, nome simile a tsuki no usagi, ossia “Coniglio della luna”.

L’Apollo 11 e il coniglio sulla luna

Curioso inoltre scoprire come di questa leggenda si sia fatta storica menzione nel dialogo occorso poco prima dello storico allunaggio dell’Apollo 11.

Sotto, la Fotografia di Michael Collins che inquadra tutti gli esseri umani, vivi o morti, tranne se stesso:

In una conversazione fra il Comando di Houston e l’equipaggio, fu infatti giocosamente riferito agli astronauti (Neil Armstrong e Buzz Aldrin), che su uno dei titoli di prima pagina di quel giorno, si chiedeva ai prodi esploratori del satellite, di far attenzione alla bella ragazza che da 4000 anni abitava la luna con il suo coniglietto; in riferimento alla dea Chang’e, confinata sulla luna per aver rubato al marito la pillola dell’immortalità; sempre accompagnata dal suo fedele coniglio.

Uno di loro rispose allora dicendo: “Okay, we’ll keep a close eye for the bunny girl” (“Ok, terremo gli occhi aperti per la coniglietta”); una frase da allora ancoratasi alla memoria dello storico giorno.

Ciò che infine affiora da questa leggenda è la morale; una morale antica e profonda, un monito per l’uomo ed un inno al valore del sacrificio, dell’umiltà e della carità, quali pilastri fondanti di un bene che allorquando fatto è sempre valevole, sempre importante.

Allora anche oggi, alcuni guardando alla Luna dicono che il coniglietto sia invero lassù, ancora avvolto nel fumo che quel dì si alzò quando egli si gettò tra le fiamme sacrificando sé stesso; là, nell’alto di quel cielo immenso da ove egli scruta l’opera degli uomini, lavorando col suo inseparabile pestello la ricetta d’immortalità per la sua bellissima dea.

Il cantautore Angelo Branduardi ha dedicato alla leggenda una delle sue canzoni:


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