La Guerra del Petrolio: l’ascesa di Enrico Mattei

Il 28 aprile del 1945 la guerra di liberazione era finita, alleati e partigiani avevano respinto l’invasore e ciò che restava dell’Italia era un cumulo di macerie. Con un salto in avanti nel tempo, fra gli anni ’50 e ’60, la penisola stava vivendo il miracolo economico, un periodo di crescita, sviluppo e benessere. I fattori che avevano contribuirono alla rinascita erano tanti, ma uno di questi aveva un nome e cognome: Enrico Mattei. E allora torniamo di nuovo al 28 aprile del 1945. L’Italia era un cumulo di macerie e quel giorno Cesare Merzagora nominò Enrico Mattei Commissario Liquidatore dell’Agip, con il compito di smantellare l’azienda, un ente pubblico del regime fascista, e di venderla ai privati. Ma, come si vedrà, i piani di Mattei prevedevano bel altro.

Enrico Mattei – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Da operaio a partigiano

Enrico Mattei nacque ad Acqualagna, nella provincia di Pesaro e Urbino, il 29 aprile del 1906. Era il primo dei cinque figlio di Angela Galvani e del sottufficiale dei carabinieri Antonio Mattei. Nella sua prima infanzia crebbe a contatto con la realtà rurale delle Marche, poi seguì i genitori a Matelica. Conseguì la licenza elementare a Casalbordino e si iscrisse alla Regia Scuola Tecnica di Vasto, ma si dimostrò uno studente incostante e preferì contribuire al sostegno economico della famiglia. Lavorò come verniciatore in una fabbrica di letti e, in seguito, come operaio nella conceria Fiore di Matelica, dove ottenere la qualifica di direttore tecnico e passò al ramo dirigenziale. Ma le sue ambizioni erano grandi e, nel 1929, si spostò a Milano per intraprendere la carriera di rappresentante commerciale della Max Meyer.

Piazza Enrico Mattei a Matelica – Immagine di Mongolo1984 condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Nel 1931, sfruttò tutte le conoscenze che aveva acquisito nel settore chimico e fondò l’Industria chimica lombarda grassi e saponi. Negli anni milanesi entrò in contatto con gli esponenti della Democrazia Cristiana e, dopo l’armistizio di Cassibile del 3 settembre del 1943, si unì alla resistenza in qualità di Comandante dei partigiani del Nord Italia.

Il generale Giuseppe Castellano firma l’armistizio di Cassibile – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Anche in quell’occasione si distinse per le sue capacità manageriali: gestì le finanze e si occupò del rifornimento delle truppe. Con la liberazione del 25 aprile del 1945, l’Italia doveva guardare al futuro e Cesare Mendoza, presidente della Commissione centrale per l’economia del Comitato di Liberazione Nazionale, lo nominò Commissario Liquidatore dell’Agip.

6 maggio del 1945. Sfilata a Milano dopo la liberazione. Mattei è il secondo da destra – Immagine di Mario Venanzi condivisa con licenza CC BY-SA 2.5 it via Wikipedia

L’Agip prima di Mattei

L’Azienda Generale Italiana Petroli era nata con un regio decreto del 1926, e aveva il compito di svincolare l’Italia dagli accordi con le compagnie straniere attraverso il raggiungimento dell’indipendenza energetica nazionale. Si trattava di un’impresa difficile e gli unici risultati di rilievo erano arrivati nel 1944, quando i geologi avevano scoperto un giacimento di metano a Caviaga, in provincia di Lodi. L’allora commissario dell’Agip, Carlo Zanmiatti, però, fece chiudere il pozzo e secretò la notizia per evitare che gli occupanti nazisti ne venissero a conoscenza.

L’impianto Agip di Caviaga – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Da commissario liquidatore a presidente dell’Eni

Il 12 maggio del 1945 Mattei prese servizio e aprì le trattative per la liquidazione. Il suo compito era quello di vendere tutte le attrezzature, dare in concessione alle società private i cantieri attivi e chiudere quelli che non avevano portato a risultati concreti. A giudicare dai libri contabili, aveva fra le mani un’azienda di scarso valore; eppure, alcune compagnie americane arrivarono a offrirgli fino a 200 milioni di lire per le attrezzature e ricevette tantissime richieste d’ispezione delle zone delle attività esplorative. I conti non tornavano e, grazie a Zanmiatti, venne a sapere del giacimento di Caviaga. In quel periodo l’Italia aveva bisogno di grandi risorse per costruire la propria economia e Mattei, che già all’epoca era un imprenditore con una fama di tutto rispetto, ordinò la riapertura dei pozzi di Caviaga, scoprì un giacimento nella Pianura Padana e ritardò il più possibile la chiusura dell’azienda.

Enrico Mattei illustra il campo di Caviaga durante una riunione – Immagine d pubblico dominio via Wikipedia

Ormai gli era chiaro che l’Agip aveva del potenziale, ma, per proseguire nei suoi intenti, lo stato doveva dargli nuove concessioni, un problema non da poco visto che, in teoria, una società in fase di liquidazione non poteva avanzare richieste del genere. Lo stesso sistema dell’assegnazione delle concessioni era un ostacolo che andava superato per via dei suoi meccanismi obsoleti.

Enrico Mattei durante un discorso – Immagine di tonynetone condivisa con licenza CC BY 2.0 via Flickr

Per capire di cosa stiamo parlando, apriamo una breve parentesi burocratica. E’ noioso ma necessario per capire bene lo scenario in cui operò Enrico Mattei. Prima del suo intervento l’Italia assegnava i permessi di ricerca in ambito minerario alle aziende private, che, a loro volta, potevano eseguire perforazioni nel sottosuolo per verificare la presenza di petrolio o di gas. Se queste trovavano un giacimento le aziende godevano del diritto di estrazione e di vendita, ma dovevano corrispondere una percentuale allo stato.

In parole povere, Mattei voleva che l’Agip, in quanto ente statale, godesse del monopolio sulle risorse italiane a discapito delle aziende private. Agì per vie politiche e convinse il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi a presentare un disegno di legge modellato sulle sue richieste.

Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1946 al 1953 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’iter parlamentare si protrasse per ben due anni a causa delle rimostranze delle aziende private, che rischiavano di perdere qualsiasi possibilità di sfruttamento delle risorse energetiche. In più l’Agip era pur sempre un prodotto del fascismo, e anche all’interno della stessa Democrazia Cristiana, ovvero il partito più vicino a Mattei, c’era chi voleva sbarazzarsene.

La nuova legge entrò in vigore il 10 febbraio del 1953 e sancì la nascita dell’Ente Nazionale Idrocarburi, a cui lo stato concedeva il monopolio dei gas e degli idrocarburi della Pianura Padana attraverso il controllo dell’Agip e di altre aziende minori.

A capo di tutto questo c’era, ovviamente, Enrico Mattei

Enrico Mattei – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’approccio manageriale di Mattei

Con la nascita dell’Eni si aprì un grande capitolo dell’economia italiana. Mattei era un self-made man, uomo che si era fatto da solo e che godeva di grande fama. Di nemici, però, ne aveva parecchi e, nell’aprile del 1956, fondò Il Giorno, un quotidiano che gli permise di dialogare con l’opinione pubblica per controbattere alle critiche che giungevano da ogni lato.

Questa sua trasparenza nella gestione degli affari rappresentava una grande rottura col passato, perché le aziende erano abituate a chiudersi nel silenzio e a non divulgare né dati né statistiche.

Enrico Mattei interviene al termine del Terzo anno accademico della scuola di studi superiori sugli idrocarburi – Immagine dell’Eni condivisa con licenza CC BY-NC 2.0 via Flickr

Ma Mattei era un uomo nuovo, che col passato aveva ben poco a che fare. Voleva risollevare le sorti dell’Italia, mettere al servizio della patria la sua intraprendenza e parlare senza peli sulla lingua. E, in effetti, la risposta degli italiani fu positiva. L’ingegner Mattei era amato e stimato proprio per il suo singolare modus operandi. Nei discorsi, nei comizi, alla radio o alla televisione, sapeva sempre cosa dire per guadagnarsi la stima delle persone.

Enrico Mattei consegna il diploma a un’allieva al termine del Terzo anno accademico della scuola di studi superiori sugli idrocarburi – Immagine dell’Eni condivisa con licenza CC BY-NC 2.0 via Flickr

Uno dei suoi più celebri aneddoti risale al 23 marzo del 1961, quando il conduttore Gianni Granzotto gli chiese di spiegare ai telespettatori cosa fosse l’Eni.

Mattei raccontò di un episodio di vent’anni prima, quando andava a caccia insieme ai suoi due cani, un bracco tedesco e un setter. In quelle circostanze era ospite di alcuni contadini, che, a caccia finita, erano soliti preparare ai cani un grande catino di zuppa. Una volta vide comparire sull’uscio un gattino magro, affamato e debole. Aveva paura dei cani e molta fame. Si avvicinò miagolando, appoggiò la zampetta sul bordo del catino e il bracco tedesco gli diede un colpo che lo fece volare via. Il gattino si ruppe la spina dorsale e morì. Per Mattei, l’Eni dei primi anni, e più in generale l’Italia, era proprio quel gattino.

Enrico Mattei racconta l’aneddoto del gattino in un’intervista televisiva:

Un altro aspetto fondamentale della sua figura manageriale è il rapporto con la politica. Mattei vedeva l’Eni come una missione patriottica e non guardava in faccia a nessuno.

E rimasta celebre questa sua frase:

Uso i partiti allo stesso modo di come uso i taxi: salgo, pago la corsa, scendo

La freddura è la perfetta esemplificazione di ciò ch’è stato Enrico Mattei. Finché il gioco valeva la candela, lui giocava, anche se col fuoco.

Una scena del film “Il caso Mattei”, di Francesco Rosi

La politica del “Grande Compratore” e la guerra alle Sette sorelle

Grazie alle sue capacità manageriali e alla politica di trasparenza dell’Eni, alla fine degli anni ’50, Mattei proseguì con l’estrazione del gas, creò un metanodotto per collegare i pozzi alle grandi aziende del nord e fornì alle strade italiane una rete di distributori di benzina con i prezzi più bassi d’Europa.

Distributore Agip a Montalto di Castro – Immagine dell’Eni condivisa con licenza CC BY-NC 2.0 via Flickr

Per certi versi il paese stava vivendo un periodo di grande benessere, ma c’era ancora una questione da risolvere. L’Italia aveva bisogno di un’ingente quantità di petrolio per soddisfare il fabbisogno nazionale e la carenza di giacimenti rendeva obbligatoria l’importazione dall’estero.

Distributore Agip del dopoguerra – Immagine di Sailko condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

All’epoca la fornitura dell’Europa occidentale era un monopolio del Consorzio per l’Iran, un cartello in cui erano riunite delle società che Mattei definiva le Sette sorelle: la Standard Oil of New Jersey, oggi Exxon, la Gulf Oil, la Standard Oil of California, oggi si chiama Chevron, la Texaco, la Standard Oil of New York, che oggi si chiama Mobil, tutte statunitensi, l’inglese Anglo-Persian Oil Company (quella che poi sarà la British Petroleum) e l’anglo-olandese Royal Dutch Shell.

Enrico Mattei durante un viaggio in Cina – Immagine dell’Eni condivisa con licenza CC BY-NC 2.0 via Flickr

In un primo momento Mattei provò a immettere l’Eni nel mercato internazionale attraverso l’acquisto del petrolio allo stato naturale, il greggio, ma le grandi compagnie vendevano solo il prodotto già raffinato. I prezzi, però, erano troppo alti e non voleva sottostare alle regole imposte dai monopolisti. Le Sette sorelle rifiutarono la sua richiesta di far entrare l’Eni nel cartello e Mattei decise di muoversi da indipendente e stringere accordi con altre nazioni produttrici: con lo Scià di Persia, con il Marocco, con la Libia, con il Sudan, con la Nigeria, con il Ghana e con l’Egitto.

Enrico Mattei incontra il Presidente Gamal Abd el-Nasser per gli accordi sulle ricerche petrolifere – Immagine dell’Eni condivisa con licenza CC BY-NC 2.0 via Flickr

Il suo piano era semplice: l’alleanza con queste ex colonie del Medio Oriente e dell’Africa, tutti paesi in via di sviluppo, serviva a instaurare un rapporto diretto fra il paese produttore e il paese consumatore. Quelle condizioni erano vantaggiose per entrambe le parti e, soprattutto, escludevano le Sette sorelle da qualsiasi forma di mediazione.

Enrico Mattei e Abderahim Bouabid, ministro dell’Economia del Marocco, firmano l’accordo petrolifero del 1958 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Come se non bastasse, nel 1960 si giocò un grande asso nella manica: in piena Guerra Fredda siglò un contratto pluriennale con la Russia per l’acquisto del greggio sovietico.

Com’è facile immaginare, la stampa d’oltreoceano lo fece a pezzi

Enrico Mattei firma gli accordi con l’Unione Sovietica – Immagine dell’Eni condivisa con licenza CC BY-NC 2.0 via Flickr

Un ultimo episodio che fomentò l’odio dei poteri forti nei suoi confronti fu l’appoggio alla causa indipendentista dell’Algeria nei confronti della Francia. Anche in quell’occasione dimostrò acuta lungimiranza e avviò dei primi contatti per garantirsi lo sfruttamento dei giacimenti algerini dopo la fine della guerra.

Collage con alcuni eventi della guerra d’Algeria – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La Sicilia e l’ultimo comizio

Sul fronte internazionale Mattei si era fatto spazio nel mercato petrolifero, ma non ne voleva sapere di fermarsi e, nonostante le innumerevoli minacce di morte che gli arrivavano, proseguì per la sua strada. Il passo successivo fu la revisione della legge sulle concessioni del 1953. Come si è detto, il Parlamento aveva concesso all’Eni il monopolio nella Pianura Padana, ma Mattei voleva inaugurare dei nuovi pozzi in Sicilia e pressò il governo per estendere anche lì il suo diritto di prelazione.

Un pozzo petrolifero a Ragusa, in Sicilia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La positiva risposta del governo italiano non tardò ad arrivare, nel 1962, volò al sud per una serie di comizi. L’ultimo lo tenne a Gagliano Castelferrato, dove arringò la folla con il suo solito carisma e promise posti di lavoro per tutti. Infine, salì su un Morane-Saulnier MS.760 in partenza dall’aeroporto di Catania. A bordo con lui c’erano il pilota Irnerio Bertuzzi e William McHale, un giornalista del Time Life Magazine.

Enrico Mattei sulla scaletta di un aereo nell’aprile del 1960 – Immagine di EgidioCeccato condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Era il 27 ottobre del 1962. Il jet non arrivò mai a destinazione e la vita di Mattei s’interruppe fra i rottami della tragedia di Bascapè. Così ebbe inizio uno dei più grandi misteri italiani del Novecento. Fra mafia, politica, affari, servizi segreti e complotti internazionali, sono quasi sessant’anni che questa domanda non ha risposta:

Chi ha ucciso Enrico Mattei?

Una risposta alla domanda non si può dare, ma per scoprire le tante ipotesi che si sono fatte leggete la seconda parte dell’articolo dedicato al caso “Gli enigmi del disastro Aereo in cui morì Enrico Mattei“.

Nicola Ianuale

Laureato in Lettere Moderne all'Università degli studi di Salerno. Sono uno scrittore e un grande appassionato di letteratura, cinema e storia. Ho pubblicato un romanzo di narrativa, “Lo scrittore solitario”, e un saggio, “Woody Allen: un sadico commediografo”, entrambi acquistabili su Amazon. Gestisco la pagina Instagram @lo_scrittore_solitario_ dove pubblico post, curiosità su film e libri e ogni giorno carico un quiz sulla letteratura.